Onorevole Lainati…
Non sono più onorevole
Sì, lo so, ma il titolo Le spetta, d’altra parte Lei è stato deputato per quattro legislature consecutive, dalla XIV alla XVII, e cioè dal 2001 al 2018. E’ stato per dieci anni vicepresidente della Commissione parlamentare di Vigilanza sulle Radio-Tv. E’ stato eletto nella legislatura del massimo splendore elettorale di Forza Italia, per capirci il periodo di governo dei cinque anni (2001-2006) e l’anno del 61-0 in Sicilia. Nell’ultima parte della XVII legislatura fu costretto a lasciare Forza Italia, e aderì ad Alleanza Liberalpopolare- Autonomie, entrando così nella maggioranza che sosteneva il governo Renzi. Poi aderì ad Alternativa Popolare di Angelino Alfano.
In estrema sintesi, il quadro è questo
Ma ora vorrei soffermarmi su un episodio che ha a che fare con la elezione di Mattarella nel 2015. Intanto ci aiuta a ricostruire il clima di quegli anni?
Facciamo un salto indietro, torniamo al 2013. Il presidente Napolitano, che aveva concluso il suo settennato e non ci pensava proprio ad accettare una secondo mandato ( a chi gliel’aveva proposto aveva fatto osservare: ma scherziamo, finirei il mandato a 95 anni!), alla fine fu costretto ad accettare.
Costretto?
Il termine non è del tutto appropriato, ma il senso è questo. Le forze politiche non riuscivano a trovare l’accordo sul successore di Napolitano. E ci fu il clamoroso azzoppamento di Prodi: l’assemblea dei grandi elettori del centrosinistra, riuniti nel cinema Capranica, votarono a larghissima maggioranza per il leader dell’Ulivo, ma in Parlamento, poche ore dopo, 101 franchi tiratori nel segreto dell’urna non lo votarono. Ci fu la caccia ai colpevoli, ai traditori, ai mandanti: chi indicava Renzi, chi D’Alema. Ma il dato politico diventò allarmante: il centrosinistra entrò nel panico, nel terrore di rischiare il disfacimento e una lotta interna che non avrebbe portato ad alcun risultato.
Perciò salirono le scale del Quirinale per supplicare Napolitano di sacrificarsi e di accettare di essere rieletto
Proprio così, fu supplicato. Napolitano accettò ma quando pronunciò il discorso davanti alle Camere dopo essere stato rieletto, si tolse molti sassolini dalle scarpe. Fece un discorso di inusitata severità verso i parlamentari, li esortò al senso di responsabilità e a mettersi al lavoro per le riforme, minacciando in qualsiasi momento le dimissioni..
Di quel discorso, vogliamo ricordare un aspetto che francamente è da considerare senza precedenti?
A cosa si riferisce? Di aspetti da sottolineare ce ne sarebbero tanti
Mi riferisco in particolare a uno: più il presidente Napolitano attaccava, criticava, sferzava i parlamentari e più quelli applaudivano, anche calorosamente. Un episodio che ho definito in altro luogo, un caso di inusitato e irripetibile masochismo parlamentare
Eh lo ricordo bene, ma debbo dire sinceramente che non ero tra quelli che applaudivano freneticamente, come dice Lei
Onorevole Lainati, torniamo ora al 2015. Napolitano, passati due anni del secondo mandato ( aveva ormai 90 anni), lascia. E ricomincia la giostra delle trattative tra i partiti. Il contesto politico di quell’anno, ricordiamolo, aveva visto la nascita del cosiddetto Patto del Nazareno, tra Renzi e Berlusconi: un patto, sotto la continua sollecitazione di Napolitano, per fare le riforme e scelte condivise su altre decisioni da prendere. Senonché succede un colpo di scena. Ce lo racconta?
Ci fu la rottura tra Berlusconi e Renzi. Il leader di Forza Italia non faceva mistero delle sue preferenze: voleva al Quirinale Giuliano Amato, su cui anche in altre circostanze aveva riversato la sua preferenza. Renzi nicchiava. Finché il segretario del Pd e presidente del Consiglio una mattina uscì allo scoperto e fece la sua scelta unilaterale: lanciò per il Quirinale il nome di Mattarella. Berlusconi rimase spiazzato e s’infuriò.
C’è un retroscena raccontato dallo stesso Renzi in un suo libro Avanti.
Non so a quel si riferisce, Renzi ha scritto e detto ( oltre che fatto) tante cose…
A fine gennaio 2015 – scrive Renzi nel suo libro- Berlusconi mi chiede un incontro. Quando si siede, accompagnato da Gianni Letta, mi dice: ho fatto un accordo con la minoranza del Pd, con D’Alema sul nome di Giuliano Amato per il Quirinale. Renzi osserva: Amato è una personalità di alto livello, ma è difficile da far accettare dai gruppi parlamentari ( del centrosnistra), sempre pronti a esercitare l’arte del franco tiratore.
D’Alema smentisce: non ho fatto nessun accordo con Berlusconi. Abbiamo detto che siamo ugualmente disponibili a votare Amato o Mattarella. Dopodichè D’Alema osserva con qualche maliziosa perfidia: Ha fatto male Berlusconi a nominare D’Alema in presenza di Renzi, ha sottovalutato la reazione psicotica che ci sarebbe stata’’. Psicotica? Non dimentichiamo che Renzi aveva quasi l’ossessione di D’Alema e il termine rottamazione in un certo senso fu pensato proprio contro di lui. Ma si rottamano i frigoriferi, onorevole Renzi, non le persone. Papa Francesco spesso ha denunciato la ‘’cultura dello scarto’’.
Veniamo allora alle elezioni che portarono Mattarella al Quirinale per la prima volta
Naturalmente Berlusconi diede indicazione di non votarlo, ma di astenersi
Lei come votò? ormai lo può dire, sono passati 10 anni
Non ho nessuna difficoltà a dirlo: non seguii le indicazioni di Berlusconi e votai Mattarella. Credo che un Grande Elettore chiamato a scegliere il Capo dello Stato non possa e non debba astenersi in una votazione così importante per il Paese, ma debba prendersi le sue responsabilità. Lo votai per l’immagine di equilibrio e distacco che lo aveva sempre caratterizzato ( era giudice costituzionale), anche se era un esponente della sinistra Dc. Le racconto una curiosità: prima di entrare in aula per esprimere il mio voto ricordo che incontrai Giovanni Grasso, un collega che conoscevo da anni ( è l’ attuale portavoce del Presidente, NdR). Mi disse: Come fai a non votare Mattarella? Ma io avevo già maturato la mia decisione. Anche se l’allora capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, collocatosi quasi a ridosso delle cabine elettorali, schermate da una tenda, esercitava una sorta di vigilanza per calcolare i tempi di permanenza dei Grandi Elettori del suo partito nelle cabine elettorali. Per capirci, se per votare scheda bianca ci volevano pochi secondi in quanto bastava piegare la scheda e consegnarla, per scrivere un nome occorreva un po’ di tempo in più.
Ha avuto occasione di pensare a quella scelta, le è venuto qualche dubbio?
Nessun dubbio, anzi mi sono rafforzato nella convinzione di aver fatto bene. Specialmente guardando negli anni a come Mattarella ha esercitato ed esercita il suo mandato, anzi i suoi mandati: con un altissimo senso delle istituzioni, con equilibrio e discrezione, preoccupato sempre che ci sia tra i vari poteri dello Stato armonia e non conflitto. E pensando a come ha gestito crisi, passaggi di fase politica evitando traumi alla Repubblica.
Una curiosità, se ce la può dire. Berlusconi voleva fortissimamente Giuliano Amato o su Mattarella aveva qualche perplessità o diciamo pure qualche vecchia ruggine?
Berlusconi era un generoso non un tipo vendicativo. Sì riferisce al fatto che Mattarella era stato uno dei cinque ministri della sinistra democristiana che si dimise per protesta contro la legge Mammì?
Esattamente, quando si dimisero oltre a Mattarella, Misasi, Mannino, Martinazzoli e Fracanzani. Ma Andreotti sorprese tutti, sostituendo i cinque ministri in 24 ore. Era chiaro chi c’era dietro quella manovra: De Mita, che aveva sempre detestato Berlusconi. Ma la legge Mammì non era un favore a Berlusconi, era una riforma del sistema radiotelevisivo, la prima delle tre riforme del settore, poi seguirono la legge Maccanico e la Legge Gasparri. Quindi esclude che il non voto di Berlusconi a Mattarella fosse legato a quella vicenda ?
Ma quella storia risaliva al 1990 ed erano passati 25 anni. Berlusconi, ribadisco, non era vendicativo. C’era secondo me più disappunto contro Renzi che senza consultarlo l’aveva messo davanti al fatto compiuto scegliendo Mattarella.
E infatti si ruppe pure il Patto del Nazareno
Certo, in politica gli atti e le decisioni comportano quasi sempre conseguenze.
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