Ferrara, 5 febbraio 2025 – Sono stati Filctem e Uiltec a lanciare l’allarme. Al centro, “diverse criticità” riscontrate a seguito della presentazione del piano industriale di Eni-Versalis, attore fondamentale (anche) del Petrolchimico ferrarese. In particolare, secondo i due confederali – la posizione della Cisl è differente – quello presentato è un «piano di dismissione della chimica di base». Ciò che preoccupa è la decisione di Eni di chiudere i cracking. “La chiusura della filiera chimica nazionale – affermano i chimici della Cgil – comporterebbe una crisi industriale senza precedenti, con ricadute drammatiche sull’occupazione diretta e sull’indotto, che coinvolge oltre 20mila lavoratori”. Numerosi interventi al tavolo convocato al Ministero “hanno evidenziato la necessità di un cambio di passo – proseguono i sindacati – . E’ emersa una forte preoccupazione per il futuro della chimica italiana e per l’impatto che le scelte di Eni avranno sui territori”. A queste preoccupazioni risponde in esclusiva sul Carlino l’ad di Eni-Versalis Adriano Alfani.
Il piano industriale presentato da Eni-Versalis preoccupa i sindacati che temono una contrazione dei livelli occupazionali. È un pericolo reale?
“No, non lo è, né per Ferrara né per i territori direttamente interessati dal piano di trasformazione – risponde l’amministratore delegato di Eni-Versalis, Adriano Alfani – .Ed è un aspetto che abbiamo chiarito sin da subito, compreso quanto comunicato il 24 ottobre scorso. Il piano è conseguenza della crisi strutturale e irreversibile della chimica di base in Europa, a causa principalmente del costo della materia prima e dell’energia, che in Europa sono 3-4 volte superiori rispetto agli Usa e al Medio Oriente, dove gli impianti vanno principalmente a gas/shale gas piuttosto che a virgin nafta. Grazie a Eni mettiamo in campo due miliardi di euro di investimenti per attività che sono peraltro in linea con quanto richiede l’Europa, a iniziare dal taglio in termini di emissioni: un milione di tonnellate di CO2, pari a circa il 40% delle emissioni di Versalis in Italia. E la realizzazione di nuovi impianti industriali coerenti con la transizione energetica e la decarbonizzazione dei vari siti industriali, nell’ambito della chimica bio, circolare e di specialità ma anche della bioraffinazione e per la produzione di accumulatori stazionari di energia elettrica”.
Ricadute occupazionali?
“Dal punto di vista occupazionale, l’attuazione del piano sarà a impatto zero, senza richiesta di ammortizzatori sociali per i dipendenti diretti di Versalis. Ed è previsto un programma di aggiornamento e riconversione professionale delle competenze, così come Eni ha fatto più di 10 anni fa quando ha realizzato le bioraffinerie”.
Per quanto riguarda Ferrara?
“Nello specifico per Ferrara, nel 2025 il piano occupazionale punta a garantire la copertura del turnover fisiologico, in continuità con quanto realizzato negli anni scorsi. Il dialogo con le parti sociali sulle tematiche locali è costante, costruttivo e proseguirà in coerenza con le interlocuzioni attualmente in corso al Ministero delle Imprese e Made in Italy. Voglio dirlo chiaramente: di fronte a una crisi strutturale e irreversibile come questa non si può ulteriormente tergiversare: chiudere o convertire. Eni punta a convertire attraverso un piano importante di trasformazione che è possibile solo grazie agli investimenti di Eni. Alle perdite già dichiarate (sette mld di euro negli ultimi 15 anni, tre mld negli ultimi cinque) si aggiunge il risultato del 2024, che verrà reso pubblico a fine febbraio ma che, alla luce dei risultati già annunciati dei primi 9 mesi del 2024, è decisamente negativo”.
La costituzione del polo risale al 1936. Oggi è un mega insediamento di 250 ettari dove lavorano ogni giorno 2.450 persone
La direzione dell’azienda è quella di traguardare l’obiettivo della sostenibilità ambientale. Quale la ricetta salvaguardando il settore della chimica di base?
“Dobbiamo ridurre l’esposizione di Versalis alla chimica di base, settore che versa in una crisi strutturale e ormai irreversibile a livello europeo, per evitare che si crei un effetto domino anche sulla chimica a valle e nella quale abbiamo investito molte risorse, e parlo delle acquisizioni di società come Finproject e Tecnofilm e Novamont in ambito chimica da rinnovabili. Da anni Versalis investe in questi settori, chimica da rinnovabili, circolare e per prodotti specializzati, i cui mercati sono in crescita e nei quali possiamo dire di avere una posizione di leadership. A valle del piano di trasformazione e rilancio, la chimica di Versalis sarà focalizzata su un portafoglio di elevato valore composto da compounding e polimeri specializzati, biochimica e prodotti da economia circolare: un portafoglio coerente con la strategia di Eni improntata alla tecnologia e focalizzata su business legati alla transizione energetica, con vantaggi competitivi”.
La chiusura dei cracking, a partire da Brindisi, impatterà anche sui Petrolchimici di Ravenna e Ferrara?
“Assolutamente no. Lo abbiamo detto, e lo ripetiamo. Già oggi gli impianti Versalis di Ferrara, Ravenna e Mantova vengono riforniti via nave (Ravenna) o via pipe tramite Porto Marghera, che viene rifornita sempre via nave, a seguito della fermata del cracking a Porto Marghera nel maggio 2022. Stiamo già intensamente lavorando per contrattualizzare più fornitori globali, di Paesi diversi, per l’import di materie prime, con contratti pluriennali competitivi e affidabili. E stiamo anche provvedendo a un importante potenziamento degli asset di logistica. Le filiere a valle dalla chimica di base non avranno ripercussioni perché l’etilene a prezzi molto più vantaggiosi sono disponibili in grande quantità e in diverse aree geografiche del mondo, Stati Uniti e Medio Oriente, a un costo di produzione inferiore fino a 3/4 volte. Sostituendo il make con il buy si riuscirà a essere più competitivi anche sulle filiere a valle, scongiurando l’effetto domino di cui parlavo prima, cioè rendendo critica la sopravvivenza anche degli altri siti produttivi Versalis”.
Dopo Marghera, per assicurarsi l’approvvigionamento di materie prime, sfruttando la stessa pipeline, le due città emiliano-romagnole hanno fatto ricorso alle navi gasiere. Un modello replicabile anche altrove?
“Non prevediamo modelli diversi da quello attuale avendo un hub logistico a Porto Marghera, dove Versalis ha già in corso investimenti infrastrutturali per la flessibilizzazioni delle banchine e stoccaggi. Gli impianti delle città collegate alle pipeline, Ferrara e Mantova, ricevono principalmente monomeri della chimica di base che sono allo stato gassoso, come etilene, propilene, butano, eccetera. Lo standard dell’industria della chimica di base è quella di trasportare via mare le molecole gassose con navi ’gasiere’: quella scelta da Versalis è la prassi di settore”.
Sul Polo Chimico di Ferrara è stato avviato un progetto che prevede, tra le altre cose, il revamping del ciclo idrico. Enti e aziende insediate nel Polo hanno sottoscritto un accordo con il Mimit. Ora si tratta di trovare i finanziamenti. Come immagina il ruolo di Versalis in quella partita?
“A Ferrara, Versalis rappresenta una parte minoritaria rispetto agli altri player. Tuttavia, considerando il know-how industriale maturato in 70 anni di storia, Versalis supporterà il consorzio dei co-insediati per orientare la migliore scelta tecnico-economica. La nostra azienda infatti partecipa, attraverso i suoi rappresentanti, al tavolo di coordinamento per la discussione dei progetti attuativi proposti e inseriti nel progetto di efficientamento energetico, e per il monitoraggio dello stato di avanzamento del progetto di revamping del ciclo idrico del petrolchimico”.
Quali sono i presupposti per salvaguardare un settore chiave come quello chimico – e tutta la filiera – evitando il tracollo dell’indotto oltre che della produzione diretta e la svendita dell’asset a Paesi stranieri?
“Potremo convertire le attività verso settori in sviluppo, più innovativi e sostenibili e in coerenza con la strategia italiana ed europea di decarbonizzazione. Anche nel caso della chimica, Eni non abbandona i territori in cui opera ma, assumendosi anche la responsabilità sociale, sviluppa piani di trasformazione industriale che assicurino il permanere della presenza sui territori e la salvaguardia dell’occupazione, anche sviluppando nuove filiere come è il caso di Brindisi”.
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