Crescita Zero: il “Virus” Europeo Spinto dalla BCE!


La politica monetaria della BCE e l’immobilità dell’economia europea

La Banca Centrale Europea (BCE) continua a lottare contro il fantasma dell’inflazione, mentre l’economia europea, compresa quella italiana, sembra stagnare. La Germania, che è stata per molto tempo il motore dell’Europa, ora sembra procedere a marcia indietro.

I più recenti dati pubblicati riguardo il Prodotto Interno Lordo (PIL) dei principali paesi europei non fanno altro che confermare un’analisi che abbiamo già discusso in passato: con la fine del rimbalzo post-Covid e il recupero dei livelli di attività economica precedenti, la crescita economica europea sembra essersi arrestata. I dati attuali mostrano una crescita prossima allo zero in molti paesi, con alcuni addirittura che registrano una contrazione.

Le prestazioni economiche in Europa e la situazione italiana

Esaminando i dati più da vicino, nell’ultimo trimestre dell’anno passato, l’Italia ha mostrato una crescita pari a zero, un risultato simile a quello dell’intera area euro e dell’Austria. Le due principali economie dell’area euro, la Germania e la Francia, hanno invece registrato una contrazione rispettivamente dello 0,2% e dello 0,1%. Tra le rare eccezioni positive troviamo la Spagna con uno 0,8% e il Portogallo con un sorprendente 1,5%. Questi due paesi iberici sono in testa alla crescita in Europa anche su base annua, con un 3,5% per la Spagna e un 2,8% per il Portogallo, cifre che l’Italia non vedeva in periodi normali dagli anni ’90. Per contro, l’intera area euro cresce solo dello 0,9%, un incremento modesto e principalmente sostenuto dai paesi di dimensioni minori, mentre le maggiori economie registano tutti valori inferiori, con la Francia allo 0,7%, l’Italia allo 0,5% e la Germania e l’Austria allo -0,2%.

Per quanto riguarda l’Italia, la stagnazione dell’ultimo trimestre dell’anno segue un analogo risultato nel terzo trimestre, mentre la crescita era stata appena sopra lo zero nella primavera, con un modesto due decimi. L’anno si conclude quindi con una crescita di solo mezzo punto percentuale, chiaramente insufficiente per tenere sotto controllo il rapporto debito pubblico/PIL, lasciando di fatto nessuna eredità positiva per il nuovo anno. La variazione nulla dell’ultimo trimestre è attribuibile a un calo nei livelli produttivi in agricoltura, silvicoltura e pesca e anche nei servizi, bilanciati solo parzialmente da un incremento nel settore industriale, un segnale positivo nonostante le difficoltà continue nel settore manifatturiero. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale al lordo delle scorte, benché non sia chiaro il dettaglio dei consumi delle famiglie, compensato da un contributo positivo dal commercio estero.

Le decisioni della BCE e le prospettive economiche

Questo scenario complessivamente non ottimista è stato parzialmente mitigato dalla decisione della BCE di tagliare i suoi tassi di interesse di un altro quarto di punto, per la quinta volta consecutiva dall’inizio della fase di allentamento della politica monetaria. Il tasso sui rifinanziamenti principali è così sceso al 2,90%, con una riduzione cumulativa di 1,6 punti percentuali dal picco del 4,5% raggiunto nell’autunno del 2022, quando la politica era ancora restrittiva nonostante l’inflazione avesse iniziato a deflazionare rapidamente.

La Presidente della BCE, Christine Lagarde, ha riconosciuto che l’economia è stagnante nel quarto trimestre e rimarrà debole nel breve termine. Ha osservato che, sebbene i servizi si stiano espandendo, la manifattura è in contrazione e la fiducia dei consumatori si sta deteriorando, con una spesa delle famiglie che non mostra incrementi. Allo stesso tempo, sembra troppo ottimista sulle prospettive di recupero, sottolineando che l’aumento dei redditi reali e il minor impatto della politica monetaria restrittiva potrebbero favorire una crescita della domanda nel tempo.

La BCE sembra inoltre consapevole che l’assenza di crescita è in parte una conseguenza della sua politica monetaria ancora restrittiva, poiché le condizioni di finanziamento restano rigide. Tuttavia, la sua visione di fondo sull’inflazione appare distaccata dalla realtà: il processo di disinflazione non è solo ben avviato, ma è in realtà concluso da tempo, e l’inflazione interna, non essendo sostenuta da una crescita economica, non può considerarsi elevata.

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