Vaccini in Sicilia, una montagna di sprechi. Gli appalti per nuove strutture sanitarie

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L’eredità della pandemia vale, per il momento, 180 milioni. E non sono soldi che la Regione deve incassare. È il conto che l’assessorato alla Sanità ha dovuto pagare per chiudere pratiche aperte nei tre anni in cui ha combattuto il Covid. Sono i soldi con cui sono stati pagate centinaia di migliaia di dosi di vaccino rimaste nei cassetti, lavori per nuovi reparti mai ultimati, accordi con i privati per smaltire le chilometriche liste d’attesa createsi all’indomani dei vari lockdown.
Non ci sono solo i milioni spesi per mascherine inutilizzabili nel conto lasciato dalla pandemia. Anzi, la voce probabilmente più pesante è quella della costruzione di nuovi reparti di terapia intensiva e pronto soccorso. Un maxi appalto programmato nel pieno della prima ondata, nel 2020, e che entro la fine del 2021 doveva portare al sistema della sanità pubblica 571 nuovi posti letto in terapia intensiva e sub intensiva e 29 fra nuovi pronto soccorso e ammodernamento di vecchie sedi. Il budget iniziale – fra fondi statali e regionali – era di 237 milioni. Ma il traguardo di fine 2021 è stato fallito e ripetutamente spostato in avanti anche per via dei cambi alla guida del pool che ha gestito l’operazione, inizialmente affidata all’ingegnere Tuccio D’Urso e poi a vari altri dirigenti.
L’estate scorsa l’ex assessore Giovanna Volo e il dirigente Salvatore Iacolino hanno preso atto che ben 23 opere erano ferme al palo e altri 17 appalti erano bloccati. Solo il 60% dei nuovi reparti era stato ultimato.
L’operazione di ripartenza, che oggi vede cantieri aperti ovunque, è costata 70 milioni in più per coprire l’aumento dei costi e alcuni contenziosi nati con imprese che erano state chiamate a lavorare. Il totale della manovra avviata dal governo Musumeci-Razza e che la giunta Schifani sta portando al traguardo è adesso di 307 milioni. E il nuovo traguardo per vedere completati i reparti in tutti gli ospedali siciliani è stato spostato alla primavera del 2026. In linea con quanto stanno facendo le altre Regioni per ritardi analoghi. E fra le aree di emergenza da completare ci sono quelle degli ospedali più in crisi: quello di Agrigento, il Villa Sofia-Cervello, il Papardo e i nosocomi di Trapani e Mazara.
Il post Covid è stato segnato dall’emergenza legata alle liste d’attesa, frutto del fatto che la macchina delle terapie ordinarie si bloccò nei mesi di lockdown intasando il sistema in tutti gli anni successivi. Un monitoraggio condotto alla fine della scorsa estate dall’assessorato alla Sanità ha messo in evidenza che i ricoveri «pendenti», cioè prenotati e mai eseguiti sono 32.247. E di questi ben 2.714 sono stati prenotati fra il 2020 e il 2022. Mentre gli esami diagnostici prenotati e mai effettuati sono 55 mila.
La situazione ora è migliorata e molto dell’arretrato (ma non tutto) è stato smaltito grazie al soccorso dei privati, finanziato dal ministero della Salute che ha messo sul tavolo 90 milioni in due anni. Con queste somme sono state pagate le prestazioni extra svolte da cliniche e specialisti convenzionati e che il sistema pubblico non era in grado di gestire.
Il vero spreco, eredità della pandemia, è però alla voce vaccini. Un monitoraggio di qualche settimana fa ha evidenziato che nei reparti di Asp e ospedali restano 250 mila dosi acquistate l’anno scorso per un valore di circa 5 milioni. Farmaci che rimarranno inutilizzati, perché la percentuale di vaccinazioni è scesa al 2% della popolazione e per il fatto che nel frattempo è arrivata sul mercato un’altra versione, capace di contrastare un ceppo nuovo del virus. E non è un caso isolato: negli ospedali erano già rimaste 700 mila dosi acquistate, e ora scadute, tra il 2022 e il 2023. Il totale dell’investimento buttato in vaccini inutilizzati sale così a 19 milioni. Complice il fatto che i contratti stipulati con le case farmaceutiche in piena pandemia prevedevano l’obbligo di acquistare un minimo di dosi anche negli anni successivi all’emergenza.
Il Covid ha lasciato anche code giudiziarie. È tutt’ora in corso il processo di primo grado all’ex assessore Ruggero Razza e alla dirigente Letizia Di Liberti per il caso dei presunti dati falsi sui morti e sui contagi. Anche se in una delle ultime udienze l’Istituto Superiore di Sanità ha detto che i dati riferiti dalla Regione in quei mesi caldissimi erano omogenei.



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