Il capo dell’organizzazione di FdI: «Parliamo di chat private. Ci saranno denunce di chi si sente colpito»
Vorrebbe chiudere una volta per tutte lo scontro tra maggioranza e opposizioni, magistrati, Corte penale internazionale e ora anche l’Ue, quello seguito alla liberazione del libico Almasri: «Chiederemo spiegazioni alla Cpi, Nordio ha spiegato perfettamente quale era il problema di quell’ordine di arresto, non valido e arrivato proprio quando Almasri è entrato in Italia, 108 giorni dopo la richiesta dei magistrati internazionali. Chi insiste lo fa perché è in malafede e non ha senso dello Stato». E vorrebbe spegnere sul nascere l’altra polemica, lo spionaggio da parte dell’agenzia Paragon di alcuni giornalisti e attivisti: «Il governo ha già chiarito la propria estraneità. Solidarietà incondizionata al direttore di Fanpage Cancellato: avendo subito noi in questi due anni spionaggio, dossieraggi, inchieste coperte da parte di infiltrati che proprio lui sa quanto abbiano fatto clamore, siamo solidali a tutte le vittime di questi metodi pericolosi». Ci prova Giovanni Donzelli, capo dell’Organizzazione di FdI a riportare la calma. Ma soprattutto ci tiene a soffermarsi su un terzo fronte appena aperto.
Le chat di FdI pubblicate in un libro del giornalista del «Fatto», Giacomo Salvini: non ne esce un giudizio esattamente da alleati sul leader della Lega.
«Ha detto bene, non da alleati. Perché quelle chat si riferiscono a una legislatura in cui il centrodestra era diviso, litigioso, su opposti fronti di governo, e lo era in pubblico. A volte dovettero intervenire i commessi in Parlamento per separare leghisti e noi. Proprio perché eravamo divisi ci furono pessimi governi. Da quando, dopo la caduta del governo Draghi, ci siamo ritrovati, non esiste una sola parola contro nessuno dei nostri alleati».
Ammetterà che certe parole restano scolpite nella pietra…
«Ma parliamo di chat private ed è gravissimo che siano violati principi costituzionali, ribaditi anche dalla Cassazione per Whatsapp, come la segretezza della corrispondenza. È inaudito, infatti ci saranno denunce di chi si sente violato. Gravissimo e pericoloso spiare, magari anche con app vietate, un partito per anni e in modo indisturbato, e non è la prima volta che accade. Ma quando sbirciano dal buco della nostra serratura ne usciamo bene noi e male chi ci attacca».
Addirittura?
«Sì, perché anche leggendo quelle chat mancanti di tante altre cose che le completavano e ne davano il contesto — cito solo ad esempio il fatto che Fazzolari raccontava del suo viaggio per portare aiuti all’Ucraina, e non ve ne è traccia —, l’immagine che viene fuori è quella di un partito trasparente in pubblico come in privato, onesto, passionale, che discute ma mai di nomine, potere, incarichi, al contrario di politica estera, energia, democrazia. Uniti e compatti, sempre, e sinceri: quello che si scriveva in privato era espresso in pubblico».
Ma con Salvini vi siete chiariti?
«Non so se ci siano stati contatti diretti ma non c’è nulla da chiarire: siamo alleati, uniti, abbiamo lo stesso obiettivo che è il bene del Paese, nessuno ci dividerà».
Sul caso Almasri avete fatto tutto da soli…
«Anche qui: le cose stanno esattamente come le hanno spiegate Nordio e Piantedosi, gli errori non li abbiamo fatti noi ma la Corte che ci deve delle spiegazioni. Avremmo chiarito molto prima se un magistrato avesse almeno atteso un giorno prima di iscrivere premier e ministri nel registro degli indagati. La sicurezza nazionale è una cosa seria, non può essere gestita come se fosse una riunione di un collettivo studentesco».
Non avete votato la mozione contro le sanzioni di Trump alla Cpi. Perché?
«È stato saggio non inserirsi in una vicenda marginale sollevata dalla Sierra Leone e Liechtenstein contro gli Usa e Israele. Con noi anche altre grandi nazioni come Giappone, Australia, Repubblica Ceca e Corea del Sud».
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