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Il 2024 si è chiuso con un numero record di prodotti richiamati: ben 641. Il Fatto Alimentare non aveva mai registrato cifre così alte da quando, nel 2017, il Ministero della Salute ha inaugurato il portale dedicato alle allerte alimentari. Questi numeri sono dovuti in gran parte a ondate di richiami, che a partire da un singolo evento accidentale o da un’unica fonte di contaminazione, hanno coinvolto decine di alimenti, in un caso più di cento. Ma quali sono stati i prodotti più richiamati del 2024? E quali le cause più frequenti?
Il caso dei tramezzini
La risposta a entrambe le domande è collegata al maxi richiamo precauzionale di tramezzini, panini e focacce per possibile presenza di Listeria monocytogenes, che all’inizio di luglio ha coinvolto ben 123 prodotti. Panini e tramezzini sono quindi i prodotti più richiamati dello scorso anno, seguiti da salami e salsicce, con 47 referenze oggetto di allerta. Non è una sorpresa. I prodotti a base di carni macinate, così come tartare e hamburger, sono particolarmente a rischio di contaminazione microbiologica.
Al terzo posto troviamo le insalate, che hanno dato luogo a due distinte ondate di richiami, per un totale di 39 prodotti. La prima ha coinvolto 26 marchi di insalate in busta a causa di una contaminazione da Listeria. La seconda ha interessato diverse confezioni di rucola, collegate a un focolaio europeo di salmonellosi. Nel corso dell’anno si sono verificate altre serie di richiami che hanno coinvolto snack provenienti dalle Filippine con un colorante non autorizzato, prodotti da forno, barrette e sostituti vegetali contenenti allergeni non dichiarati in un ingrediente comune, paste di mandorle e biscotti con corpi estranei, uova con Salmonella. A fine anno è scoppiato il caso dei formaggi a latte crudo ritirati per la possibile presenza di Escherichia coli STEC, un trend continuato nelle prime settimane del 2025.
Marchio del distributore e grandi brand
I marchi coinvolti dai richiami sono numerosi e la maggior parte sono poco conosciuti, ma non sono rare le allerte che riguardano prodotti con il marchio del distributore e appartenenti a grandi marchi. L’anno scorso i prodotti con il marchio dei supermercati oggetto di allerta sono stati 93. Al primo posto troviamo Conad (con 17 casi), Penny Market (9) e Lidl (8). Tra i prodotti dei grandi marchi ricordiamo il pollo Aia, i dolci farciti di Bauli, il gelato Nutella, la carne in scatola Simmenthal e il tonno Mareblu, solo per citarne alcuni.
Le cause dei richiami
Dei 641 prodotti richiamati poco meno della metà (ben 294) sono correlati al rischio microbiologico. Come detto sopra, questi numeri sono dovuti in gran parte ai tramezzini segnalati per il possibile rischio Listeria. Seguono la Salmonella, che ha determinato il ritiro di 58 prodotti, e l’Escherichia coli STEC (12).
La seconda causa di richiamo nel 2024 è stata il rischio chimico, che ha interessato un totale di 76 prodotti. In questa categoria, si possono trovare numerosi contaminanti diversi: metalli pesanti, PFAS, biotossine algali, istamina e molto altro. A causare più allerte, però, sono stati i pesticidi, con 29 prodotti ritirati, seguiti dagli alcaloidi (10), sostanze organiche prodotte dai vegetali che spesso hanno effetti psicoattivi sugli esseri umani, e dalla migrazione di sostanze chimiche da utensili da cucina (10).
Un’altra causa di richiamo frequente, che ha interessato 72 prodotti, è stata la presenza di corpi estranei, la maggior parte dei quali rappresentati da frammenti di metallo (ben 55). Numeri simili per gli allergeni non dichiarati, che hanno coinvolto 67 prodotti.
È emergenza richiami?
Un numero così alto di casi può far pensare che siamo nel bel mezzo di un’emergenza. Non è così. In Europa, e in particolare in Italia, l’attenzione verso la sicurezza e la salubrità del cibo è altissima e i controlli, delle istituzioni e delle aziende, sono numerosi. È migliorata anche la comunicazione, sebbene ancora viziata da ritardi, errori e imprecisioni, che Il Fatto Alimentare non manca di segnalare. Solo una decina di anni fa gli avvisi erano un evento raro, perché il Ministero della Salute non li diffondeva e solo le allerte più gravi e quelle che coinvolgevano grandi marchi raggiungevano il grande pubblico.
© Riproduzione riservata Foto: Fotolia
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
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