Il bilanciamento tra il diritto di accesso c.d. difensivo e la tutela dei segreti commerciali: la rimessione della questione alla CGUE

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Nell’ambito del diritto dell’Unione europea, il confronto tra accesso difensivo e tutela del segreto commerciale non si esaurisce nel rapporto tra diritto della persona (accesso difensivo) e libertà economica (tutela dei segreti commerciali) in quanto vengono in evidenza anche profili non economici afferenti alla tutela dei segreti commerciali. 
 
Va, pertanto, rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale sulla necessità di bilanciamento tra il diritto di accesso c.d. difensivo e la tutela dei segreti commerciali.
 
PREMESSA

All’insieme delle pronunce giurisprudenziali che negli ultimi mesi si sono occupate, come era prevedibile in numero sempre crescente, della disciplina dell’accesso agli atti delineata dagli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 36/2023, si affianca e merita certamente menzione – per la rilevanza degli effetti che potrebbe produrre in fase di applicazione di tale disciplina (benché emarginata in relazione a fattispecie soggetta alla previgente disciplina codicistica) – l’ordinanza della Sezione V del Consiglio di Stato n. 8278 del 15.10.2024, con cui è stata rimessa alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale: <<se l’art. 39, direttiva 2014/25/UE – da cui si desume, così come dall’art. 28 direttiva 2014/23/UE e dall’art. 21 direttiva 2014/24/UE, che il conflitto tra diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto alla tutela dei segreti commerciali è risolto mediante un bilanciamento che non attribuisce necessaria prevalenza al primo – osti alla disciplina nazionale contenuta nell’art.53 comma 6, d.lgs. n.50/2016, che dispone di esibire la documentazione contenente segreti tecnici o commerciali nel caso di accesso preordinato alla tutela giurisdizionale, senza prevedere forme di bilanciamento che tengano conto delle esigenze di tutela dei segreti tecnici o commerciali>>.

Nello specifico, i Giudici di Palazzo Spada dubitano della compatibilità con il diritto dell’Unione europea della previsione del diritto nazionale (i.e., dell’art. 53, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016[1] – applicabile ratione temporis alla fattispecie esaminata – il cui contenuto è ora riprodotto sostanzialmente nell’ art. 35, comma 5, del d.lgs.n.36/2023[2]) e dell’applicazione che di essa è fornita dalla giurisprudenza domestica per cui l’accesso difensivo, ove venga comprovata “l’indispensabilità” della documentazione richiesta ai dichiarati fini di tutela giurisdizionale, prevale sempre sui segreti commerciali.  

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La questione assume particolare rilievo in quanto, come è noto, la giurisprudenza nazionale, in tutte le occasioni in cui è chiamata a vagliare, nella materia dei contratti pubblici, le condizioni di operatività del c.d. accesso difensivo, circoscrive la propria indagine alla verifica della sussistenza (con onere della prova a carico del soggetto istante) di un nesso tra le rappresentate esigenze difensive e la documentazione richiesta, in termini di stretta indispensabilità di quest’ultima per il soddisfacimento delle prime (cfr. ad es., Cons. St., Sez. V, 24.1.2023, n. 787; Cons. St. Sez. V, 14.3.2023, n. 2671), ma non si preoccupa di operare un bilanciamento tra tutela dei segreti commerciali e diritto alla tutela giurisdizionale, una volta che siano comprovati entrambi.
  
IL FATTO

La controversia all’esame dei Giudici della Sezione V del Consiglio di Stato riguardava una gara di appalto nei settori speciali di importo significativo (55 milioni di euro a base d’asta).
L’operatore secondo classificato impugnava il provvedimento di aggiudicazione e formulava contestualmente istanza di accesso ex art. 116 comma 2, c.p.a., domandando l’annullamento del diniego parziale di accesso ai documenti di gara opposto dalla stazione appaltante.

Il TAR adito accoglieva in parte l’istanza di accesso e, per l’effetto, ordinava l’esibizione dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria e dei curricula dei professionisti indicati in tale offerta, mentre non ordinava l’esibizione della documentazione non ricompresa nell’offerta tecnica.   

Tale decisione veniva appellata dall’aggiudicataria e, con ordinanza n. 5617/2024, il Consiglio di Stato (Sez. V) respingeva in parte l’appello con riferimento all’accesso ai curricula vitae, che dunque restava definitivamente ammesso, mentre con riferimento al diverso profilo dell’esibizione dell’offerta tecnica (parimenti ordinata dal Tar con l’ordinanza gravata), riteneva la causa non matura per la decisione.

Il Collegio evidenziava, infatti, al riguardo come il tema rilevante fosse quello della valutazione della presenza all’interno dell’offerta tecnica presentata dalla parte appellante/aggiudicataria nella gara controversa, di segreti tecnici commerciali o industriali e delle conseguenze che derivano dalla sussistenza degli stessi in punto di bilanciamento tra il divieto sancito all’art. 21 par. 1 della direttiva 2014/24/UE[3], in combinato disposto con il considerando 51[4] di quest’ultima, di divulgare le informazioni riservate comunicate dagli operatori economici e le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e di rispetto del diritto di difesa.

Nell’ambito del generale potere acquisitivo degli atti ritenuti indispensabili ai fini del decidere, riconosciuto al Giudice (64, comma 3 c.p.a.) anche in grado di appello quando ciò non sia avvenuto in primo grado (art. 104, comma 2 c.p.a.), il Consiglio di Stato ordinava, quindi, il deposito dell’offerta integrale dell’aggiudicataria/appellante allo scopo di poterne esaminare il contenuto in camera di consiglio, senza la visione delle parti e di decidere in merito all’accesso, confrontando l’offerta in versione integrale con i punteggi attribuiti ad essa per le varie voci.

È noto, infatti, che, con specifico riferimento al rito per l’accesso, il giudice “deve procedere a un esame completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti” al fine di scrutinare la valutazione effettuata dall’Amministrazione (CGUE, Grande Sezione, 7 settembre 2021, C927/19) e deve “necessariamente poter disporre delle informazioni necessarie, ivi comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali, per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa” (CGUE, Grande Sezione, 7 settembre 2021, C927/19).
Ad esito dell’udienza camerale fissata per la delibazione della domanda di accesso, la causa veniva trattenuta in decisione.
 
LE CONSIDERAZIONI DEL CONSIGLIO DI STATO…

La Sezione V del Consiglio di Stato, partendo dalla premessa che la materia del contendere dovesse essere circoscritta all’ostensibilitá o meno dell’offerta aggiudicataria nella sua integralità e affidandosi a una tecnica redazionale insolita, esclusivamente funzionale alla formulazione del quesito da sottoporre alla Corte di Giustizia, ha illustrato singulatim i vari passaggi e le ragioni del percorso argomentativo che lo avrebbero condotto a tale esito.  

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In linea con il carattere prettamente divulgativo della presente rivista e senza perció soffermarsi in un’analisi di dettaglio degli istituti e dei concetti richiamati dalla pronuncia in commento, si osserva – in sintesi – come il Collegio:

– nella ricostruzione in fatto, ha evidenziato come la P.a. aveva trasmesso alla seconda classificata l’offerta tecnica dell’aggiudicataria, oscurando le parti contenenti i segreti tecnici e commerciali e tutelando in tal modo le informazioni qualificate come segrete;

–  ha riconosciuto l’astratta configurabilità in capo alla seconda classificata dell’interesse all’accesso all’offerta tecnica integrale dell’aggiudicataria (“per stabilire se il punteggio dato ad una soluzione tecnica è legittimo occorre conoscere la soluzione tecnica”) e la sussistenza ex ante di un nesso di necessaria strumentalità fra accesso e diritto di difesa in giudizio;

– ha, dunque, precisato che, in una simile situazione, il diritto nazionale italiano (i.e. l’art. 53, comma 6, del d.lgs. n.50/2016) imporrebbe l’ostensione dell’offerta tecnica nella sua integralità a discapito della tutela dei segreti tecnici o commerciali (cfr. Ad. Plen. 2.4.2020, n. 10);      

– ha in particolare osservato, in ordine a tale ultimo profilo, che:

I) l’“accesso difensivo” prevale sulla tutela dei segreti tecnici o commerciali ai sensi dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 e, ora, ai sensi dell’art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 36/2023 “se indispensabile ai fini della difesa in giudizio”;
II) né l’art. 53, comma 6 cit. (cfr. ora l’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 36/2023), né la giurisprudenza nazionale, chiamata ad applicarlo, procedono ad un bilanciamento tra tutela dei segreti commerciali e diritto alla tutela giurisdizionale qualora siano entrambi comprovati; tanto è vero che la richiesta di esibizione dell’offerta integrale al giudice per la sua visione in camera di consiglio è raramente utilizzata dal giudice nazionale perché, dovendo comunque prevalere l’esigenza difensiva (se comprovata), non è rilevante accertare la sussistenza di segreti commerciali;
III) la regola contenuta nell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 (ora, nell’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 36/2023) è conforme alla Costituzione, la quale prevede una gerarchia tra i molteplici diritti da essa tutelati, dando prevalenza ai diritti inviolabili dell’uomo (Corte cost., 7.6.2019, n. 141), con la conseguenza che la libertà di iniziativa economica ha una tutela condizionata alla non compromissione di altri valori (art. 42 Cost.), fra i quali i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’art. 2 Cost., nel cui novero rientra il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.).
Da ciò discende che le leggi ordinarie che si occupano del possibile conflitto tra diritto alla tutela giurisdizionale e tutela dell’impresa danno senz’altro prevalenza al primo, senza prevedere altre forme di bilanciamento (in tal senso dispone – secondo il Collegio – anche l’art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, che pur non rilevando in via diretta nella fattispecie assume valore sistematico).
 
… E LA DECISIONE SULLA CONFIGURABILITÀ DELL’OBBLIGO DI RINVIO PREGIUDIZIALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA.

Fermi i predetti rilievi, la Sezione V del Consiglio di Stato ha affermato di dubitare, comunque, che la disciplina contenuta nell’art. 53 comma 6, d.lgs. n. 50/2016 costituisca puntuale recepimento del diritto euro-unitario e, in particolare, che essa sia compatibile con il dettato dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE (di contenuto pressoché analogo all’art. 28 della direttiva 2014/23/UE e all’art. 21 della direttiva 2014/24/UE) il quale al par.1 fissa la regola generale per cui <<Salvo che non sia altrimenti previsto nella presente direttiva o nella legislazione nazionale cui è soggetto l’ente aggiudicatore, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazionil’Ente aggiudicatore non rileva informazionicomunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici e commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte>>. Osserva il Collegio che, ai sensi degli artt. 21[5], 50[6] e 55[7] della direttiva 2014/24/UE, l’amministrazione aggiudicatrice “non deve, in linea di principio comunicare” le informazioni oggetto di segreti commerciali e precisa che l’espressione “in linea di principio” evidenzia l’esigenza di bilanciamento tra tutela del segreto commerciale e altri valori, quale il diritto di difesa.  

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Richiama, quindi, la posizione espressa sul punto dalla Corte di Giustizia, secondo cui il principio della tutela dei segreti commerciali “deve essere attuato in modo da conciliarlo con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale” e con il principio generale del diritto dell’Unione relativo ad una buona amministrazione, fermo restando – sul piano processuale – che il principio del contraddittorio “non implica che le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto”, sicché esso può essere “bilanciato con altri diritti ed interessi” (CGUE, Grande Sezione, 7.9.2021, C927/19).

Il dubbio che la Sezione si pone attiene all’interpretazione del citato art. 39 in relazione alla regola generale del divieto di divulgazione di segreti commerciali e riguarda la portata derogatoria della previsione, ovvero se la clausola di salvezza contenuta nella sua prima parte (“Salvo che non sia altrimenti previsto …”) consenta al Legislatore nazionale di prevedere che l’accesso difensivo prevalga sempre sui segreti commerciali, oppure se permetta di derogare al divieto di divulgazione di tali segreti soltanto mediante modalità di bilanciamento che tengano conto anche di questi ultimi.

Il Collegio non si mostra persuaso della prima soluzione in ragione del fatto che parrebbe maggiormente coerente con gli obiettivi della direttiva 2014/25/UE il riconoscimento di un margine di apprezzamento alle amministrazioni aggiudicatrici e ai giudici nazionali che consenta loro di attivare meccanismi di bilanciamento finalizzati “a preservare le finalità concorrenziali alle quali sono preordinate alle gare pubbliche”.
Dalle direttive che disciplinano il settore degli appalti e delle concessioni pubbliche (2024/23/UE, 2024/24/UE e 2014/25/UE, recepite con il d.lgs. n. 50/2016 e, in prosieguo, con il d.lgs. n. 36/2023) emerge, infatti, – sottolinea la Sezione V – che:

“- l’obiettivo principale delle stesse consiste nell’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri (CGUE, sez. X, 7 dicembre, C-441/22);
-per raggiungere tale obiettivo, è necessario che le amministrazioni “non divulghino informazioni” relative a gare, il cui “contenuto potrebbe essere utilizzato per falsare la concorrenza” (Grande Sezione, § 115) in quanto l’effetto utile delle stesse sarebbe gravemente compromesso se in occasione di un ricorso, il complesso delle informazioni concernenti la gara “dovesse indiscriminatamente essere messo a disposizione dell’autore di tale ricorso” o degli intervenienti (CGUE, sez. III, 14 febbraio 2008, C450/06, §39).”

Ne deriva, pertanto, che la divulgazione di segreti commerciali rischierebbe di compromettere il raggiungimento dell’obiettivo di apertura alla concorrenza delle direttive appalti e l’effetto utile delle stesse.
Sempre dall’ordinamento dell’Unione europea perviene, ad avviso del Collegio, un’altra prospettiva di analisi, determinate ai fini della prospettazione del dubbio di conformità con il diritto unionale qui in esame.
Considerato, infatti, che l’art. 3 TUE riconosce la natura sociale del mercato interno e della politica europea sulla concorrenza, tutelare i principi del mercato significa anche “creare le condizioni per la tutela della persona” con la conseguenza che il contemperamento dell’accesso difensivo vede quale termine di paragone una nozione di mercato interno non solo quale spazio (concorrenziale) di esercizio delle libertà economiche, ma anche quale luogo di perseguimento di obiettivi sociali.

Pertanto – e in ciò si sostanzia la ragione fondante del quesito alla CGUE – “il confronto tra accesso difensivo e tutela del segreto commerciale, nell’ambito dell’Unione europea, non si esaurisce nel rapporto tra diritto della persona (accesso difensivo) e libertà economica (tutela dei segreti commerciali) in quanto vengono in evidenza anche profili non economici afferenti alla tutela dei segreti commerciali.”  

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In conclusione, l’art. 39 della direttiva 2014/25/UE, inquadrato nell’ambito del contesto euro-unitario sopra descritto, nel quale il conflitto tra il diritto alla tutela giurisdizionale e il diritto alla tutela dei segreti commerciali è risolto mediante un bilanciamento che non attribuisce necessaria prevalenza al primo, giustifica, ad avviso del Collegio, l’insorgere di un dubbio di conformità della regola posta dall’art. 53, comma 6, d.lgs. n.50/2016, che attribuisce prevalenza all’accesso difensivo, senza ricercare forme di bilanciamento che tengano conto delle ragioni sottese alla tutela dei segreti commerciali.
Da qui la formulazione del suindicato quesito e la rilevanza della questione che giustifica il rinvio alla Corte del Lussemburgo, in quanto se si applicasse l’art. 53, comma 6 del d.lgs. n.50/2016 occorrerebbe senz’altro ordinare l’accesso all’offerta tecnica nella sua integralità; ove, invece, tale previsione risultasse non conforme al diritto unionale il Collegio potrebbe operare un bilanciamento tra diritto di difesa e tutela del segreto commerciale.
 
UNA BREVE CONSIDERAZIONE FINALE

Nell’ambito della pronuncia esaminata, la Sezione V del Consiglio di Stato ha avuto cura di evidenziare che dal 1° gennaio 2024 è vigente una previsione, non applicabile alla controversia ratione temporis¸ vale a dire l’art. 36 del d.lgs. n. 36/2023, che disciplina uno speciale rito processuale accelerato in materia di accesso agli atti di gara, applicabile anche laddove si controverta dell’oscuramento o mancato oscuramento delle parti dell’offerta contenenti segreti commerciali.

A parte l’accelerazione processale, secondo il Collegio tale nuova disciplina non modifica, tuttavia, la regola di (non) bilanciamento esposta. Per converso, prevede possibili sanzioni da parte dell’ANAC a carico dell’operatore economico che sia destinatario di reiterati rigetti delle sue istanze di oscuramento dell’offerta.
Tale ultima previsione costituisce – sempre secondo il Collegio- ulteriore riprova del marcato favor della legge italiana per l’accesso difensivo a scapito della tutela del segreto commerciale.
Quanto detto mette in evidenza i possibili effetti che una pronuncia di non conformità con il diritto dell’Unione europea dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 potrà produrre anche in fase di applicazione dell’analoga previsione racchiusa nell’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 36/2023.

In tale evenienza, potrebbero peraltro ipotizzarsi alcune problematiche applicative rispetto al rito di cui all’art. 36 commi 4 e 7, per il vero già oggi riscontrabili seppur in misura meno ampia.
Come è noto, l’art. 36, comma 3, stabilisce che la stazione appaltante deve indicare, nella comunicazione di aggiudicazione inviata a tutti i partecipanti alla gara non definitivamente esclusi, la propria decisione sulle richieste di oscuramento relative alle offerte presentate dai primi cinque offerenti in gara.
Per questi ultimi, alla luce del combinato disposto dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 36, viene eliminato il contraddittorio procedimentale e, dunque, il procedimento amministrativo finalizzato, da un lato, ad accertare l’effettiva sussistenza dei “segreti” e, dall’altro, l’indispensabilità dell’ostensione delle parti dell’offerta per la tutela degli interessi giuridici relativi alla procedura di gara.

Ciò comporterebbe la sostanziale traslazione davanti al giudice amministrativo del potere – dovere di valutare, per la prima volta e in contraddittorio, la sussistenza dei presupposti per l’ostensibilità delle parti oscurate, e, quindi, in particolare, dell’indispensabilità delle stesse per la tutela della posizione del richiedente e, in ultima istanza, nell’ipotesi attesa dall’ordinanza in commento, il compito del G.A. di operare per la prima volta il bilanciamento tra diritto alla tutela giurisdizionale e diritto alla tutela dei segreti commerciali ove vengano entrambi comprovati (in sede giudiziale).

Sennonché, non avendo la stazione appaltante mai esaminato le pretese del richiedente l’accesso integrale, il dubbio che potrebbe sorgere, in considerazione del disposto dell’articolo 34, comma 2, c.p.a., riguarda la configurabilità del potere del G.A. di decidere per la prima volta sul punto, venendo in gioco una valutazione discrezionale implicante un bilanciamento di interessi.

NOTE

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[1] Art. 53, comma 6: <<in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a) è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto>>.
[2] Art. 35, comma 5 <<In relazione all’ipotesi di cui al comma 4, lettere a) e b) numero 3), è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara>>.
[3] Art. 21, comma 1: “Salvo che non sia altrimenti previsto nella presente direttiva o nella legislazione nazionale cui è soggetta l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazioni, e fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti, previsti agli articoli 50 e 55, l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte”.
[4] Considerando 51: “(51) Occorre precisare che le disposizioni riguardanti la protezione delle informazioni riservate non ostano in alcun modo alla diffusione pubblica di parti non riservate dei contratti conclusi, comprese le successive modifiche”.
[5] V. nota 1
[6] Art. 50, comma 4: “4. Talune informazioni relative all’aggiudicazione dell’appalto o alla conclusione dell’accordo quadro possono non essere pubblicate qualora la loro divulgazione ostacoli l’applicazione della legge, sia contraria all’interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici.”
[7] Art. 55, comma 3: “3. Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di non divulgare talune informazioni relative all’aggiudicazione degli appalti, alla conclusione di accordi quadro o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione di cui ai paragrafi 1 e 2, qualora la loro diffusione ostacoli l’applicazione della legge o sia contraria all’interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato, oppure possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici.”



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