L’ascesa di DeepSeek, il ruolo della finanza e il futuro dei chip. Conversazione con Alessandro Aresu, consigliere scientifico di Limes e autore di “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”
Il grande successo della startup cinese DeepSeek ha sconvolto il mercato tecnologico statunitense, facendo immaginare una rivoluzione nel settore dell’intelligenza e una maggiore focalizzazione delle aziende sulla riduzione dei costi, anziché sull’espansione della potenza di calcolo e della capacità energetica. Ma è davvero così? Startmag lo ha chiesto ad Alessandro Aresu, analista e autore di Geopolitica dell’intelligenza artificiale.
Il “caso DeepSeek” segna davvero uno spartiacque nel settore dell’intelligenza artificiale?
La storia dell’intelligenza artificiale, e più in generale della digitalizzazione del mondo, è molto lunga; quindi, è prematuro dire che siamo davanti a un tornante storico. Potrebbe essere anche un errore che deriva dalla nostra fissazione con l’attualità rispetto all’attenzione per aspetti di più lungo periodo.
Certo, forse un giorno completeremo la storia recente in cui il “momento Sputnik” per l’intelligenza artificiale in Cina, che Kai-Fu Lee aveva identificato con la vittoria nel 2016 di AlphaGo su Lee Sedol a Go, seguito poi dallo shock a fine 2022 della Cina per il grande successo di OpenAI, fa parte di un cerchio che è stato chiuso con l’ascesa di DeepSeek. O forse no. La certezza è che, comunque, ci saranno ancora molti capitoli in questa storia.
Da dove arriva DeepSeek? Quali sono stati gli “ingredienti” del suo successo?
Un fattore strutturale per me esposto da DeepSeek è che l’enorme bacino di talenti cinesi, insieme alle capacità digitali e industriali della Cina, fa comunque della Cina un attore di primo piano dell’intelligenza artificiale. Questo è un punto essenziale.
Un altro aspetto a mio avviso poco sottolineato, in questo costante dibattito su DeepSeek, è il fatto che il modello è venuto da una società finanziaria. Nel mio libro del 2020 sul capitalismo politico nell’analisi di BlackRock parlavo a lungo del sistema Aladdin, dell’infrastruttura tecnologica del più grande gestore al mondo. Dall’onda lunga dell’high frequency trading, di cui Raffaele Mauro scriveva già 15 anni fa, alle varie tecniche di consulenza e gestione finanziaria, l’aspetto tecnologico della finanza, nella sua interazione con l’intelligenza artificiale, è un punto importante da considerare. Almeno se, come me, non si crede al fondatore di DeepSeek quando ripete la solita solfa “faccio tutto per il bene dell’umanità e per la gioia della scoperta”.
DeepSeek dovrebbe farci riflettere di più ai legami, attuali e potenziali, anche in termini di opportunità tra la finanza e quel calderone che oggi chiamiamo “intelligenza artificiale”.
Cioè?
In Italia ora c’è una discussione sul riassetto bancario, con varie mosse e contromosse, ma ciò non deve farci dimenticare questa profonda evoluzione della finanza: per esempio, il fatto che mentre parliamo di Mediobanca, Generali e compagnia anche nella finanza in Italia l’uomo più ricco è un matematico che ha lavorato sempre sull’analisi dei dati. Il nesso tra l’intelligenza artificiale, le infrastrutture di calcolo e la dimensione finanziaria è quindi l’altro tema strutturale.
DeepSeek sostiene di aver sviluppato il suo modello linguistico, paragonabile a quelli di OpenAI e Meta, senza utilizzare i processori più avanzati di Nvidia. Il futuro dell’intelligenza artificiale sarà ancora strettamente legato al potenziamento dei microchip?
L’umanità non si libererà facilmente dell’industria dei semiconduttori, che condiziona le nostre vite e tutte le filiere industriali e che ha reso possibile e rende possibile la nostra vita digitale. Come avviene da anni per la Legge di Moore che quest’anno compie 60 anni (e che io celebrerò curando per la prima volta in italiano una scelta di scritti di Gordon Moore), ci sono polemiche su quanto sia quest’avanzamento, su quanto “serva” nei vari settori di riferimento. E ciò vale anche per l’intelligenza artificiale, che non va considerata un “super” mondo a sé, ma un ambito d’uso dell’industria dei semiconduttori.
Aziende della filiera dei macchinari per i semiconduttori come ASML, KLA e Lam Research, che in questi giorni hanno presentato i conti, hanno spiegato in modo molto dettagliato come queste innovazioni divengano per loro nuove opportunità di mercato. Vanno però considerati altri aspetti, appunto.
Quali?
Il fatto che noi viviamo nell’epoca del data center e che il data center sia divenuto il luogo fondamentale dell’intelligenza artificiale non determina certo che la spesa in infrastrutture di calcolo debba crescere allo stesso modo per anni e anni. D’altra parte, se ciò accadesse, il mondo sarebbe popolato di data center, come nei sogni/incubi di Ilya Sutskever che cito nel mio libro Geopolitica dell’intelligenza artificiale. Pertanto, non è un punto finanziario, ma è un punto logico prevedere che a un certo punto la spesa dei maggiori attori tecnologici in infrastrutture di calcolo non potrà crescere coi tassi che abbiamo visto di recente.
Vivremo quindi altre fasi, rispetto a questa. Non parleremo solo ed esclusivamente di modelli linguistici, senz’altro. Ragioneremo di più su alcuni usi specifici, dovremo verificare se le promesse di Isomorphic Labs (spin-off di Google DeepMind) o di Larry Ellison di Oracle sulle biotecnologie e i farmaci si realizzeranno o meno, e questo avrà alcune conseguenze. Da tempo aziende come Tesla e la stessa NVIDIA indicano l’importanza dell’orizzonte della robotica, oltre che della guida autonoma, e questo ovviamente porta a evoluzioni verso la parte cosiddetta “edge”, su cui da tempo vari ricercatori pongono l’attenzione.
Sono queste, tra le altre, le evoluzioni che dovremo considerare, mentre naturalmente sui sistemi di NVIDIA e di altre aziende, come sui macchinari e su altri componenti e prodotti, continuerà la guerra economica attraverso controlli sulle esportazioni, sanzioni e altre tecniche.
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