Migranti e caso Almasri, perché da costituzionalista nutro dubbi sulle mosse dei magistrati. Parla il prof. Esposito

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Migranti e caso Almasri al centro delle polemiche politiche e istituzionali. Ecco l’analisi di Mario Esposito, professore di Diritto costituzionale all’Università del Salento e alla Luiss.

Migranti e caso Almasri al centro delle polemiche politiche e istituzionali.

DOSSIER MIGRANTI

La Corte di Appello di Roma ha deciso di non convalidare il trattenimento dei 43 migranti detenuti nei centri italiani in Albania e ha rinviato il caso alla Corte di giustizia europea. I migranti saranno quindi riportati in Italia entro questa sera. I giudici contestano il riconoscimento dei Paesi d’origine dei migranti come sicuri, ritenendo che la loro protezione debba essere verificata caso per caso. Il governo è già al  lavoro per superare anche questo ostacolo, probabilmente con un ricorso in Cassazione: «Siamo di fronte a un conflitto di attribuzione dei poteri dello Stato e non spetta certo alla Corte di giustizia europea risolverlo. Anche perché non ci possono essere dubbi, l’indicazione dei Paesi sicuri spetta al governo», ha sottolineato ieri al Corriere della sera Mario Esposito, professore di Diritto costituzionale all’Università del Salento e alla Luiss. Su quali basi? «Rapporti internazionali, valutazioni di politica estera, oltre alla conoscenza diretta di quei luoghi tramite la rete diplomatica – ha risposto Esposito – Il giudice ha poteri inquirenti, ma non certo approfonditi come quelli della Farnesina. Su questo punto è invece in corso una mistificazione sulla pelle della povera gente».

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CASO ALMASRI

Ma è anche e sopratutto il caso Almasri ad agitare le acque della politica e della magistratura ovvero l’espulsione e il rimpatrio del capo della polizia giudiziaria libica accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità: la Premier Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovani, sono stati denunciati per i reati di favoreggiamento e peculato.

Meloni, in un video pubblicato sui suoi profili social, ha annunciato in settimana di aver ricevuto dal Procuratore Lo Voi un avviso di garanzia per “i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri”. A presentare la denuncia l’avvocato Li Gotti, sottosegretario alla Giustizia dal 18 maggio del 2006 (Governo Prodi) ma in precedenza Segretario di federazione dell’MSI.

LA COMUNICAZIONE A SOGGETTI INTERESSATI NON È UN AVVISO DI GARANZIA

Il documento recapitato alla Premier, però, non è un avviso di garanzia ma “una comunicazione a soggetti interessati”, spiega il prof. Mario Esposito, costituzionalista e docente dell’Università Luiss in una conversazione con Policy Maker. “Sono due comunicazioni con finalità garantista, sottolineiamolo. Inoltre, l’avviso di garanzia arriva nel momento in cui c’è un’indagine a carico di chi lo riceve, la comunicazione che ha raggiunto la Premier la informa del fatto che il Procuratore ha proceduto a trasmettere una denuncia, un referto, un rapporto, che ipotizza reati ministeriali a suo carico. Quindi l’indagine non è ancora in corso”, continua.

ATTO DOVUTO O ATTO VOLUTO?

Meloni, nel video in cui annuncia di aver ricevuto la comunicazione sulla denuncia a suo carico, sottolinea che a firmare gli atti sia stato il procuratore Francesco Lo Voi, già responsabile del processo che ha coinvolto il ministro Matteo Salvini per la vicenda Open Arms. Un’indicazione che ha fatto sospettare che quello di Lo Voi non fosse un atto dovuto ma, come ha suggerito la prima pagina de Il Manifesto del 29 gennaio, un atto voluto. “Facciamo una premessa, la legge costituzionale dell’89, la numero 1 che introdusse la nuova disciplina dei reati ministeriali non è felicissima – spiega il costituzionalista Esposito -. L’articolo sei sancisce che le denunce che concernono reati ministeriali devono essere presentate alla Procuratore della Repubblica del Tribunale del capoluogo competente per territorio. Allora quel Procuratore che deve fare? La legge stabilisce che “omessa ogni indagine, entro 15 giorni trasmette gli atti al Collegio” cioè al Tribunale dei ministri”. Quindi si immagina che il giudice non abbia competenze valutative ma non è così. “Però dice anche: “trasmette con le sue richieste”. Quindi, se può fare delle richieste vuol dire che il Procuratore ha valutato che vi fosse ragione di trasmetterla. Altrimenti il Procuratore dovrebbe trasmettere qualunque denuncia, anche la più peregrina. Mi pare poco chiara. Poi mi chiedo a cosa serva il termine dei 15 giorni se è una mera trasmissione di atti. Aggiungo che la norma stabilisce che una volta che interviene il Tribunale dei ministri, quindi il collegio competente, questo ha 90 giorni per compiere le indagini preliminari e sentire il pubblico ministero, il quale può chiedere ulteriori indagini. Mi sembra, quindi, che ci sia un’ambiguità nel dettato normativo”.

CASO ALMASRI: L’ASSENZA DELLA RESPONSABILITÀ POLITICA

Uno dei punti critici della questione è che una vicenda eminentemente politica sia stata affrontata sul campo giuridico. “A partire dal caso dell’espulsione di Almasri, mi sembra una disputa fatta con armi giudiziarie, anche dalla parte del Governo – sottolinea il docente della Luiss -. Mi sembra buffo, come scrive Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, che il governo non abbia deciso di porre il segreto di Stato e abbia preferito, invece, utilizzare un percorso procedurale. Certi tipi di relazioni non si possono gestire con gli strumenti giurisdizionali. Purtroppo, le relazioni internazionali sono relazioni tipo negoziale, per cui qualcosa bisogna rimetterci. È la politica internazionale, funziona così”. Il caso si sarebbe potuto trattare, dunque, con gli strumenti della politica e non con quelli della burocrazia giuridica. “Il Governo avrebbe potuto gestire la vicenda opponendo il segreto di Stato, cioè ricorrendo all’uso di quegli strumenti che consentono al Governo di gestire la questione opponendo una diminuita o nulla conoscibilità di certi atti, perché è legato a ragioni di politica internazionale per le quali non si possono seguire le vie ordinarie. Gli interessi legati alla sicurezza nazionale sono incomprimibili. Probabilmente bisognava ricorrere a questo tipo di procedure. Forse c’è stato un eccesso di buona fede – spiega il costituzionalista -. A quel punto il discorso sarebbe diventato tutto politico. Il Governo ne avrebbe assunto la responsabilità politica. Mi sembra paradossale che le giustificazioni governative siano in termini giudiziari e non politici.  Se fosse stato gestito diversamente, alla denuncia fatta dall’avvocato Li Gotti, il Governo si sarebbe potuto opporre dicendo di aver seguito le procedure che sono proprie della sicurezza nazionale. Altrimenti la politica accetta di portare il contraddittorio nelle aule di giustizia, sovraccaricandole di compiti che non hanno e che forse non vogliono neanche avere”.

L’INAZIONE (DOLOSA?) DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE SU ALMASRI

Il caso è particolarmente intricato perché gli attori in scena sono molteplici. Uno di questi è la Corte Penale Internazionale che spicca un mandato di arresto nei confronti di Almasri quando questi è nel nostro paese ma già da diversi giorni era sul territorio europeo (Italia, Regno Unito, Belgio, Germania) in paesi che riconoscono l’autorità della CPI. “Qui il problema è proprio della Corte penale internazionale – afferma il prof. Esposito -. Purtroppo, questi tribunali internazionali non riescono, anche per loro natura, a essere rigorosi dal punto di vista giuridico. Del resto, non è che nella storia abbiano dato prove eccezionali. Stando sul caso Almasri, io mi chiedo cosa sia successo nei 10 -15 giorni in cui ha girato liberamente in Europa. Ha commesso qualche atto e a quel punto è diventato fondato il sospetto? Non mi pare. Allora il sospetto c’era già prima. Quindi un sospetto di parzialità viene. La CPI ha aspettato che arrivasse in Italia? Forse per mettere in difficoltà l’Italia nei rapporti con la Libia? Forse perché siamo uno dei paesi che è più esposto alla delicatezza delle relazioni con i paesi dell’Africa mediterranea? E forse sì. E questo non è complottismo, è una questione tecnica. Cioè non credo che questo signore abbia commesso i più gravi reati in quei 10 o 15 giorni”.

IL CASO ALMASRI PASSA AL TRIBUNALE DEI MINISTRI

Ora il caso passa al Tribunale dei ministri, l’organo competente a giudicare i Ministri della Repubblica per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. “Se il tribunale, dopo le indagini preliminari per le quali ha 90 giorni, ne dispone l’archiviazione, cosa molto probabile, il procedimento non va avanti. Altrimenti se ritiene di procedere, se riscontra il fumus di fondatezza, a quel punto scatta la richiesta di autorizzazione a procedere e deve investire la Camera di competenza.

(Intervista aggiornata e integrata pubblicata su Policy Maker)

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