Saviano, la Terra dei Fuochi e quella narrazione apocalittica che fa vendere libri nascondendo scienza e verità

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L’articolo di Roberto Saviano, pubblicato il 1º febbraio 2025 sul Corriere della Sera, è l’ennesima operazione di manipolazione narrativa. Saviano è interessato a mantenere viva una retorica che ha fatto la sua fortuna editoriale: la Campania come terra avvelenata e senza speranza, le istituzioni come complici del disastro, la popolazione come vittima inerme.

Saviano parte dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), che ha condannato l’Italia per non aver tutelato adeguatamente la salute pubblica nella Terra dei Fuochi. La sentenza riconosce ritardi e inefficienze, ma non afferma che tutta la Campania sia contaminata o che ci sia un legame diretto tra inquinamento e tumori. Non impone bonifiche generalizzate, né conferma l’esistenza di un biocidio. Non stabilisce che i prodotti agricoli della regione siano pericolosi. Saviano prende questa sentenza e la piega alle sue esigenze narrative, facendola sembrare la prova definitiva di uno sterminio silenzioso causato dallo Stato italiano. Ma non è così.

Uno dei passaggi più critici è la descrizione di una Campania in cui le colture sarebbero state avvelenate dall’inquinamento ambientale: “Hanno ucciso prima le colture di pomodori, di melanzane e carciofi, poi hanno avvelenato pesche, mandorle, albicocche e mele annurche”. Mai, in nessun caso, un prodotto agricolo campano è risultato contaminato da contaminanti ambientali derivanti da qualsivoglia inquinamento. Il RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) non ha mai segnalato nessuna anomalia nei prodotti campani. Il programma “Campania Trasparente”, avviato dalla Regione Campania, ha dimostrato con migliaia di analisi che i prodotti agricoli della regione sono perfettamente sicuri. Gli studi dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) non hanno mai evidenziato alcuna correlazione tra la qualità dell’agricoltura campana e l’inquinamento.

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Non si tratta di un errore o di un’esagerazione: è una bugia deliberata e gravissima, che ha già prodotto danni incalcolabili all’economia agricola della Campania. Ha creato un allarme ingiustificato, ha distrutto la reputazione dei prodotti campani, ha fatto perdere milioni di euro ai produttori agricoli senza uno straccio di prova. E lo fa ancora oggi. Saviano cita alcuni dati sul tasso di mortalità per tumori, ma senza alcun rigore scientifico. Il rapporto ISS del 2016 parla di un’incidenza tumorale più alta ma senza stabilire un nesso causale con l’inquinamento ambientale. Gli studi epidemiologici seri evidenziano che il rischio tumorale è influenzato da molteplici fattori, tra cui stili di vita, fumo, dieta e predisposizione genetica.

Nessuna ricerca scientifica ha mai dimostrato che l’inquinamento nella Terra dei Fuochi abbia causato un aumento anomalo dei tumori. Ma Saviano usa questi numeri come se fossero la pistola fumante della sua teoria. Ovviamente, l’articolo non sarebbe completo senza il consueto attacco alla politica, accusata di aver mentito, ignorato, occultato la verità. “Nel 2023, nonostante anni di studi degli istituti preposti, il presidente della Regione Vincenzo De Luca arrivò a dire che solo l’1% del territorio non era coltivabile”. E qual è il problema? De Luca ha detto il vero. La quasi totalità del territorio campano è sicura e coltivabile. Gli studi ufficiali lo confermano. L’idea che tutta la Campania sia contaminata è una favola mediatica. Ma per Saviano, dire la verità equivale a negare il problema. Perché? Perché la narrazione apocalittica è l’unica cosa che lo interessa.

L’ultima parte dell’articolo è il classico colpo di teatro di Saviano: un appello pubblico a Nicola Cosentino, condannato per legami con la camorra nel settore dei rifiuti. “Lo invito a collaborare con la giustizia, lui più di altri può svelare le responsabilità di politici e di imprese della cui fortuna conosce ogni origine”. Cosentino è già stato processato e condannato. L’articolo di Saviano non è giornalismo. È propaganda. Non cerca la verità: la verità non gli serve.

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