Finito il tempo delle illusioni e delle speranze malriposte, l’Europa è chiamata a fare i conti con la realtà internazionale. Sul continente, già alle prese con difficoltà interne e di bilancio e una sanguinosa guerra che insiste sul suo fianco orientale, sta per abbattersi l’uragano Trump. Il presidente americano, entrato alla Casa Bianca da appena due settimane, ha già decretato l’uscita degli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi sul clima, dall’Organizzazione mondiale della Sanità e imposto dazi dal 10 al 25% a Cina, Messico e Canada, dando il via alla guerra commerciale che aveva promesso in campagna elettorale e che ben presto toccherà anchel’Europa. “Assolutamente”, ha infatti risposto il tycoon a chi gli chiedeva se anche il Vecchio Continente sarebbe stato oggetto di tariffe da parte di Washington e ha aggiunto “ci trattano malissimo”, con riferimento al deficit nella bilancia commerciale Usa-Europa. Quello dei dazi e della relativa strategia di risposta da parte europea, è stato uno dei principali temi in agenda nell’incontro informale tra capi di stato e di governo dell’Unione che si è svolto questa mattina a Bruxelles. Sul tavolo, in primis, c’era la sfida della difesa, ma il dossier commerciale è ormai impossibile da ignorare. “Non ci sono vincitori in una guerra commerciale; abbiamo bisogno dell’America e l’America ha bisogno di noi”, ha affermato la vicepresidente della Commissione europea, Kaja Kallas, aggiungendo: “Se gli Stati Uniti e l’Europa scatenassero una guerra commerciale, l’unica a ridere sarebbe la Cina”.
L’Europa è la prossima?
Nei dieci giorni successivi al suo insediamento, gli europei avevano continuato a sperare che il presidente americano non avrebbe dato corso alle minacce formulate in campagna elettorale. Ma è bastato aspettare per cancellare ogni illusione. “Non ci prendono le auto, non ci prendono i prodotti agricoli, non prendono quasi nulla e noi prendiamo tutto da loro: milioni di auto, enormi quantità di cibo e prodotti agricoli” ha detto Trump ai giornalisti, aggiungendo di non avere ancora una data in calendario per l’azione contro l’Ue, ma che ci sarebbe stata presto. Ora che a Bruxelles sono più o meno tutti convinti del fatto che l’Europa non sarà risparmiata, anche Ursula von der Leyen ha cambiato tono: se il presidente americano non farà marcia indietro, la ritorsione a misure “ingiuste e arbitrarie” sarà “ferma”, fanno sapere dalla Commissione, anche a costo di mettere a rischio uno dei rapporti commerciali “più importanti al mondo”. E in un editoriale a doppia firma con la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, pubblicato sul Financial Times, von der Leyen sottolinea che l’Europa è pronta ad un cambio di passo: “Il peso normativo sarà alleggerito da uno sforzo di semplificazione senza precedenti, a partire dal mese prossimo” e i prezzi dell’energia “saranno abbassati attraverso una serie di misure per integrare i mercati, aumentare l’energia contrattuale e ridurre le tasse”.
Bruxelles opta per il bastone e la carota?
L’Ue non può dire di essere stata colta di sorpresa. Trump è già stato inquilino della Casa Bianca dal 2017 al 2021 e ha più volte minacciato l’intenzione di “riequilibrare” con la forza la bilancia commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. Tuttavia, nelle cancellerie europee permane la speranza di convincerlo a non imporre dazi ai beni europei (o farli revocare) con la promessa di comprare più gas naturale liquefatto e armi dagli Usa. Bruxelles ha già annunciato l’acquisto di più energia, commesse militari e prodotti agricoli statunitensi in cambio di relazioni più ‘distese’ con il neopresidente. D’altronde, importare più Gas naturale liquefatto (Gnl) statunitense aiuterebbe l’Ue ad affrancarsi definitivamente dalla Russia e il continente avrà anche bisogno di armi se vuole farsi carico di una parte maggiore dell’onere della difesa dell’Ucraina. Questo approccio potrebbe definirsi ‘win win’: l’Europa rafforzerebbe la sua sicurezza energetica e militare e Trump potrebbe rivendicare di aver aiutato i produttori statunitensi. Ma la Commissione europea ha ragione a tenere a portata di mano sia il bastone che la carota. Si ritiene, infatti, che in caso di mancato accordo, Bruxelles abbia elaborato un piano di tariffe che colpirebbero soprattutto gli stati americani a guida repubblicana, per spingere Washington a negoziati. La strategia, in questo caso, prevedrebbe che fosse la Commissione a esporsi, per evitare ritorsioni del tycoon sui singoli governi nazionali. Al momento la lista dei beni, su cui circolano vari rumors, è top secret per non scatenare le ire di Trump.
Trump e il divide et impera?
Le mosse e gli annunci del presidente americano, però, causano già i primi effetti: molti mercati azionari in Europa hanno reagito negativamente, con listini in calo in tutto il continente. Il timore è quello di una guerra commerciale prolungata che potrebbe durare oltre l’estate, innescando una recessione economica in Europa. Soprattutto, il timore è che il tycoon adotti una strategia del ‘divide et impera’ approvando dazi selettivi come grimaldello per cercare di dividere i paesi europei e la loro risposta ad un’eventuale offensiva tariffaria. Anche se con un paese non membro dell’Ue, è quello che il tycoon sembra fare nei confronti del Regno Unito che, ha detto, è fuori dalla sua “traiettoria” aggiungendo che eventuali problemi con Londra potrebbero facilmente essere appianati. Parole pronunciate proprio mentre il premier britannico Keir Starmer – che Trump ha definito “molto gentile” – partecipava al vertice informale dei leader Ue: una prima nei rapporti tra Londra e i 27 dopo la Brexit volta a afforzamento delle “relazioni strategiche” bilaterali. Mentre bisognerà aspettare per capire se il tentativo di allontanare nuovamente Londra dall’Europa andrà a buon fine, la lezione per l’Ue è chiara: restare uniti senza cedere alla tentazione delle lusinghe sarà l’unico modo di proteggere i propri interessi.
Il commento
Di Giovanni Grevi, ISPI Senior Associate Research Fellow
“Il ritorno al potere del presidente Trump ha, per usare un eufemismo, focalizzato l’attenzione dell’Europa. Ciò non sorprende, data sia la narrazione e lo stile dirompenti del presidente Trump, sia l’importanza vitale della partnership transatlantica per l’Europa. È proprio la profondità di questa partnership e il grado di dipendenza dell’Europa da essa per la sua sicurezza e prosperità che spiega perché gli europei sono molto più ansiosi di altri nel mondo per le ramificazioni della rielezione di Trump. La vitalità sia della NATO che dell’UE e la loro identità come istituzioni fondate su un insieme condiviso di valori e interessi sono in gioco. Detto questo, molto dipenderà dall’effettivo equilibrio tra continuità e discontinuità nell’approccio degli Stati Uniti all’Europa e agli affari internazionali in generale, rispetto alle precedenti amministrazioni americane” (Continua a leggere)
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