Il nuovo Codice della Strada discrimina le persone con disabilità e con disturbi mentali?

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Posso mettermi alla guida dopo aver assunto dei farmaci regolarmente prescritti per alcune terapie? Essendo disabile devo assumere dei cannabinoidi per potere guidare, ma come faccio dopo il nuovo Codice della Strada? Queste sono solo alcune delle domande che molti pazienti psichiatrici e persone con disabilità hanno sollevato dopo il “giro di vite” voluto fortemente dal ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini sulle “sostanze stupefacenti e psicotrope” per punire chiunque si metta alla guida dopo aver bevuto alcolici o consumato droghe.

Tutto giusto direte voi, se non per il fatto che l’uso di farmaci prescritti, come ansiolitici o antidepressivi, possono generare dei falsi positivi nei test salivari ordinati dalla nuova normativa. Da qui l’allarme e la scesa in campo di diversi medici e associazioni che hanno chiesto chiarimenti al Governo affinché questi tipi di pazienti – si tratta di milioni di italiani – siano esclusi dai provvedimenti del nuovo Codice. Ma cerchiamo di fare chiarezza.

La riforma finita nell’occhio del ciclone

A finire nelle criticità delle associazioni è stata la riforma dell’articolo 187 del Codice della Strada. Il nuovo testo, infatti, dopo aver eliminato il vincolo dello “stato di alterazione psico-fisica” ha posto come condizione di punibilità la semplice assunzione di “sostanze stupefacenti o psicotrope”, senza ulteriori approfondimenti.

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Come sottolineato dal sindacato nazionale Farmacieunite, “con la riforma del Codice della Strada le persone che assumono determinati farmaci guidano su un terreno minato. Questo perché le nuove regole equiparano l’uso di alcuni medicinali alla guida sotto l’effetto di alcol o di sostanze stupefacenti, con sanzioni che arrivano alla sospensione della patente. Ma se le sanzioni sono chiare, ad oggi non è chiaro quali siano esattamente i farmaci che possono essere male interpretati dai test, gli automobilisti sono preoccupati e i farmacisti non sono in grado di fornire risposte esaustive”.

Le persone con epilessia si mobilitano 

Non a caso le persone con epilessia hanno fatto sentire la loro voce tramite le associazioni che ne rappresentano i diritti. Quest’ultime infatti hanno chiesto chiarimenti al Ministero della Salute e a quello delle Infrastrutture. “Sollecitiamo – ha dichiarato la Lega Italiana Contro l’Epilessia – la partecipazione ad un tavolo tecnico che definisca in dettaglio quali farmaci a scopo terapeutico possono essere assunti senza contravvenire al Codice della Strada. Potrebbe essere l’occasione giusta per classificare correttamente i farmaci anticrisi ed evitare improprie interpretazioni”.

Possibili soluzioni

E per le persone con disabilità? Anche in questo caso le perplessità non mancano. “Questa novità crea non pochi problemi e dubbi alle persone con disabilità che necessitano di farmaci o di sostanze psicotrope in dosi terapeutiche, si pensi ad esempio ai cannabinoidi, e che devono muoversi quotidianamente in auto”, ha dichiarato Vincenzo Falabella, il presidente di FISH, Federazione Italiana Superamento Handicap, che poi ha fornito anche una soluzione. Quella di aggiungere all’articolo 187 una semplice frase: “Fatte salve le persone che assumano dette sostanze e farmaci per scopo terapeutico a fronte di precisa prescrizione medica e nei dosaggi previsti dalla stessa”.

Le rassicurazioni di Salvini

Al momento nessun tavolo di confronto è stato aperto. E non sappiamo neppure se Salvini abbia letto la proposta di Falabella. Quello che è sicuro è che il ministro ha cercato di correggere il tiro. “Chi assume medicinali prescritti dal proprio dottore – ha dichiarato il ministro – seguendo le indicazioni e le dosi corrette non ha nulla da temere. Benzodiazepine, barbiturici, analgesici oppiacei, antistaminici e cannabis terapeutica sono sostanze che da sempre prevedono precise prescrizioni e raccomandazioni prima di mettersi alla guida. Esattamente come in passato“.

Ma le associazioni rimarcano la difficoltà di applicazione di questo orientamento ai singoli casi. Insomma, per il momento tanti dubbi e poche certezze. E senza una normativa che disciplini queste fattispecie, c’è il rischio di discriminare quelle persone che, a differenza di altre, non hanno potuto scegliere se prendere o meno determinati farmaci. Ma lo hanno fatto esclusivamente per stare meglio o addirittura per poter vivere

 

 

 

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