Mark Zuckerberg, Amministratore delegato di Meta. Foto di Alessio Jacona presa da Flickr (CC BY-SA 2.0).
Mark Zuckerberg [it], amministratore delegato di Facebook, ha annunciato [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] che Meta [it] “combatterà contro la censura” in tutto il mondo, al fianco del futuro Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump [it], che sarà insediato tra meno di una settimana.
Zuckerberg definisce le modifiche apportate alla moderazione dei contenuti di Meta come una politica “anti-censura”. Tuttavia, gli esperti ritengono che si tratti più di una mossa commerciale volta a compiacere il neo presidente eletto, Donald Trump. Secondo l’amministratore delegato, Meta ha ridotto i costi per la protezione contro l’incitamento all’odio, eliminando il fact-checking e facendo in modo che gli utenti segnalino i contenuti offensivi (noti anche come “note della comunità”) – almeno negli Stati Uniti.
Questa nuova politica costituisce un pericoloso precedente, anche se, verosimilmente, segue l’esempio di Elon Musk che ha eliminato la moderazione dei contenuti su X (ex Twitter) prima delle elezioni.
Tuttavia, la storia recente dimostra che regolamentare i contenuti di Meta e X, ancora di più di quanto non faccia già l’UE, potrebbe condurre sulla strada delle autocrazie.
La censura di Internet in Russia
Zuckerberg, non ha nominato il presidente russo Vladimir Putin [it] nel suo discorso. Tuttavia, ha citato l’Unione Europea (UE) [it] come uno dei più grandi “censori”, insieme all’America latina e alla Cina. Dall’Ottobre 2022, Meta e le sue filiali [it] (ad eccezione di WhatsApp, al momento della pubblicazione), sono state inserite nell’elenco delle organizzazioni terroriste e estremiste in Russia. Non solo sono state bloccate, ma si può essere arrestati per aver condiviso dei link su una pagina web.
Si tratta di un avvertimento: il Cremlino, ufficialmente, ha bloccato il gruppo perché Meta aveva dichiarato che avrebbe consentito messaggi come “morte agli invasori russi”.
Nel Marzo 2022, un funzionario di Meta ha informato BBC News che l’azienda si stava allontanando, temporaneamente, dalle sue politiche standard “in vista dell’invasione in corso dell’Ucraina”, autorizzando le persone colpite dal conflitto “a esprimersi nei confronti delle forze armate dell’invasione”. Di conseguenza, il governo russo ha accusato Meta di “russofobia” e l’ha definita come un’applicazione vietata.
Oggi, però, nessuna piattaforma social occidentale opera in Russia: sono state tutte bloccate per “non conformità” con le leggi russe (attualmente sono ancora presenti solo messenger, Telegram e WhatsApp, oltre alla versione cinese di TikTok).
Diverse organizzazioni stanno incitando la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen [it], a far valere a pieno diritto la legislazione europea nei confronti di Meta per evitare che i cittadini europei vengano danneggiati. Infatti, nell’ambito della normativa sui servizi digitali del 2022, alcune disposizioni prevedono delle pesanti multe in caso di mancato rispetto delle regole sulla valutazione dei rischi per le piattaforme che operano sul mercato dell’UE. Ed è questo che bisogna fare se le norme sui discorsi che incitano all’odio inizieranno a danneggiare le categorie più vulnerabili.
Tuttavia, dobbiamo tenere presente che se X e Meta, sotto pressione delle autorità, decideranno di lasciare l’UE, i cittadini potranno avere meno accesso alle informazioni. Anche se questo sembra improbabile, gli esperti ritengono che si debbano mettere a disposizione dei cittadini più informazioni, non meno. Pertanto, anche se Meta decidesse di abbandonare il suo programma di fact-checking (ma non l’UE) è possibile che questa scelta sia meno pericolosa del previsto. Zuckerberg, infatti, ha promesso di riportare in circolazione i contenuti politici che potrebbero avere un effetto positivo sulla ricerca di informazioni da parte dei cittadini, in particolare quando nell’Agosto 2025, entrerà in vigore la legge europea sulla libertà dei media.
Alcuni ricercatori hanno parlato della sopravvalutazione del potere della disinformazione (qualunque essa sia) sulle persone e del fatto che abbiamo relegato le decisioni della gente alle piattaforme digitali.
Ecco qualche esempio. Le mie ricerche sulla gestione delle piattaforme riguarda in parte le misure che sono state adottate per “combattere la disinformazione russa”, non solo dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, ma anche quando il panico morale per l’intervento di un paese straniero nelle elezioni americane del 2016 era al suo apice. Diverse testate mediatiche russe, come i canali di propaganda come Russia Today e Sputnik, sono state bloccate nell’UE per decisione dei legislatori europei. Da allora, sempre più canali sono finiti nelle liste.
In questo caso, gli esperti sostengono che il soluzionismo tecnocratico ha seri limiti di fronte alla disinformazione.
Anche le piattaforme social hanno bloccato e demonetizzato, secondo i loro criteri, i contenuti di provenienza russa o destinati al pubblico russo. Per esempio, YouTube ha demonetizzato tutti i contenuti provenienti dalla Russia. Anche i canali di opposizione contro la guerra e anti-Putin, come Dozhd, sono stati penalizzati poiché il loro pubblico principale si trova in Russia.
La propaganda diretta dovrebbe essere bloccata? Forse. Ma in questo caso, come facciamo a sapere cosa dice “l’altra parte”? A un certo punto, le uniche fonti di informazione in lingua russa accessibili su Google News provengono dalla Bielorussia [it]. Quindi il famoso “page rank” non ha funzionato. Ma chi decide quali sono le fonti di informazione credibili? È chiaro che il Cremlino controlla ciò che è visibile sul motore di ricerca russo Yandex [ru]. Ma vogliamo davvero riprodurre uno schema simile all’interno dell’Unione europea?
Quello che voglio dire è che dobbiamo appoggiare i media tradizionali, che sono fondati sul fact-checking. Dobbiamo finanziare i giornalisti locali e negoziare con le piattaforme social per poter includervi i loro contenuti. Dobbiamo sviluppare nuovi modelli social tramite l’IA nell’interesse pubblico e renderli disponibili. In breve, dobbiamo creare più opportunità e diversità nel settore tecnologico e nell’ecosistema dell’informazione, non meno.
Come ha affermato Thomas Kent, responsabile delle comunicazioni strategiche presso l’American Foreign Policy Council e specialista della propaganda russa, in un recente articolo :
Western media need to rededicate themselves to accurate, objective news coverage. If citizens are convinced that their own major news sources are unbiased, they will have no reason to seek out fringe sources of news, Russian or otherwise.
I media occidentali devono dedicarsi a una copertura accurata e obiettiva delle notizie. Se i cittadini sono convinti che le loro principali fonti di informazione siano imparziali, non avranno motivo di cercare fonti di informazione marginali, siano esse russe o di altro tipo.
O forse non siamo meglio di Vladimir Putin, che non utilizza mai internet e sogna che nessuno lo faccia, come ai “bei tempi”, o di Zuckerberg, che ci spinge a a “tornare alle origini” della libertà di espressione.
Ciò che entrambi stanno facendo è molto simile. Ma non c’è un’età dell’oro e non ci sono radici a cui fare riferimento. Se queste persone non lo capiscono, dobbiamo farlo noi.
Daria Dergacheva è una ricercatrice associata di Platform Governance, Media and Technology Lab di ZeMKI, dell’Università di Brema, in Germania. Da marzo 2022 è anche editor per la sezione relativa all’Europa orientale di Global Voices e in precedenza ha lavorato per oltre 10 anni nei media russi e nelle ONG di opposizione.
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