Oltre Trump, la rivincita dell’imperialismo capitalista (bianco)

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Più si guarda a queste tendenze nel loro complesso più diviene chiaro che quelli non faranno la guerra mondiale, perché non è questo ciò che vogliono. È la guerra civile globale che vogliono, la guerra tra i poveri e la guerra per riaffermare, una volta e per sempre, il predominio dei ricchi (bianchi)

Cambierà qualcosa nell’ordine internazionale? L’irruzione sulla scena del nuovo Trump farebbe presagire di sì. Anche se buona parte della politica del neo-eletto presidente americano sembra rispondere al principio del “fare rumore, che qualcosa comunque resterà”, è pur vero che dietro alle minacce e alle iniziative ventilate qualcosa si muove. La tattica di Trump, come ha argomentato il suo ideologo Steve Bannon, è quella di «flooding the zone», infangare le acque (diremmo noi), così da confondere gli avversari che non sapranno più su cosa focalizzarsi, dimenticando le questioni più urgenti a favore di quelle più eclatanti ma meno importanti. Tuttavia, se l’approccio di Trump a commercio ed economia è stato da più parti definito “sconsiderato”, non per questo non nasconde quello che ormai pare essere lo stato delle cose: gli Stati Uniti si sentono minacciati, la loro economia è in buona salute ma il loro deficit commerciale ha ormai raggiunto i tremila miliardi di dollari e il loro predominio tecnologico e finanche finanziario appare sempre più in discussione.
Il ritorno di Trump è stato uno shock, per le proporzioni che sta avendo. Il sovvertimento della costituzione statunitense, l’impudenza con la quale sbeffeggia anni di “correttezza” e perfino la buona educazione, la mano forte che mostra su immigrazione e lealtà dell’apparato fanno di questo “Trump 2, la vendetta” un pericolo. Ma il sentimento profondo dal quale egli pesca esiste e rischia solo di polarizzare una nazione divisa e inguaribilmente affetta dai suoi vecchi mali: il razzismo e il suprematismo che fu già dei settler originari, un capitalismo e un sistema economico fondamentalmente classista. Il problema, poi, è che il Trump “forte”, sulla scena internazionale, rischia di muoversi come un elefante, avendo però in mente ben chiari gli obiettivi di fondo di chi lo sostiene, l’élite tecno-capitalista in primis: la supremazia e il dominio imperiale, oggi messi in discussione.
Se Trump sarà capace di “far pace” in Ucraina, convincendo Putin a fermarsi e Zelensky a mettersi da parte, rinunciando alla Nato e ai territori occupati, sarà solo perché vorrà portare il presidente russo dalla sua e rompere l’alleanza in via di consolidamento con Cina e Iran. Qualcosa dovrà pur dargli in cambio, e non sarà l’autorizzazione a far “come gli pare” in Groenlandia e a Panama, avallando così l’annessione di parte dei territori ucraini. Piuttosto, sarà il disimpegno con la Nato – lasciata agli indecisi Europei – che dovranno così provvedere a sé, rimanendo però ben saldi sotto il predominio USA. Aver fermato Netanyahu dichiarando che ora ci penseranno gli USA a far quella “pulizia etnica” che è da sempre l’obiettivo dei sionisti lascia interdetti, ma nessuno, da questa parte del mondo, sembra voler obiettare.
Il multipolarismo è ormai un dato di fatto, in cui i cinesi di antica saggezza, peraltro, appaiono molto meno minacciosi di come sono stati i bianchi euro-americani per secoli, essendosi imposti più con la spada prim’ancora che con il soldo. Nel torbido gioco degli interessi, però, ambigui appaiono gli sceicchi come gli indiani di Modi – quel che succede in India, di cui non si parla, è nazismo – e isolati gli iraniani, mentre il cancro della “unica democrazia del Medio Oriente” non smette di espandersi. Gli Stati Uniti sono stati capaci di mettere al laccio l’UE – con la crisi ucraina privandola di un formidabile partner commerciale – mentre hanno lasciato fare Israele, l’altro braccio dell’imperialismo euro-atlantico. Ma con ciò si sono isolati dal resto del mondo, che ora più che mai guarda all’Occidente con timore.
Il fatto è che, però, noi europei siamo totalmente dipendenti: tecnologicamente, militarmente, culturalmente. Non c’è leader europeo, uomo o donna che sia, che potrebbe fare il discorso che ha tenuto Claudia Chenbaum, presidente del Messico. Il predominio tecnologico e finanziario delle Big Tech è ormai incommensurabile, anche se incalzato dagli asiatici nelle tecnologie energetiche e dei trasporti. L’influenza mediatica di Musk e dei suoi sodali è finanche sottostimata e il loro potere di controllo e suggestione immenso. Non sembriamo renderci conto che stiamo soggiacendo silenziosamente ad una orwelliana dittatura, ben oltre ciò che è apparente e ci “scandalizza” (come il sostegno di Musk a AfD). L’automa ormai guida le nostre vite, le controlla, possiede tutti i nostri dati, è in grado di influenzare i nostri umori e le nostre convinzioni e noi sembriamo non accorgercene, indifferenti.
Il tutto mentre le nostre società ristagnano, le disuguaglianze si acutizzano, incancrenendosi, e il corpo sociale, frammentato, agonizza tra un benessere che vede sfuggirgli di mano e la paura (indotta) che gli venga sottratto dalle orde di diseredati del mondo pronti ad assalirlo. E così, dà corda ai suonatori di flauto delle destre reazionarie che promettono “protezione” e “sicurezza”, nell’assenza delle sinistre, perse nella difesa dei “diritti”, incuranti delle concrete condizioni di vita e di lavoro, lasciate al mercato. Mentre i liberal abbaiano ai nuovi autocrati che starebbero “rovinando” le democrazie, quando è stato il neoliberismo, in primis, che ha portato allo sfascio, lasciando ai margini le crescenti masse di non protetti.
Più si guarda a queste tendenze nel loro complesso più diviene chiaro che quelli non faranno la guerra mondiale, perché non è questo ciò che vogliono. È la guerra civile globale che vogliono, la guerra tra i poveri e la guerra per riaffermare, una volta e per sempre, il predominio dei ricchi (bianchi). Il capitalismo bianco e senile sta reagendo, sentendosi assalito, e non esita più, perché il sistema è più importante del suo ormai vuoto involucro democratico: difendere le cittadelle del benessere, le nuove “enclosures”, respingere, esasperare, finché i “poveri” non tenteranno l’assalto al palazzo, e allora li si potrà sterminare. Non è forse questo ciò a cui punta Musk? Il caos, prima che l’automa ci prenda tutti per mano, tanto, comunque, alla nostra estinzione stiamo già provvedendo da soli.

L’autore: Pier Giorgio Ardeni è professore ordinario all’Università di Bologna. Insegna Economia dello sviluppo ed Economia dello sviluppo internazionale. Il suo nuovo libro s’intitola Le classi sociali in italia oggi (Laterza) 

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