Risposta – Se l’attività di lavoro dipendente è cessata nel 2024, intendendo che l’ultimo giorno di lavoro effettivo sia stato svolto entro il 31 dicembre 2024, la percezione di una retribuzione superiore a 35.000 euro è irrilevante. Tuttavia, è necessario verificare la decorrenza della pensione e l’ammontare della stessa, poiché i due redditi (da lavoro e da pensione) devono essere considerati cumulativamente.
La questione è stata affrontata dall’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 427/2021. È stato ricordato che la causa di esclusione qui in esame – articolo 1, comma 57, lettera d-ter) della legge 190/2014, come modificata per il 2024 con effetto sul 2025 dall’articolo 1, comma 12, della legge di bilancio 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207), che ha incrementato la soglia da 30.000 a 35.000 euro – non si discosta da quanto già previsto in precedenza per il regime forfettario. A tal proposito, valgono i chiarimenti resi dalla circolare n. 10/E del 4 aprile 2016 in merito alla lettera d-bis) del comma 57, di cui l’attuale lettera d-ter) costituisce una riproposizione.
La citata circolare n. 10/E del 2016, al paragrafo 2.3, ha specificato che il limite dei 30.000 euro (quest’anno 35.000 euro) «non opera se il rapporto di lavoro dipendente è cessato nel corso dell’anno precedente, sempre che nel medesimo anno non sia stato percepito un reddito di pensione che, in quanto assimilato al reddito di lavoro dipendente, assume rilievo ai fini del raggiungimento della soglia». In sintesi, i due redditi devono essere sommati ai fini della verifica del limite previsto.
Se anche questa verifica viene superata con successo, il regime forfettario risulta applicabile, a condizione che siano rispettate tutte le altre condizioni previste dalla norma (ad esempio, non detenere quote di partecipazioni in società di persone).
Quanto alla possibilità di applicare l’aliquota al 5%, essa dipende dal tipo di attività che si intende intraprendere. Se si prevede di proseguire l’attività in forma autonoma verso l’ex datore di lavoro (presumibilmente attività infermieristica), trattandosi di continuità con l’attività precedentemente svolta da lavoratrice dipendente, l’aliquota al 5% non è applicabile.
Se, invece, si trattasse di un’attività completamente diversa (ad esempio, elaborazione dati), l’aliquota agevolata al 5% sarà applicabile, sempre che siano rispettati tutti i requisiti previsti dal comma 65 dell’articolo 1 della legge 190/2014. In particolare, si deve considerare la lettera b) del comma 65, che risulta la più pertinente al caso specifico, insieme agli altri requisiti.
Le condizioni da rispettare congiuntamente per godere della tassazione al 5% nei primi cinque anni sono le seguenti.
- a) Il contribuente non deve aver esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare.
- b) L’attività da esercitare non deve costituire mera prosecuzione di un’attività precedentemente svolta come lavoro dipendente o autonomo, salvo il caso in cui l’attività precedente consista nel periodo di pratica obbligatoria per l’esercizio di arti o professioni.
- c) Qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da un altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente, non deve superare il limite di 85.000 euro, ragguagliato ad anno.
Per quanto riguarda la causa ostativa relativa all’esercizio dell’attività in forma prevalente verso l’ex datore di lavoro, si conferma quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 9/E del 10 aprile 2019. In tale documento, è stato chiarito che i soggetti pensionati non incorrono nella causa ostativa di rapporto prevalente con l’ex datore di lavoro se il pensionamento è intervenuto per obbligo di legge.
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