Macchine che leggono le lettere senza aprire le buste, AI e droni: come la tecnologia cambia l’archeologia e riscrive la storia

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Droni con sensori avanzatissimi, macchinari che leggono lettere senza aprire le buste e intelligenze artificiali variamente applicate aiutano gli archeologi del Cnr (e non solo) a dare nuova vita a reperti millenari

L’archeologia? Metà si fa sul campo e metà si fa nei laboratori. Va da sé che in un istituto universitario di archeologia, le scienze storiche e lo sviluppo delle più moderne tecnologie viaggino in sinergia. Tatiana Pedrazzi è una ricercatrice specializzata nello studio del Vicino Oriente antico e del Mediterraneo Orientale con un trascorso fatto di scavi in Siria, Libano, Cipro e Sardegna. È ricercatrice senior per il Cnr di Milano dove è membro dell’istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (Ispc) e insegna archeologia fenicio-punica alla Statale di Milano e all’Università di Firenze. Tra i suoi compiti, c’è anche quello di gestire – in collaborazione con altri colleghi – tutti quegli strumenti avanzatissimi che permettono loro di scoprire quanto il tempo ha celato sotto terra. «L’archeologia si occupa non solo di trovare i reperti ma anche di conservarli. I reperti sono spesso utensili comuni in metallo, in argilla o in molti altri materiali diversi e, oltre al valore storico, talvolta sono considerati vere e proprie opere d’arte. Attraverso alcuni macchinari che solo pochi anni fa erano impensabili, possiamo indagarne le provenienze, il loro modo di fabbricazione confermando o rivoluzionando ciò che sappiamo delle modalità produttive. Possiamo anche comprenderne lo stato di conservazione del reperto, le forme di degrado e attuare i protocolli per la migliore conservazione. E, partendo da questi presupposti, possiamo dedurre molto di più». Vediamo quanti miracoli archeologici possono essere fatti oggi grazie alla tecnologia.

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Ridisegnare la mappa di un territorio di 2000 anni fa 

L’archeologia opera sul terreno e deve dunque relazionarsi con chi sviluppa strumentazioni utili al rilievo, a partire dai droni con telecamere termiche e con strumentazione Lidar (Light Detection and Ranging) che producono «restituzioni 3D» (rilievo, scansione e restituzione grafica con laser scanner) e remote sensing, cioè la rielaborazione di dati satellitari. In questo modo vengono ricostruiti i paesaggi antichi e la conformazione degli antichi abitati, urbani o rurali. 
«Dal 2022 c’è un progetto importante di mappatura del patrimonio archeologico nella Siria costiera, in collaborazione tra CNR e Università di Firenze. Abbiamo portato in Medio Oriente un drone che montava un sensore Lidar. Questa tecnologia è in grado di penetrare attraverso la vegetazione densa, permettendo di scoprire muri nascosti, interi insediamenti, o strutture antiche. Abbiamo quindi mappato la zona intorno all’antico santuario fenicio di Amrit, dove si praticavano culti antichi legati all’uso dell’acqua. Il lavoro dei ricercatori ha permesso di evidenziare dove secoli fa passasse il fiume che scorreva accanto al santuario e quali siano state le modifiche della costa nel corso dei millenni». 




















































Studiare la composizione delle anfore 
Il Dinolite è un microscopio digitale portatile che permette di osservare al computer la composizione delle argille dei vasi. «Il Dinolite mi ha permesso di osservare le sostanze incluse – altrimenti non valutabili a occhio nudo – nelle anfore trovate a Cipro e datate al 1200 a.C.: grazie a questa osservazione microscopica, è stato possibile ipotizzarne la provenienza dalla costa siro-palestinese. Conoscendo i componenti delle argille e identificando la provenienza delle relative anfore, si determinano le reti commerciali antiche, nel Mediterraneo di molti millenni fa». 

I miracoli dell'archeologia sono merito

Analizzare cosa era contenuto nelle anfore

«Un altro importante progetto è il Wast (Waterproofing in the Ancient Storage and Transport Vessels) e riguarda la ceramica da conservazione e trasporto, cioè le anfore. Lo studio delle superfici interne delle anfore avviene mediante uno spettroscopio e un microscopio elettronico a scansione che non sono invasivi per le sostanze organiche. Il microscopio elettronico Jeol 5910 LV corredato di spettrometro a raggi X in dispersione di energia IXRF-2000 serve per la valutazione morfologica delle superfici e per determinare la penetrazione delle sostanze organiche nella porosità delle ceramiche», conclude Tatiana Pedrazzi. 

Per leggere dentro le buste 

L’Università di Amburgo ha sviluppato uno scanner tomografico a raggi X portatile ad alta risoluzione degno di 007. Già dal 3000 a.C., infatti, le persone in Mesopotamia si inviavano lettere di ogni genere e contenuto. Erano scritte incidendo caratteri cuneiformi su una sottile tavoletta di argilla che poi veniva avvolta in una busta ugualmente di argilla, su cui erano scritti mittente e destinatario. Il mittente firmava e assicurava la lettera imprimendo il suo sigillo. Ce ne sono in giro oltre un milione sparse tra laboratori e musei di tutto il mondo, dal Louvre in giù. Questa macchina riesce a leggere il contenuto della lettera senza dover aprire la busta, che altrimenti finirebbe inesorabilmente distrutta.

Trovare tunnel nascosti 

Proprio in queste settimane, gli studenti del Politecnico di Milano, hanno scoperto un sistema di strutture sotto il Castello Sforzesco. Sono stati trovati alcuni scavi segreti (che potrebbero corrispondere a quei camminamenti descritti da Leonardo) grazie ai georadar e ai laser scanner di Codevintec, la società milanese che da oltre 50 anni produce strumenti di precisione anche per questi scopi, dagli elettromagnetometri ai sismometri oceanici, dai modem acustici ai georesisitivimetri. Le applicazioni della AI in archeologia L’intelligenza artificiale sta trasformando l’archeologia facilitando la scoperta di intere città sepolte e l’analisi dei manufatti. Oltre ad aiutare sensibilmente nel tradurre lingue arcaiche e iscrizioni rupestri, l’AI gestisce quindi l’imaging satellitare che identifica potenziali siti mentre combinata con il Lidar montato sui droni, rivela strutture nascoste sotto la vegetazione come le città Maya in Messico o rileva impercettibili differenze nella morfologia di un terreno incolto che in realtà nascondono un muro o un intero palazzo o un avvallamento. Nell’analisi dei manufatti, l’intelligenza artificiale consente una classificazione accurata e una modellazione predittiva. Per la ricerca genomica, l’intelligenza artificiale elabora il DNA antico che rivela modelli di migrazione e informazioni sullo stato di salute di una popolazione.

I miracoli dell'archeologia sono merito

Capire il livello di inquinamento di 5000 anni fa 

L’Università tedesca di Heidelberg ha eseguito una serie di studi sui sedimenti del fondale marino e delle regioni costiere del Mar Egeo, eseguendo dei carotaggi che hanno dimostrato che gli esseri umani hanno contaminato l’ambiente fin dall’antichità. Analizzando il livello del piombo (materiale di scarto dalla lavorazione dell’argento), si è compreso quanto l’attività umana nella regione abbia generato la contaminazione dell’ambiente già 5.200 anni fa, oltre un millennio prima di quanto si pensasse in precedenza (questa è la prima testimonianza di inquinamento causato dall’uomo in mare). Si è riusciti persino a riconoscere gli eventi storici come la conquista della Grecia da parte dei Romani, datando i livelli del piombo stesso nei vari strati di terreno e riuscendo di conseguenza anche a determinare i cambiamenti socioeconomici nella regione che, ad esempio, produceva più o meno argento in vari momenti della storia. La concentrazione di piombo è aumentata in modo significativo circa 2.150 anni fa, accompagnata da un’intensa deforestazione e da un crescente utilizzo agricolo, come indicato dalla composizione degli spettri del polline.

Capire lo stile di vita umano attraverso il Dna delle pecore 

Il Trinity College di Dublino ha condotto uno studio sulla capacità di allevare e selezionare ovini, riuscendo a estrarre un numero sufficiente di genomi da centinaia di ossa di pecore trovate in altrettanti scavi archeologici dalla Mongolia all’Irlanda, risalenti anche a 11000 anni orsono. Se l’analisi del DNA sulle ossa di mufloni trovate in Turchia risalenti a quei tempi stabilisce una sorta di primogenia ovina, quelle risalenti a 8000 anni fa, trovate poco più a nord, provano che gli allevatori avevano cominciato a selezionare deliberatamente le loro greggi in funzione del colore del mantello. Questa è la prima prova di modellamento umano consapevole della biologia di un altro animale e mostra che già allora i primi pastori erano interessati a migliorare la qualità genetica ed estetica dei loro animali.

5 febbraio 2025

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