Volume tecnico e abuso edilizio: ecco quando può costarvi una demolizione forzata

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Costruire senza permessi può avere conseguenze serie, soprattutto se l’opera viene considerata un abuso edilizio. È quello che è successo in un comune del Lazio, dove i proprietari di un’abitazione si sono visti recapitare un’ordinanza di demolizione per un piccolo manufatto in muratura costruito accanto alla loro casa.

Convinti di essere nel giusto, i proprietari hanno fatto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Lazio, sostenendo che la loro costruzione non fosse un abuso, ma un semplice volume tecnico destinato a contenere impianti per la casa. Tuttavia, il TAR ha respinto il ricorso, confermando l’ordine di demolizione e chiarendo quando una costruzione può essere considerata abusiva e soggetta a sanzioni.

Ma quando è davvero necessario un permesso edilizio? E cosa succede se si realizza un’opera senza autorizzazioni?

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Scopriamo insieme i dettagli di questo caso e le implicazioni per chi vuole costruire senza problemi.

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Il caso specifico: cosa è stato costruito e perché è stato contestato

La vicenda ha origine nel settembre 2018, quando la Polizia Locale del Comune di Lariano effettua un sopralluogo presso un immobile. Durante l’ispezione, viene rilevata la presenza di un manufatto in muratura realizzato in aderenza all’abitazione principale. La struttura, con dimensioni di circa 2,25 metri per 2,75 metri e un’altezza di 2,04 metri, era destinata a rimessa per attrezzi da giardino e lavoro.

L’opera, pur di dimensioni contenute, è risultata priva di qualsiasi autorizzazione edilizia e non conforme agli strumenti urbanistici vigenti. Per questo motivo, l’amministrazione comunale ha emesso un’ordinanza di demolizione, contestando l’abusività della costruzione. Secondo il Comune, infatti, il manufatto rientrava nella categoria delle nuove costruzioni soggette a permesso di costruire, in quanto comportava un incremento di superficie e volumetria, con una trasformazione urbanistica permanente del territorio.

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I proprietari hanno impugnato l’ordinanza, sostenendo che il manufatto fosse un semplice volume tecnico e quindi non necessitasse di permessi edilizi. Secondo la loro tesi, la struttura era destinata a ospitare impianti tecnologici a servizio dell’abitazione principale, configurandosi quindi come un’opera di manutenzione ordinaria o al massimo di edilizia libera.

Di conseguenza, l’ordine di demolizione sarebbe stato illegittimo, poiché le opere di questa natura non richiedono un esplicito titolo edilizio.

Tuttavia, il sopralluogo della Polizia Locale ha smentito questa ricostruzione, accertando che la struttura non conteneva alcun impianto tecnologico e veniva utilizzata esclusivamente come deposito di attrezzi. Questo elemento è stato determinante nel far ritenere il manufatto un’opera con una propria autonomia funzionale e non un volume tecnico privo di destinazione autonoma, come invece sostenuto dai ricorrenti.

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Un altro elemento di rilievo nella contestazione è stato il vincolo paesaggistico esistente sull’area. L’amministrazione comunale ha evidenziato come, oltre all’assenza del permesso di costruire, la realizzazione della struttura fosse avvenuta senza la necessaria autorizzazione paesaggistica, obbligatoria in zone sottoposte a tutela. Questo ha aggravato ulteriormente la posizione dei proprietari, poiché la normativa impone il rispetto di vincoli ambientali e paesaggistici anche per interventi di entità minore.

Alla luce di questi elementi, il Comune ha ribadito la piena legittimità dell’ordinanza di demolizione, ritenendo che il manufatto costituisse una costruzione abusiva a tutti gli effetti e come tale dovesse essere rimossa per ripristinare lo stato originario dei luoghi.

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Il ragionamento del TAR Lazio: perché il ricorso è stato respinto

Dopo aver analizzato il caso, il TAR Lazio ha respinto il ricorso dei proprietari con la sentenza n. 1794/2025, confermando la validità dell’ordinanza di demolizione emessa dal Comune di Lariano. Il Tribunale ha chiarito che la costruzione in questione non poteva essere considerata un semplice volume tecnico, ma una vera e propria nuova costruzione, soggetta a permesso edilizio e, in mancanza di esso, ad azioni sanzionatorie.

Secondo il D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), infatti, qualsiasi opera che determini un incremento di superficie e volumetria è soggetta a specifica autorizzazione. Il TAR ha evidenziato come il manufatto, pur di dimensioni contenute (circa 6,18 mq), non fosse destinato a contenere impianti tecnologici indispensabili per l’abitazione, ma fosse stato utilizzato come rimessa attrezzi da giardino e lavoro.

Questo lo rendeva una struttura con autonomia funzionale, non riconducibile alla categoria dei volumi tecnici esenti da permesso di costruire.

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Un altro punto cruciale della decisione riguarda il vincolo paesaggistico presente sull’area. La sentenza sottolinea che la costruzione è stata realizzata senza il necessario parere paesaggistico, obbligatorio per qualsiasi intervento edilizio in aree sottoposte a tutela. Questo ha reso il manufatto doppiamente illegittimo, poiché non solo privo di permesso edilizio, ma anche in contrasto con le normative sulla protezione del territorio.

Il TAR ha inoltre rigettato l’argomentazione dei ricorrenti secondo cui il criterio principale per determinare la necessità del permesso di costruire fosse l’incremento del carico urbanistico. Secondo i giudici, non esiste alcuna norma che limiti l’abusività di un’opera edilizia al solo aumento del carico urbanistico. Ciò che conta è la trasformazione del territorio, che nel caso in esame era evidente, essendoci stato un aumento di volumetria e una modifica permanente dello stato dei luoghi.

Infine, il TAR ha respinto l’ultima doglianza dei ricorrenti, i quali lamentavano la mancata indicazione delle conseguenze della non ottemperanza all’ordine di demolizione. Il Tribunale ha chiarito che l’ordinanza comunale specificava chiaramente che, in caso di mancata demolizione entro 90 giorni, l’area sarebbe stata acquisita al patrimonio comunale, con un’estensione fino a dieci volte l’area di sedime del manufatto abusivo, come previsto dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001.

La sentenza n. 1794/2025 conferma quindi un principio chiaro: qualsiasi costruzione che comporti un aumento di superficie e volumetria, se realizzata senza titolo abilitativo, è da considerarsi abusiva e soggetta a demolizione, a prescindere dalla destinazione d’uso dichiarata dal proprietario.

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