Permesso di costruire in sanatoria? Non sempre è valido, dice la Cassazione

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La Corte di Cassazione ha stabilito che la riduzione volumetrica postuma non può sanare un abuso edilizio. La sentenza rafforza i limiti del condono edilizio, bloccando regolarizzazioni tardive di costruzioni illegali.

Il tema del condono edilizio è da sempre al centro di dibattiti giuridici e urbanistici in Italia. Molti cittadini, nel corso degli anni, hanno tentato di regolarizzare immobili costruiti senza permesso attraverso le sanatorie previste dalle diverse leggi di condono. Tuttavia, la possibilità di ottenere un permesso in sanatoria non è assoluta e deve rispettare precisi limiti normativi.

Un recente caso giunto all’attenzione della Corte di Cassazione ha messo in evidenza una problematica cruciale: è possibile apportare modifiche successive a un immobile per rientrare nei parametri previsti dal condono? Oppure le opere abusive devono rispettare i limiti già alla data stabilita dalla legge?

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La sentenza esaminata fornisce una risposta chiara, confermando che la riduzione della volumetria di un immobile abusivo successivamente al termine fissato dalla legge non può rendere legittimo un condono.

Quali sono le implicazioni di questa decisione per altri casi simili? Cosa cambia per chi ha richiesto una sanatoria edilizia? Scopriamolo nel dettaglio.

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La vicenda: dal manufatto abusivo al contenzioso giudiziario

La vicenda ha origine negli anni ‘90, quando viene realizzato un manufatto edilizio senza concessione in un comune della Campania. Nel 1998, il Tribunale condanna il proprietario per abuso edilizio e dispone l’ordine di demolizione dell’edificio. Tuttavia, nel 2004, in seguito all’emanazione della legge n. 326/2003 sul terzo condono edilizio, il proprietario presenta un’istanza di sanatoria con l’obiettivo di regolarizzare la costruzione.

Nel 2017, dopo un lungo iter burocratico, il Comune rilascia un primo permesso di costruire in sanatoria. Tuttavia, successivi accertamenti tecnici rivelano che la volumetria dell’edificio supera il limite massimo di 750 mc previsto dalla normativa sul condono.

Di conseguenza, il Comune revoca il permesso e riattiva l’ordine di demolizione.

Leggi anche: Calcolo volumetria di un edificio: come calcolare i metri cubi

A questo punto, il proprietario avvia una serie di interventi di riduzione della volumetria dell’edificio, demolendo alcune parti della struttura e modificando la configurazione dell’immobile. Nel 2019 presenta una nuova comunicazione di inizio lavori e, nel 2023, completa ulteriori interventi di riduzione della cubatura. Sulla base di queste modifiche, il Comune rilascia un nuovo permesso di costruire in sanatoria nel novembre 2023, considerando ormai l’edificio conforme ai parametri del condono edilizio.

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Il caso si complica ulteriormente a causa del contenzioso amministrativo. Il proprietario, infatti, ricorre al TAR contro la revoca del primo permesso di costruire e l’ordine di demolizione, ottenendo una sentenza favorevole nel 2020. Successivamente, anche il Consiglio di Stato e il TAR del 2023 confermano la possibilità di ottenere il condono, portando il Comune a rilasciare il nuovo permesso.

A questo punto, la questione arriva alla Corte di Cassazione su ricorso del Procuratore della Repubblica, il quale contesta la legittimità del nuovo permesso di costruire in sanatoria.

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La sentenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1234/2025, ha accolto il ricorso del Procuratore della Repubblica, annullando l’ordinanza del Tribunale di Napoli che aveva revocato l’ordine di demolizione dell’immobile abusivo. Il punto centrale della decisione è che il permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune di Giugliano non poteva essere considerato valido, poiché ottenuto sulla base di interventi edilizi effettuati dopo il termine ultimo fissato dalla legge per il condono.

La Corte ha ribadito che la volumetria di un edificio abusivo deve essere valutata al momento della scadenza stabilita dalla normativa (in questo caso, il 31 marzo 2003) e che eventuali riduzioni volumetriche successive non possono sanare un abuso che, a quella data, risultava eccedente i limiti consentiti.

Inoltre, ha sottolineato che il calcolo della volumetria deve avvenire secondo i criteri del regolamento edilizio locale, senza possibilità di escludere elementi strutturali per rientrare nei parametri di legge.

Un ulteriore aspetto rilevante riguarda la relazione tra il giudice penale e il giudice amministrativo. La Cassazione ha chiarito che, pur essendo tenuto a rispettare il giudicato amministrativo, il giudice dell’esecuzione ha il potere di verificare se il permesso di costruire in sanatoria sia stato rilasciato sulla base di elementi non veritieri o non valutati in sede amministrativa. Questo principio impedisce che decisioni amministrative errate possano automaticamente annullare gli effetti di una sentenza penale definitiva.

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Infine, la Corte ha disposto il rinvio al Tribunale di Napoli affinché venga effettuata una nuova valutazione sulla legittimità del permesso in sanatoria, tenendo conto di tutti i rilievi emersi nel giudizio di Cassazione. Questo significa che la questione non è ancora definitivamente chiusa, ma è chiaro che la strada per ottenere la revoca dell’ordine di demolizione si è notevolmente complicata per il proprietario dell’immobile.

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Il nodo giuridico: il limite temporale del condono

La questione principale affrontata dalla Corte di Cassazione riguarda la possibilità di ottenere un condono edilizio attraverso modifiche apportate successivamente al termine stabilito dalla legge.

Secondo la normativa vigente, le opere abusive devono possedere i requisiti di sanabilità entro la data fissata dalla legge di condono. Nel caso specifico, il limite era il 31 marzo 2003, stabilito dalla legge n. 326 del 2003. Tuttavia, nel corso degli anni, il proprietario dell’immobile ha effettuato interventi edilizi di riduzione volumetrica ben oltre questa data, cercando di adeguare l’edificio ai limiti previsti per il condono.

La Cassazione ha ribadito un principio già affermato in precedenti sentenze: non è possibile eseguire interventi di demolizione o modifiche strutturali dopo la scadenza del termine legale per rendere sanabile un’opera abusiva. Queste operazioni non possono essere considerate come una regolarizzazione postuma, ma rappresentano un tentativo di eludere le disposizioni normative.

Inoltre, la sentenza ha chiarito che il calcolo della volumetria deve essere effettuato secondo i criteri stabiliti dal regolamento edilizio vigente nel comune di riferimento. Nel caso esaminato, la volumetria reale risultava comunque superiore ai 750 mc consentiti, considerando anche elementi architettonici che il proprietario aveva cercato di escludere dal computo.

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