Danni da infiltrazioni d’acqua: responsabilità tra condominio e condòmino

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Quando una proprietà esclusiva subisce un danneggiamento per la penetrazione di acqua da parti comuni, va valutato anche il concorso di responsabilità. Lo stabilisce anche una recente sentenza.

In forza del disposto dell’articolo 2051 del Codice civile, «ciascuno è responsabile del danno delle cose che ha in custodia salvo che provi il caso fortuito».

La responsabilità configurata dalla norma interessa molto da vicino il condominio per la frequenza di casi che si verificano nella prassi. Il legislatore del 1942 nel dettare le norme in materia di fatti illeciti ha previsto una particolare forma di responsabilità per i danni causati da cose in custodia.

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Il riferimento

La norma di riferimento è l’articolo 2051 del Codice civile, che individua nel custode del bene il soggetto responsabile dei danni da esso causati salvo prova del caso fortuito.

Nel corso del tempo la norma ha formato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali, che ne hanno delineato più chiaramente contenuto e ambito applicativo, affrontando alcuni aspetti sui quali non esisteva univocità di opinioni. Le questioni più dibattute riguardavano in primo luogo le nozioni di custodia, di cosa in custodia e di custode del bene comune.

In secondo luogo, si è discusso circa la qualificazione del titolo della responsabilità (presunzione di colpa o responsabilità oggettiva). Altre questioni controverse hanno riguardato la nozione di caso fortuito nonché l’individuazione dei soggetti che possono definirsi danneggiati e in quale misura il loro comportamento possa concorrere nella causazione del danno. Quanto alla nozione di custodia, bisogna partire da alcuni punti fermi.

Il ruolo del custode

Il primo è che tale nozione non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto, per esempio, per il depositario.

Il secondo aspetto certo è che la figura del custode non coincide sic et simpliciter con quella del proprietario della cosa, dovendosi invece ritenere che il custode vada individuato nel soggetto che, di fatto, detiene il controllo delle modalità d’uso della cosa stessa, in altri termini nel soggetto che ha il governo della cosa (Cassazione 23.4.81 in Arch. Civ 1981, 1048).

Altro aspetto non controverso è che l’individuazione del custode va operata non in astratto, ma con riferimento alle concrete circostanze in cui si è verificato l’evento dannoso e che la custodia può far capo anche a più soggetti a pari o diversi titolo, ciascuno dotato di poteri di gestione e di intervento. Possiamo dire che, nel contesto condominiale, possono ricorrere in astratto tre distinte situazioni di custodia:

  • quella che lega il condominio ai beni comuni
  • la custodia del condòmino sui beni di sua proprietà esclusiva
  • la particolare posizione del conduttore di immobile in locazione all’interno dell’edificio condominiale e che in tale veste deve ritenersi custode dei beni a sua disposizione

Quanto al condominio, è certamente custode dei beni esemplificativamente elencati e indicati come comuni dall’articolo 1117 del Codice civile (fondamenta, suolo, muri maestri coperture, impianti comuni).

In ordine a tali beni, quindi, qualora si verifichi un danno a terzi il condominio può essere chiamato a risponderne ai sensi dell’articolo 2051 del Codice civile. Tra i soggetti legittimati ad agire nei confronti del condominio per i danni patiti a causa di beni condominiali devono ricomprendersi anche i singoli condomini danneggiati.

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Il risarcimento per penetrazione d’acqua

Infatti, la giurisprudenza è assolutamente costante nell’affermare che il singolo condomino può agire a norma dell’articolo 2051 del Codice civile nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni sofferti, per esempio, per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per i difetti di parti comuni dell’edificio dalle quali provengano infiltrazioni d’acqua pregiudizievoli la sua proprietà esclusiva, ponendosi quale terzo nei confronti del condominio stesso tenuto alla custodia e alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni dell’edificio. Può essere legittimato attivamente anche il conduttore dell’immobile ubicato nell’edificio in condominio.

In questo contesto non v’è dubbio che, per quanto riguarda i danni per penetrazione d’acqua promananti da parti comuni, ivi compresi gli impianti condominiali, custode è il condominio. La giurisprudenza più recente e ormai consolidata considera quella ex articolo 2051 del Codice civile un’ipotesi di responsabilità oggettiva attribuendo valore liberatorio non al comportamento del custode, ma esclusivamente al cosiddetto caso fortuito con onere della prova a carico del custode stesso.

Via oggettiva

In altre parole, il custode della cosa dalla quale derivano i danni è responsabile in via oggettiva per i danni derivanti non essendogli concesso di liberarsi da tale responsabilità provando di aver agito diligentemente (cioè provando l’assenza di colpa), ma solamente dimostrando che l’evento dannoso è conseguenza di un caso fortuito, cioè di un fattore estraneo alla cosa in grado di per sé di recidere il nesso di causalità tra l’evento connesso alla cosa e il danno.

Perché la responsabilità possa in concreto configurarsi è sufficiente che l’attore dimostri il verificarsi dell’evento dannoso, il rapporto di custodia e il rapporto di causalità col bene, fatta salva la prova del fortuito su di lui incombente.

La nozione di caso fortuito riveste, quindi, importanza fondamentale sia in teoria che nella prassi ed è quindi necessario precisare con esattezza il significato e la portata di questa nozione.

Secondo la definizione ormai univocamente accolta, il caso fortuito consiste in un accadimento imprevedibile e inevitabile di per sé sufficiente a produrre l’evento ed estraneo alla sfera di azione del custode.

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Questo accadimento può consistere o nel fatto della natura o nel fatto di un terzo o, infine, nel fatto dello stesso danneggiato se la sua condotta si possa ritenere causa esclusiva della produzione del danno tale da interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno. In tal caso la condotta integra gli estremi del caso fortuito escludendo la responsabilità del custode.

Concorso

Può accadere, invece, che la condotta del danneggiato abbia solo contribuito alla produzione del danno o ne abbia aggravato le conseguenze: in questo caso si applica il disposto degli articoli 1227 e 2056 del Codice civile in base al quale se il concorso del fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che sono derivate.

Negli ultimi due casi, quindi, (fatto del terzo e fatto del danneggiato) affinché sia del tutto esclusa la responsabilità del condominio, le condotte del terzo e del danneggiato devono aver costituito la causa esclusiva del danno.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che sul custode incombe l’onere della prova positiva del caso fortuito, ossia del fatto capace di recidere ex sé il nesso di causalità tra cosa e danni.

Da tale premessa discende la conseguenza che, in assenza di tale prova, cioè nel caso, come si suol dire del cosiddetto fatto ignoto, la responsabilità resta inesorabilmente a carico del custode senza che possa in alcun modo rilevare la misura della diligenza usata dal custode stesso (Cassazione 2.2.2006, n.2284).

Caso fortuito

Alla luce di quanto sopra esposto, va detto subito che per la grande maggioranza di danni da infiltrazioni la prova del caso fortuito in capo al custode risulti particolarmente ardua se non impossibile.

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Nel caso di danni da infiltrazioni il caso fortuito rappresenta un’ipotesi più rara e la sua ricorrenza è più frequente in relazione alla conseguenze del danno piuttosto che alla causazione di esso.

L’articolo 1227 del Codice civile dettato in materia di obbligazioni e l’articolo 2056 del Codice civile che fissa i criteri che il giudice deve seguire ai fini della valutazione del danno stabilisce che il risarcimento del danno dovuto al creditore (nella fattispecie il danneggiato) è ridotto se questi ha concorso a cagionarlo in ragione della colpa che gli è addebitabile nonché delle conseguenze che sono derivate dalla sua condotta ed escluso per quelle ipotesi in cui sarebbe stato evitabile ove avesse utilizzato l’ordinaria diligenza.

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Il comportamento

La giurisprudenza è unanime nel considerare alla stregua del fattore fortuito il comportamento del danneggiato che abbia efficacia esclusiva nella causazione dell’evento dannoso.

A una persona che, avvedutasi della presenza di infiltrazioni, non abbia allertato il custode dei bene dal quale supponga tali fenomeni possano provenire, potrebbe vedere decurtato l’importo dovutole a titolo di risarcimento se e nella misura in cui la sua condotta omissiva abbia concorso ad aggravare il danno stesso.

Un’ipotesi frequente di condotta del danneggiato che può influire sulla riduzione della misura del risarcimento riguarda quei casi di unità immobiliari non occupate e visitate raramente.

In questi casi il fenomeno dannoso può essere scoperto anche a mesi di distanza dal suo verificarsi e in simili circostanze spetterà al giudice valutare se e in che termini l’assenza di tempestiva segnalazione dell’evento possa avere aggravato il danno.

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L’esempio classico e più ricorrente di infiltrazione è lo stillicidio dell’acqua infiltratasi da un vano posto al piano superiore, ma non è solamente questa la forma nella quale possono manifestarsi le infiltrazioni. L’acqua può, per esempio, penetrare dai muri perimetrali e manifestarsi con macchie più o meno estese nella parte interna degli stessi muri.

Può manifestarsi anche nel solaio divisorio tra due unità immobiliari così come può propagarsi dal terrazzo a livello di proprietà esclusiva e apparire sul muro perimetrale dello stabile.

Il pronunciamento

In questo contesto generale si inserisce un problema al quale peraltro è stata già data risposta nella premessa, ma che è stato affrontato anche recentemente dalla giurisprudenza: qualora una proprietà esclusiva sia stata danneggiata da una parte comune o da un impianto comune, come in caso di infiltrazioni provenienti da un tetto un lastrico solare o dalla facciata, il proprietario dell’unità immobiliare danneggiata, che risulta a sua volta danneggiato, può essere essere chiamato a concorrere in qualche misura al risarcimento del danno da lui stesso subito?

Troviamo risposta a questo quesito oltre che nella giurisprudenza già citata in premessa, nella sentenza del Tribunale di Massa del 7 settembre 2024 n. 515, secondo la quale la condotta del proprietario dell’unità immobiliare danneggiata può costituire una concausa della produzione dell’evento e del relativo aggravamento del danno.

Nella fattispecie, esaminata e decisa dal giudice toscano è stato un condòmino che aveva agito in giudizio contro il condominio chiedendo che lo stesso, previo accertamento della sua responsabilità, venisse condannato al risarcimento del danni subiti per infiltrazioni di acque meteoriche dal tetto e dalla facciata dell’edificio condominiale.

Il condominio convenuto si è costituito in giudizio, eccependo che l’unità immobiliare danneggiata era rimasta per lungo tempo disabitata e del tutto priva di manutenzione e che, quindi, nel processo causale si inseriva con un ruolo di gran lunga prevalente, se non addirittura esclusivo un comportamento negligente e omissivo del proprietario danneggiato che, tra l’altro, prima di agire in giudizio non aveva mai inviato all’amministratore del condominio alcuna segnalazione o denuncia del danno.

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La misura

Il Tribunale di Massa ha ritenuto che nella fattispecie sottoposta al suo esame la condotta del danneggiato, pur non essendo tale da interrompere il nesso causale tra le parti comuni in custodia del condominio e il danno e, quindi, da escludere integralmente la responsabilità del custode non integrando il caso fortuito, tuttavia evidenzia una condotta omissiva e negligente, che ha ragionevolmente inciso in termini di concorso causale sulla produzione dell’evento dannoso e, comunque, sull’aggravamento del danno.

Tenuto conto del concorso di colpa del danneggiato, il Tribunale ha imputato la responsabilità dell’evento dannoso al condominio custode nella minor misura del 60%, valutando quindi nella misura del 40% il concorso di responsabilità dello stesso danneggiato.

* Presidente Foro Immobiliare e vicepresidente nazionale Confedilizia

di Vincenzo Nasini



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