Quando a luglio il Parlamento Europeo ha votato per un secondo mandato di Ursula Von der Leyen alla presidenza della Commissione, l’impressione generale è stata che la maggioranza europeista, allargata ai Verdi, si sia mantenuta solida. Il Partito Popolare Europeo (EPP), uscito rafforzato dal voto, non ha ceduto ai canti di sirena delle estreme destre, che pur avendo ottenuto più del 25% dei seggi, sono restate all’angolo. Il cordone sanitario sembrava reggere.
Il cambiamento silenzioso
In realtà, questa lettura rassicurante è superficiale. Come si sa, ottenuto il sì dal Parlamento di Strasburgo, Von der Leyen ha spalancato le porte ai membri dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), il partito guidato fino a poche settimane fa da Giorgia Meloni. Non solo è stata assegnata una vicepresidenza esecutiva al commissario italiano Raffaele Fitto, ma i popolari hanno anche dato a ECR due vicepresidenze del Parlamento su 14 e tre presidenze di commissione su 20. Il cambio di paradigma era avvenuto già al giro di boa della precedente legislatura con l’elezione di Roberta Metsola alla presidenza del Parlamento con i voti di tutte le destre. La cordialità di Von der Leyen e Meloni prima del voto europeo del 2024 ne era stata la conseguenza.
I popolari hanno giustificato queste scelte presentando ECR come una destra non poi così radicale, per quanto tra gli azionisti di maggioranza ci siano i polacchi di Diritto e Giustizia che a Varsavia hanno tentato di applicare la ricetta autocratica di Orbán. Soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha aiutato l’atlantismo professato da Meloni e Morawiecki, che nel frattempo ha sostituito la leader di Fratelli d’Italia alla presidenza di ECR. In sintesi, il cordone sanitario si è pericolosamente allentato: sono rimasti fuori solo i Patrioti per l’Europa (PfE) di Orbán, Le Pen, Kickl, Wilders e Salvini e il nuovo gruppo creato da Alternative für Deutschland, Europa delle Nazioni Sovrane (ESN).
Le destre si avvicinano
Se ciò non bastasse, nonostante le dichiarazioni di principio ascoltate in questi mesi, le linee rosse sembrano però sempre più sfumate. Ad ottobre, infatti, i popolari hanno votato con tutte le estreme destre per assegnare il premio Sakharov 2024 all’opposizione venezuelana. Al riguardo si è parlato appunto di ‘maggioranza Venezuela’. Che, detto en passant, è l’obiettivo da tempo di Orbán e Meloni: rompere la grande coalizione, espellere i socialdemocratici da qualunque posizione di potere nell’UE e portare i popolari a destra. Il presidente di EPP, il tedesco Manfred Weber, è stato della partita dal primo momento.
Quello che succede a Bruxelles non è, purtroppo, un’eccezione. La fotografia politica del continente è impietosa. Se si chiude l’accordo in Austria, i popolari governeranno in coalizione con l’estrema destra – sia di ECR che di PfE – in ben otto paesi dell’UE, tra i quali Italia, Belgio, Olanda, Finlandia e Repubblica Ceca. In alcuni casi perfino i liberali entrano nell’equazione. In Svezia, i voti dell’estrema destra sono cruciali per la sopravvivenza dell’esecutivo conservatore. In Spagna, il PP governa in ambito locale con Vox. Per dirla in soldoni, i cordoni sanitari sono solo un lontano ricordo.
I tempi di Angela Merkel sono finiti
Anche dove teoricamente resistono, come in Francia e Germania, iniziano a fare acqua da tutte le parti. Un settore dei Républicaines – il settore guidato da Eric Ciotti – si è alleato con Le Pen. E, seppur il fronte repubblicano ha tenuto alle legislative del 2024, il resto della destra post-gollista e lo stesso Macron sono arrivati sottobanco ad accordi con il Rassemblement National, piuttosto che guardare a sinistra.
Berlino rimaneva l’ultima roccaforte, ma il nuovo leader della CDU, Friedrich Merz, può avere dato nei giorni scorsi il colpo di grazia al cosiddetto Brandmauer. La sconfitta parlamentare sulla legge anti-migranti lo ha obbligato a ritrattare, ma la volontà esplicita di cercare e accettare i voti di AfD ha segnato un grave precedente. Non solo per la Germania, ma per tutta l’Europa. I tempi di Angela Merkel sono finiti.
Resta solo la Polonia. Donald Tusk è l’unico leader dei popolari alla guida di un governo importante dell’UE che rifiuta espressamente l’alleanza con l’estrema destra. È lui il solo che guarda ancora, per così dire, a sinistra. Perché il centro-destra, ormai, non esiste più. Facciamocene una ragione.
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