Roma, 6 febbraio 2025 – La seconda amministrazione Trump prosegue a pieno ritmo il piano di politiche protezionistiche. Sabato scorso il presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo per imporre dazi del 25% sui prodotti provenienti da Canada e Messico e del 10% sulle importazioni cinesi, a partire da martedì. Al centro delle due grandi potenze mondiali, Cina e Stati Uniti, l’Unione europea scongiura importanti ricadute economiche. E teme il tracollo dei settori di maggiore esportazione; in prima linea l’automotive. Se i dazi statunitensi al 25% fossero applicati anche verso l’Europa, le industrie automobilistiche tedesca e italiana sarebbero le più esposte, subendo una flessione in termini di export rispettivamente del 7,1% e del 6,6%. Secondo uno studio di Oxford Economics, ‘Driving into uncertainty: How Trump’s tariffs could derail Europe’s automotive powerhouse’, le tariffe trumpiane avrebbero un effetto immediato sulla produzione automotive europea, già protagonista di una marcata crisi industriale.
Automotive, calo di export e produzione per l’Ue un duro colpo
In Europa, le imprese tedesche e italiane sarebbero le più vulnerabili ai dazi per via di una maggiore dipendenza con gli Stati Uniti rispetto agli altri paesi europei. Verso gli Stati Uniti arriva, infatti, il 24% dell’export automobilistico tedesco e il 30% italiano, rispetto solo al 6% e al 5% delle controparti spagnole e francesi. Secondo le stime di Oxford Economics, in Germania e Italia il valore aggiunto lordo (Val) diminuirebbe del 5,3% e del 4,7%. Un calo dell’export e della produzione automobilistica nei due paesi rappresenterebbe un duro colpo in termini economici e occupazionali. Il settore automotive in Europa e in particolare, Italia e Germania, non solo sostiene milioni di posti di lavoro, ma contribuisce anche a gran parte del Pil. Sono 13,8 milioni i posti di lavoro nel settore automotive in Europa. Nel 2023, le imprese automotive europee hanno esportato negli Stati Uniti veicoli e componenti per un valore di 56 miliardi di euro, pari al 20% del valore totale dell’export europeo di auto. Più nel dettaglio, la Germania esporta verso gli Stati Uniti macchine più grandi, di lusso e più richieste su quel mercato, e per questo sarebbe maggiormente colpita dai dazi americani. Gli Stati Uniti sono una delle primissime destinazioni dell’export di automobili prodotte in Europa, una dipendenza che getta oggi il settore auto europeo in una condizione altamente vulnerabile davanti alle minacce tariffarie della seconda amministrazione Trump.
La dipendenza asimmetrica tra Usa e Ue
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dal canto suo, ipotizza tariffe sui prodotti americani e intese con paesi terzi, a cominciare da quelli messi nel mirino da Washington, forte spinta al Made in Europe. Se l’Europa reagisse alle politiche protezionistiche degli Stati Uniti con una tariffa speculare del 25% sull’export statunitense dell’automotive, quale scenario si prospetterebbe? Eventuali dazi imposti dal Vecchio Continente rappresenterebbero un aumento del 15% rispetto alla tariffa attuale del 10%. Secondo Oxford Economics, l’export dell’automotive proveniente dagli Stati Uniti diminuirebbe del 3,1%. Tuttavia, a differenza dell’impatto che subirebbe l’Unione europea, sull’industria automobilistica statunitense – nel suo complesso – non si scatenerebbe un grande contraccolpo e il valore aggiunto lordo del settore aumenterebbe nonostante le ritorsioni. Gli Stati Uniti hanno mercati diversificati e l’export di vetture verso l’Europa “è molto inferiore, per cui in realtà siamo asimmetrici”, spiega l’avvocato Marco Padovan, esperto di International Trade Compliance e a capo dell’omonimo studio legale. Verso l’Europa arriva solo il 2% della produzione automobilistica totale degli Stati Uniti. Quindi, la dipendenza degli Stati Uniti verso l’Europa è decisamente limitata. Al contrario, l’Ue resta molto più dipendente dalla domanda statunitense. Questo rappresenta un’asimmetria in termini di vulnerabilità commerciali tra i due continenti.
Effetti dazi Usa: in Europa la posta in gioco è alta
Trump lamenta con l’Ue un deficit di “350 miliardi di dollari”. Il disavanzo commerciale di beni e materie prime si aggira sui circa 250 miliardi di dollari e sui servizi di circa 100 miliardi di dollari per quanto riguarda l’Unione europea, segnala l’avvocato Padovan. Trump spinge per “comprare di più dagli Stati Uniti, perché comprando molto meno ipotizza di trasferire ricchezza, portando il sistema produttivo americano in sofferenza. Questo è quello che lui dice” sottolinea Padovan. Il messaggio di Trump alle aziende è chiaro: produrre e comprare in America. Nello specifico per l’Italia si ha uno squilibrio simile. Sui beni e materie prime di fatto l’Italia esporta verso gli Stati Uniti “più o meno 67 miliardi di euro e importa più o meno 25 miliardi di euro, quindi il disavanzo commerciale è di una quarantina di miliardi” aggiunge. Trump al World Economic Forum di Davos segnala che l’Europa dovrà pagare i dazi, “quei soldi serviranno per abbassare il debito pubblico Usa”. La combinazione tra la riduzione della domanda dell’export, l’aumento dei costi di produzione e la contrazione dei margini di profitto provocherebbe una tempesta importante sull’industria automotive europea. La posta in gioco è alta, non solo per i produttori di automobili, ma per l’economia in generale.
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