L’ultimo miglio per riportare l’inflazione della zona euro verso il target del 2% non è completamente in discesa. È questo il messaggio che arriva dai dati di oggi sui prezzi al consumo, inaspettatamente in aumento al 2,5% con una componente core stabile al 2,7%. Un segnale che rafforzerà la prudenza della Bce, alle prese anche con le minacce di dazi contro l’Ue da parte di Trump.
Inflazione risale al 2,5% a gennaio, dato core fermo al 2,7%
Secondo la lettura preliminare di gennaio, i prezzi al consumo dell’area euro sono diminuiti dello 0,3% su base mensile, meno dello 0,4% previsto dagli analisti. A livello tendenziale, invece, l’indice ha registrato un aumento inatteso (il quarto consecutivo) al 2,5% rispetto al 2,4% di dicembre. Gli economisti si attendevano un valore stabile anno su anno.
La componente core del Cpi, che esclude dal calcolo i prezzi dell’energia e degli alimentari (in quanto più volatili), evidenzia una crescita annua del 2,7%, in linea con quella di fine 2024, rispetto al 2,6% del consensus.
L’inflazione dei servizi, attentamente monitorata dalla Bce, ha rallentato dal 4,0% di dicembre al 3,9% a gennaio.
Nel frattempo, sono stati diffusi anche i dati sull’inflazione dell’Italia. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo, quello confrontabile con il resto della zona euro, ha accelerato a sorpresa all’1,7%, mentre gli analisti prevedano un livello stabile all’1,4%.
Non cambiano prospettive su tassi Bce, per ora
Una lieve risalita dell’inflazione tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025 era stata annunciata dalla Bce ed è in parte legata ad effetti base che si stanno via via attenuando. I funzionari hanno più volte ribadito che la tendenza disinflazionistica è solida e ben avviata, ma i dati di oggi suggeriscono una parziale cautela, alla luce delle persistenti pressioni al rialzo sui prezzi.
Come sottolineato da ING, la domanda per la Bce è “in quale misura” la traiettoria sarà disinflazionistica. “Con la crescita salariale destinata a calare sostanzialmente verso la fine dell’anno, un importante fattore attuale dell’inflazione interna è destinato a svanire”. Allo stesso tempo, però, “i prezzi dell’energia sono nuovamente balzati a livelli più elevati e le aziende si aspettano di imporre prezzi più elevati ai consumatori, poiché le indagini aziendali indicano una maggiore inflazione di beni e servizi nei prossimi mesi”.
In ogni caso, i numeri di oggi non spostano sensibilmente gli equilibri in vista della riunione di marzo, data anche la debole crescita dell’eurozona, con un Pil stagnante nell’ultimo trimestre del 2024. Le previsioni del mercato continuano a indicare con certezza assoluta un taglio di 25 punti base, che porterebbe il tasso sui depositi al 2,50%. Nel complesso, dopo la mossa di gennaio, i trader scontano altre tre riduzioni nel 2025, per un allentamento monetario complessivo di 100 bp nel corso dell’anno.
Sale ansia per dazi Trump contro l’UE
I dati sull’inflazione sono arrivati in un contesto di preoccupazione, dopo le ultime minacce di Trump che ha annunciato dazi anche contro l’Europa, oltre a quelle che colpiranno Cina, Messico e Canada. Il presidente degli Stati Uniti ha fatto sapere che le imposte aggiuntive arriveranno “molto presto”, facendo scendere il cambio euro/dollaro dell’1% a 1,024 e mandando al tappeto il settore auto europeo.
“Ora che gli Stati Uniti si stanno avvicinando all’introduzione di tariffe sull’UE, la domanda è quale sarà la risposta della Commissione europea“, spiegano gli analisti di ING. “Le tariffe di ritorsione aumenterebbero di nuovo l’inflazione, poiché le tariffe comportano solitamente prezzi al consumo più elevati. Quindi, è chiaro che i rischi inflazionistici sono ben lungi dall’essere completamente diminuiti.”
Questo potrebbe influenzare le decisioni della Bce, che dovrà valutare quanto abbassare i tassi per dare respiro all’economia senza allentare eccessivamente il freno sull’inflazione.
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