scarti industriali smaltiti abusivamente in terreni e capannoni in disuso

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Operazione dei carabinieri del Noe di Bari e Lecce contro il traffico illecito di rifiuti. Nove persone sono finite ai domiciliari questa mattina, con le accuse a vario titolo del reato di associazione  a delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, impedimento al controllo e  gestione illecita di rifiuti. 34 in tutto gli indagati, tra cui anche soggetti residenti nel Barese.

Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite, nello specifico, nelle province di Bari (un provvedimento eseguito ad Altamura), Taranto, Trani/Barletta, Brindisi, Caserta, Napoli,  Avellino, Cosenza, Matera, Campobasso, Viterbo e Potenza.

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L’ordinanza cautelare emessa dal gip del Tribunale di Lecce fa riferimento ad una serie di condotte illecite che sarebbero state riscontrate nel corso di una complessa attività investigativa, condotta dai  Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Lecce, Bari e Napoli, avviata nel giugno del 2023 e proseguita per diversi mesi, interessando diverse regioni del territorio  nazionale. 

VIDEO: I SITI SOMMERSI DAI RIFIUTI SCOPERTI DAL NOE

L’indagine, condotta con l’ausilio di attività tecniche, quali intercettazioni di conversazioni, video  riprese e pedinamenti, esito di una complessa manovra investigativa, focalizzata a contrastare il  fenomeno dell’abbandono di rifiuti speciali pericolosi e non, avrebbe consentito di accertare a carico  indagati, “che si associavano tra di loro – spiega una nota della Procura di Lecce – plurime attività organizzate finalizzate al traffico illecito  di rifiuti”. Secondo quanto accertato dagli investigatori, gli indagati, “mediante la predisposizione di mendace autorizzazione ambientale che attestava, in capo all’impresa EKO srl di Onano (VT), la disponibilità di un impianto autorizzato  al trattamento dei rifiuti nonché per il tramite dell’utilizzo di formulari recanti indicazioni mendaci  in ordine al luogo di conferimento per il successivo recupero”, avrebbero in realtà effettuato “molteplici operazioni  illecite di movimentazione di ingenti quantità di rifiuti industriali”, provenienti dalla Puglia e  Campania e dirette per l’illecito smaltimento nella stessa Puglia, Calabria, Campania e Basilicata  (segnatamente in località ricadenti nelle province di Taranto, Cosenza, Avellino e Matera), che sarebbero stati smaltiti o previo sversamento sul suolo o abbandonati all’interno di capannoni in disuso.  

Dall’analisi delle modalità di tali sversamenti, gli investigatori del NOE, coordinati dalla DDA  leccese, hanno focalizzato l’attenzione su “una ben strutturata organizzazione criminale”, dedita allo smaltimento di rifiuti speciali di origine campana. Infatti, sin dall’inizio delle investigazioni, sarebbe stato accertato che i rifiuti speciali, “organizzati in balle reggiate, composte prevalentemente da scarti provenienti dal trattamento dei rifiuti speciali/industriali e frazione indifferenziata di RSU, nonché scarti tessili, dopo essere stati raccolti e trasportati, invece di essere conferiti in siti di smaltimento e/o recupero autorizzati, al fine di conseguire un ingiusto profitto,  rappresentato dal risparmio di spesa, derivante dalla mancata attivazione delle corrette procedure  di gestione dei rifiuti prescritte dalla legge, venivano, dopo essere stati prelevati dai luoghi di  produzione, trasportati e smaltiti abusivamente presso terrenti ovvero in capannoni abbandonati,  così realizzando una vera e propria filiera del commercio illecito di rifiuti che ricomprendeva la  fase di consegna,  ricezione nonché intermediazione, trasporto e smaltimento abusivo”. I siti in cui sono stati rinvenuti i rifiuti oggetto dello smaltimento illecito sono stati individuati a  Villapiana (CS), Cassano allo Ionio (CS), Ferrandina (MT), Pulsano (TA). 

Le indagini effettuate hanno permesso di analizzare i meccanismi illeciti di tali traffici, che si sarebbero realizzati “secondo procedure collaudate, fondate sulla classificazione fittizia dei rifiuti da parte degli  impianti di produzione, con redazione di falsa documentazione indicante siti di destino inesistenti,  che consentisse di giustificare il trasporto dei rifiuti ed il successivo illecito abbandono in siti  abusivi, di volta in volta individuati. La vicinanza con la Campania, principale area di provenienza  dei rifiuti, e la vastità e l’orografia del territorio pugliese hanno contribuito notevolmente al  perpetrarsi di tali traffici illeciti”.   Le aree interessate, alcune di particolare pregio naturalistico, affacciate su strade comunali e  provinciali a ridosso delle aree rurali più isolate, sono divenute autentiche discariche abusive a  cielo aperto, ove i rifiuti una volta scaricati, in alcune circostanze venivano dati alle fiamme, rendendo l’aria irrespirabile. 

L’attività criminale avrebbe consentito agli indagati di introitare un illecito profitto pari all’incirca a un milione di euro, somma di denaro di cui è stato disposto il sequestro per equivalente. 

Nel corso della citata operazione, sono state inoltre sequestrate tre società di trattamento/recupero  rifiuti di Giugliano (NA), Onano (VT), San Martino Valle Caudina (AV), tre capannoni  industriali, a Pulsano (TA) e Cassano allo Ionio (CS), due terreni agricoli a Villapiana (CS), 25 automezzi (rimorchio e motrice). 

L’applicazione della misura cautelare per gli indagati, autisti, organizzatori dei trasporti,  intermediari e gestori formali e di fatto delle società responsabili, è finalizzata, spiegano gli investigatori, “ad impedire il  reiterarsi dell’attività criminale, attraverso ulteriori illeciti abbandoni di rifiuti e ad evitare  l’alterazione delle fonti di prova attraverso la predisposizione di documentazione volta a  dimostrare il preteso regolare smaltimento dei rifiuti”.     

 

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