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Nel nuovo contesto globale, il Sud Italia si dimostra come una strategica opportunità concreta per ridefinire il paradigma economico e sociale.

Nuovi territori, nuovi innovatori e nuovi modelli di sviluppo – portatori di altissima qualità realizzata con costi nettamente inferiori – rappresentano asset di sicura attrattività per player (grandi e piccoli che siano) di tutto il mondo. La capacità di generare innovazione fuori dagli schemi tradizionali e di creare contesti favorevoli ad una crescita sostenibile si configura come una risposta concreta ai limiti del sistema attuale. Realtà industriali e territoriali capaci di proposte innovative fuori dall’ordinario; che implementano modelli di società con investitori pazienti; che perseguono crescite economiche armoniose, impatti ambientali positivi, valori condivisi e classici; che sono poste all’interno di luoghi del “buon vivere” e lontani dallo stress (vero e proprio stigma di alcune proposte di comunità) possono essere la risposta concreta a modelli di sviluppo alienanti, egoisti e, ora, anche gracili. Un vero cambio di paradigma “del” Sud Italia e non solo: o, meglio ancora, un cambio di paradigma che “dal” Sud Italia può offrire una risposta alternativa e concreta alle sfide globali. Un modello di sviluppo in grado di ridurre il divario tra Nord e Sud del pianeta e di proporsi come riferimento per un’economia più equa, sostenibile e resiliente. La crisi del modello dominante, allora, non è solo un fenomeno economico, ma un’opportunità per ripensare il futuro: e il Sud Italia può giocare un ruolo chiave in questa transizione.

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L’epoca che stiamo vivendo, infatti, impone una profonda riflessione critica sui fondamenti di un modello di sviluppo che ha dominato il mondo occidentale per decenni. I segnali di cedimento sono del tutto evidenti: siamo di fronte a fragilità strutturali, squilibri economici, vulnerabilità sistemiche e, persino, eventi imprevedibili che si manifestano come veri e propri psicodrammi globali. Tale modello si è fondato sull’illusione dell’onnipotenza, su una concezione di autosufficienza e autarchia che si è rivelata fallace. L’idea di uno sviluppo illimitato – alimentata da una narrazione che enfatizza la crescita infinita e la supremazia tecnologica – mostra oggi le sue profonde contraddizioni. La promessa di una resilienza incondizionata si scontra con le crisi sanitarie, climatiche ed economiche che minano la stabilità globale.

Di fronte a questa crisi sistemica, diventa fondamentale individuare le nuove direttrici di sviluppo capaci di superare le criticità del modello dominante. L’immagine attuale che ci viene restituita è invece quella di un mondo autarchico e che (per ciò) si crede autosufficiente; fulmineo e che (per ciò) si ritiene irraggiungibile; eterno e che (per ciò) si considera salvo dalle aggressioni della Storia; artificiale e che (per ciò) si pensa come Dio.

La narrazione che ci giunge – in particolar modo da Oltreoceano – è quella di un sistema basato sul raggiungimento di numeri sempre più impressionanti e sul superamento di ogni e qualsiasi limite: anzi, sulla vera e propria “assenza di limiti”.

È sufficiente indagare tra le pieghe e la piaghe di questa realtà illusoria per far emergere contraddizioni spesso insanabili e preoccupanti. Un mero approccio de visu, infatti, è capace di farci toccare con mano la fallacità di tali mirabolanti promesse.Nel tempo abbiamo sperimentato come la presunta autosufficienza di un “super modello” – di un qualsiasi super modello – sia, al fondo, incapace, ad esempio, di resistere: al Covid, a fenomeni climatici estremi e crisi ambientali senza precedenti (si pensi agli uragani che, solo in America, provocano devastazioni per centinaia di miliardi di dollari o agli incendi in corso, insensibili ad ogni argine tecnico messo in camp dall’”onnipotente umano”).

Anche il recente crollo delle aziende tecnologiche a Wall Street ci appare (più che) rivelatore di una sostanziale fragilità. L’evento è stato innescato dall’ascesa di Deep Seek, una startup cinese fondata nel 2023, che ha sviluppato un assistente basato sull’intelligenza artificiale in grado di superare ChatGPT e OpenAI. Ciò che ha sorpreso il mercato non è stato solo il livello di innovazione raggiunto ma, soprattutto, due aspetti chiave:

1. L’irrilevanza degli investimenti necessari per ottenere tale successo, segnale di un ribaltamento nei paradigmi di accesso alla tecnologia.

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2. La natura open-source della piattaforma, che ha reso disponibile il know-how ad una platea globale, minando l’oligopolio fino a quel momento dominante.

Ora, appare chiaro che – al netto di strategie finanziarie organizzate “ad arte” ma che, comunque, confermano la tesi di questo intervento – siamo di fronte ad un modello economico, finanziario, industriale, sociale (e, finanche, culturale) assai vulnerabile e, quindi (com’è giusto evidenziare), sempre meno appetibile ed attrattivo. Il concetto stesso di sviluppo basato sull’accumulo di capitale e sulla competizione esasperata sta mostrando limiti strutturali, rendendo il sistema sempre meno attrattivo e sostenibile.

Ritornando alla nostra analisi iniziale, ecco allora che il Sud d’Italia – grazie anche al suo strategico posizionamento al centro del Mediterraneo – può rappresentare un’alternativa possibile, capace di garantire percorsi ed approdi che, perseguiti con convinzione ed onestà, possono essere (e non sto dicendo facilmente) raggiunti.

Il modello che Harmonic Innovation Group propone è tutto questo: una piattaforma ecosistemica, sia fisica che digitale che – muovendo dal Sud d’Italia ed orientata attraverso una vasta comunità collaborativa alla promozione di processi di ricerca e innovazione ispirati a una visione etica e umanistica – mira ad affrontare le disparità di sviluppo e le disuguaglianze sociali nell’era delle grandi transizioni. Un’azione che si muove nel solco dell’Innovazione Armonica – il principio elaborato e teorizzato da Francesco Cicione e che oggi è un gruppo industriale unico nel suo genere – capace di tenere al suo interno tutta la filiera dell’innovazione: dalla origination sino alla system integration, passando per l’incubation, l’accelleration, lo scaleup.





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