L’associazione dei dottorandi presenta un esposto alla Commissione Ue contro la riforma Bernini: “Aumenta il precariato nella Ricerca”

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L’Italia non sta adempiendo agli obblighi del Pnrr sulle carriere universitarie e anzi rischia di ostacolare il percorso di stabilizzazione delle professioni accademiche chiesto dall’Europa. È quanto denuncia l’associazione Dottorandi e dottori di ricerca italiani (Adi) in un esposto presentato alla Commissione europea, chiedendo a Bruxelles di intervenire sulla mancata conversione dell’inquadramento degli assegnisti di ricerca, che dal 2022 avrebbero diritto a un contratto, e di bloccare la riforma del preruolo promossa dalla ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini.

L’esposto alla Commissione europea – Due le criticità su cui l’Adi chiede alla Commissione di prendere provvedimenti. Da un lato il congelamento della legge nota come Pnrr bis (79/2022) voluta dal governo Draghi per trasformare gli assegni di ricerca in contratti. Oggi ricercatori precari e dottorandi non hanno un contratto collettivo nazionale ma ricevono borse di studio o assegni temporanei. Il progetto di Mario Draghi, per quanto parziale, avrebbe consentito agli assegnisti di beneficiare di diritti e tutele previsti dai normali contratti di lavoro. La legge sul Pnrr bis è stata approvata dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni (Aran) a ottobre 2024 dopo trattative durate circa due anni, ma risulta ora bloccata perché manca la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato che ne stabilisce la compatibilità economica. In seconda battuta, l’Adi chiede alla Commissione Ue di esprimersi sulla riforma del preruolo, cioè il disegno di legge “Disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca” presentato dalla ministra Bernini (ddl. 1240/2024), che prevede tra le altre cose contratti post-doc prorogabili fino a 3 anni, l’assegnazione di borse di studio junior e senior, e contratti da professore aggiunto per esperti di alta qualificazione. Nell’esposto, l’Adi chiede che la riforma Bernini sia bloccata, perché aumenterebbe il precariato.

Il contrasto alla riforma del preruolo – Il rischio è rappresentato dall’introduzione di figure para-contrattuali che non sarebbero tutelate, con l’effetto di moltiplicare le risorse precarie anziché ridurle. “Il ddl Bernini potrebbe compromettere gravemente la dignità e le prospettive di carriera della comunità accademica – si legge nella nota dell’Adi – e costituire un possibile reversal degli impegni assunti dall’Italia nell’ambito del Pnrr”. Contro la riforma si era espressa anche la Flc Cgil, per cui il testo del ddl rappresenta “passi indietro che ribaltano la direzione verso cui sembrava si stesse andando per riportare il lavoro di ricerca a tempo determinato in Italia nel quadro delle prassi e delle normative europee”. Prevedere l’inquadramento dei ricercatori con un contratto infatti è una delle milestone del Pnrr, che così sarebbe doppiamente contraddetta: da un lato con la mancata applicazione del Pnrr bis, dall’altro con la proliferazione delle figure del pre-ruolo previste dalla riforma Bernini. “Chiediamo l’accesso ai documenti relativi ai rapporti tra le istituzioni europee e italiane in merito alla riforma della carriera dei ricercatori”, scrive l’Adi, che vorrebbe dall’Ue una valutazione formale sulla possibilità che le azioni del Mur costituiscano un annullamento degli impegni assunti dall’Italia nel quadro del Pnrr. “Non possiamo tollerare – scrive l’Adi – che il Mur ostacoli riforme cruciali per il futuro della ricerca in Italia”.

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