Dopo 29 anni comincia il processo per l’omicidio di Nada Cella

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Giovedì inizia a Genova il processo per l’omicidio nel 1996 di Nada Cella, una donna di 24 anni, uccisa nello studio di commercialista dove lavorava a Chiavari, in Liguria. Anna Lucia Cecere, un’ex insegnante che all’epoca aveva 28 anni, è accusata di omicidio volontario aggravato, e sono imputati anche Marco Soracco, commercialista dello studio in cui lavorava Cella, e la madre di lui, Marisa Bacchioni: i due sono accusati di favoreggiamento e falsa testimonianza.

Nada Cella fu trovata in fin di vita la mattina del 6 maggio 1996 da Soracco nel suo studio a Chiavari, in provincia di Genova, dove lavorava come segretaria. Nella stanza c’era molto sangue, ma Cella si muoveva ancora e fu portata in ospedale. Inizialmente si pensò che avesse avuto un malore e fosse caduta: la madre di Soracco disse di aver pensato a un ictus. Solo in ospedale i medici si accorsero che Cella era stata colpita ripetutamente alla testa con un oggetto, mai ritrovato: nel frattempo però la stanza dell’omicidio non era stata trattata come la scena di un crimine, ed era stata pulita da Bacchioni, assieme al ballatoio e alla scala accanto.

Le indagini si focalizzarono inizialmente su Soracco, che venne interrogato più volte e la sua casa perquisita. Gli inquirenti però non raccolsero abbastanza elementi per un rinvio a giudizio, e il commercialista fu prosciolto nel 1998. La pista al centro del processo di oggi durante le prime indagini invece fu rapidamente accantonata: quella su Anna Lucia Cecere, che secondo le tesi attuali della procura era innamorata del commercialista e gelosa di Cella, e che il 6 maggio 1996 l’avrebbe affrontata e uccisa.

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Cecere e Soracco si erano conosciuti a un corso di ballo e si erano poi rivisti qualche volta in discoteca. Secondo l’accusa Cecere vedeva Cella come una rivale e ambiva al suo posto, ma la natura del loro rapporto con Soracco non è chiara: il commercialista disse che era una semplice conoscente. Qualche mese dopo l’omicidio comunque la donna si trasferì in provincia di Cuneo, in Piemonte.

– Ascolta Indagini: L’omicidio di Nada Cella e la visione a tunnel

Le indagini furono riaperte nel 2021, grazie alle ricerche di una genetista dell’università di Bari, Antonella Delfino Pesce. La ricercatrice aveva iniziato a studiare il caso, preso come esempio di cold case (cioè un vecchio caso irrisolto), frequentando a Genova un master in criminologia, e aveva raccolto una grande mole di documenti e testimonianze.

Studiando oltre 13mila pagine di interrogatori e testimonianze, ricostruì le indagini sull’omicidio, fra cui vari elementi inizialmente poco considerati dagli inquirenti. Fra questi la testimonianza di due persone che la mattina del 6 maggio 1996 avevano visto una donna somigliante a Cecere uscire dal palazzo di via Marsala, e il ritrovamento in casa sua di cinque bottoni simili a uno trovato nella stanza del delitto, conservato nonostante le pulizie. Negli anni Novanta un confronto fotografico fra i bottoni non venne ritenuto sufficiente, e la pista accantonata. Nel 2021 poi grazie a nuove strumentazioni furono individuati due profili di DNA maschile e femminile su una sedia dell’ufficio e sugli indumenti di Nada Cella, ma non fu trovata una corrispondenza per quei due profili.

Le indagini furono riaperte nel 2021, ma più che delle prove solide riuscirono a mettere insieme soprattutto indizi. Anche per questo inizialmente la richiesta di rinvio a giudizio fu respinta, nel marzo del 2024: secondo la giudice Angela Nutini le accuse non permettevano una «ragionevole previsione di condanna», elemento richiesto dalla legge Cartabia, che ha riformato vari aspetti della giustizia italiana.

La giudice quindi non accolse la richiesta di rinvio a giudizio e prosciolse Cecere, accusata di omicidio volontario aggravato, Soracco e Bacchioni, accusati di averla protetta. La procura presentò un ricorso contro il respingimento, che a novembre è stato accolto dalla Corte d’appello, che ha quindi autorizzato il processo.

Il primo argomento che dovrà essere affrontato è una questione di costituzionalità sollevata dagli avvocati della difesa. Secondo loro il passaggio della legge Cartabia che permette il rinvio a giudizio senza che il giudice esponga le sue motivazioni (come fatto dalla Corte d’appello con Cecere, Soracco e Bacchioni) sarebbe incostituzionale quando annulla un proscioglimento precedente (in questo caso quello voluto dalla giudice Nutini). La Corte d’assise che si occupa del caso dovrà decidere se rinviare la sentenza alla Corte costituzionale: in qual caso il processo sarebbe temporaneamente sospeso.

– Leggi anche: Il rinvio a giudizio di Anna Lucia Cecere, dopo 28 anni

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