Pensioni, caos adeguamento alla speranza di vita, l’INPS interviene

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È caos nelle ultime ore rispetto al meccanismo di adeguamento alla speranza di vita, dell’accesso alla pensione da parte dei cittadini. La CGIL infatti accusa l’INPS di aver già dato seguito al meccanismo di aumento dell’età minima per l’accesso al sistema pensionistico, di tre mesi, rispetto a quanto sarebbe dovuto accadere solo nel 2027. L’istituto rigetta le accuse mentre il sindacato evidenzia che il portale di accesso alla domanda di pensione già include questa specifica.

Dalla introduzione del sistema contributivo, l’accesso alla pensione è previsto considerando l’aspettativa di vita dei cittadini, stimata da ISTAT e di conseguenza la soglia di ingresso all’assegno di pensione dovrebbe essere rivista periodicamente.

È un decreto legge del 2010 quello che introduce questa nuova modalità di revisione, divenuta poi legge solo nel 2013 con la postilla che fino a tutto il 2026 non si sarebbe provveduto ad alcuna revisione.

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Perché nel 2010 si è previsto questo intervento?
Perché le analisi condotte sulla base demografica italiana da ISTAT nel corso degli ultimi anni, ha evidenziato che rispetto agli anni ’80 (ultima rilevazione simile effettuata) la speranza di vita della popolazione è progressivamente aumentata e questo avrebbe inevitabilmente generato delle ricadute sul sistema pensionistico italiano, chiamato ad erogare prestazioni per un periodo più lungo.

Per questo motivo nel 2010, con il decreto legge n. 78 poi convertito nella legge n. 122/2010, fu previsto dal 1° gennaio 2013, il progressivo innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione (di vecchiaia ed anticipata) al fine di sterilizzare gli effetti dell’allungamento della vita media della popolazione. Con lo stesso provvedimento fu introdotta la finestra mobile di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi, che sostanzialmente rappresentava un aumento dell’età pensionabile per i lavoratori dipendenti uomini da 65 a 66 anni. Queste misure aprirono la strada a un adeguamento della speranza di vita a 65 anni con cadenza triennale da far scattare «con decreto direttoriale del ministero dell’Economia di concerto con il ministero del Lavoro, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento», sulla base del dato elaborato dall’Istat.

L’arrivo della Legge Fornero tuttavia modifica radicalmente le cose perché dal 2012, quella che doveva essere una finestra mobile di 12 mesi, diventa una condizione fissa di aumento dell’età pensionabile e la soglia di vecchiaia viene collocata al compimento dei 66 anni di età.

Inizialmente la soglia era fissata in maniera diversa, tra uomini e donne, passando a 66 anni e sette mesi anche per le donne solo dal 2018.

La progressione è andata sostanzialmente così: il primo scatto di tre mesi, 66 anni e tre mesi appunto, si è materializzato nel 2013. Lo scatto successivo di quattro mesi, nel 2016, stato seguito nel 2019 dall’ultimo scatto che ha portato l’asticella a 67 anni. In questo periodo viene aumentato anche il numero di anni di contribuzione minima per la pensione anticipata, (quella a prescindere dall’età anagrafica), che passa da 42 anni e 1 mese del 2021 fino a 42 anni e 10 mesi del 2016 per gli uomini (41 e dieci mesi per le donne).

L’arrivo del governo gialloverdeConte I” cambia nuovamente le cose con l’introduzione di Quota 100 che prevede l’uscita anticipata a 62 anni di età e 38 di versamenti, bloccando lo scatto di 5 mesi che era previsto dalla formula dell’adeguamento, sostituito da una finestra mobile di tre mesi.

Nel 2022 il governo Draghi sostituisce Quota 100 portandola a Quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) e successivamente il governo Meloni trasla di un altro anno il sistema, introducendo Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi). Sempre il governo Meloni inasprisce poi ulteriormente i requisiti di Quota 103, con il meccanismo del calcolo puramente contributivo.

La promessa di Quota 100 è stata quella di bloccare, per tutto il 2026, ogni ulteriore adeguamento alla aspettativa di vita rispetto al meccanismo degli anticipi. Il meccanismo è rimasto però per le pensioni di vecchiaia normali e con cadenza biennale ma è stato nullo nei bienni 2021-2022, 2023-2024 e 2025-2026 poiché non si sono registrati incrementi della soglia di aspettativa nella speranza di vita, anche e soprattutto purtroppo a causa della pandemia da Covid19.

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Il prossimo passaggio legato all’aspettativa di vita è atteso nel 2027. L’ultimo rapporto della Ragioneria Generale dello Stato del 2024 sulle tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico orientativamente ipotizzava che l’età di uscita rimanesse di fatto ferma a 67 anni anche nel biennio 2027-28 (scatto potenziale di un mese), ma indicava anche l’andamento in crescita della speranza di vita, non escludendo quindi del tutto la possibilità di un adeguamento. Lo scorso ottobre il presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, ha parlato di una crescita importante della speranza di vita a 65 anni facendo riferimento a un aumento dell’età di pensionamento a 67 anni e tre mesi nel 2027, e 67 anni e sei mesi nel 2029.

Di qui la denuncia CGIL, opposta da INPS, circa un adeguamento non previsto nei sistemi informatici di accesso al meccanismo di pensione. I processi dovrebbero essere stati ripristinati nella normalità delle cose, nelle scorse ore.

*Dottore Commercialista – Revisore Legale





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