“È da anni che mi sono reso conto come il dramma delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, che ha toccato la popolazione italiana di Fiume, Istria e Dalmazia, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, sia poco conosciuto”: così il pittore piacentino, Paolo Terdich, parla della sua mostra che si svolge, dall’ 11 al 21 febbraio, nella Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati a Roma, in occasione del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata.
Paolo, qual è il messaggio principale che vuole comunicare attraverso la mostra?
Ritenendo fondamentale preservare il ricordo di questa dolorosa pagina della storia italiana, per troppo tempo colpevolmente dimenticata, ho riflettuto su come contribuire, alla memoria delle migliaia di vittime delle foibe e degli oltre 300.000 italiani costretti ad abbandonare le loro amate terre. Ho scelto di farlo attraverso il linguaggio artistico che mi è più congeniale: la pittura. In questo contesto, la mia opera rappresenta una novità, poiché, a quanto mi risulta, mentre c’è una corposa bibliografia su questi temi, non esistono analoghi progetti artistici.
Come ha scelto i soggetti e i temi dei dipinti esposti in questa mostra?
Ho operato una scelta approfondita dei soggetti delle 23 opere che compongono la mostra, con l’intento di evocare, da un lato, il terrore vissuto dalle vittime innocenti delle foibe e dall’altro l’incertezza, l’ansia e lo smarrimento degli esuli, enfatizzandone alcuni aspetti e focalizzandomi sulle emozioni a essi correlate. Le figure sono state solo vagamente definite, concentrandomi più sulla raffigurazione del senso di terrore e disperazione delle vittime, e su una rappresentazione surreale, anche attraverso scelte cromatiche e luci particolari che creassero un’atmosfera di tensione e pathos. In questo percorso artistico, pur confrontandomi con un “realismo emozionale”, che tradizionalmente caratterizza la mia cifra stilistica, ho sperimentato un approccio nuovo, più “materico”, con figure vagamente rappresentate, in contrasto con uno sfondo talvolta piatto, evocando atmosfere quasi surreali e metafisiche.
Qual è il suo legame personale con gli eventi storici commemorati durante il Giorno del Ricordo?
Ho un forte legame con gli eventi storici commemorati il Giorno del Ricordo, del 10 febbraio. Mio padre, infatti, è nato a Fiume e nel 1947, a 19 anni, con i suoi familiari, ha dovuto abbandonare la sua città natale, gli amici, per sfuggire alle violenze e alla pulizia etnica messa in atto da Tito. Dopo una permanenza di un paio d’anni a Roma, con la sua famiglia si stabilì definitivamente a Piacenza, dove ha conosciuto mia madre e ha cominciato una nuova vita. Ho cercato di ricostruire queste vicende familiari e ammetto il rammarico di non avere prestato, da ragazzo, la giusta attenzione ai racconti di mio padre e di non averne stimolato una narrazione ulteriore, da cui traspariva un dolore profondo, che mi avrebbe permesso di comprendere appieno l’enormità di ciò che era accaduto in quegli anni in quella regione. Da adulto mi sono documentato per cercare di recuperare la memoria storica di quegli eventi, che riaffiora, come un monito, dalle testimonianze e dalle fotografie che conservo gelosamente, e mi fanno immedesimare fin quasi a rivivere la sofferenza degli esuli e delle povere vite spezzate nelle foibe.
Quali sono state le sfide e le emozioni più grandi affrontate nell’ideazione e realizzazione di questa mostra?
Ritengo che la sfida principale sia stata quella di suscitare l’interesse da parte delle istituzioni a sostegno di un progetto inedito come quello che proponevo. In realtà la risposta è stata immediata ed estremamente positiva sia da parte della Presidenza del Senato che della Camera, dopo che i rispettivi Gabinetti hanno esaminato la mia proposta. L’esposizione delle mie opere in una sede prestigiosa come quella del Complesso di Vicolo Valdina della Camera dei deputati e la volontà espressa dal Presidente della Camera di presiedere l’inaugurazione della mostra, hanno suggellato il successo di questa sfida ambiziosa. Gli sono profondamente grato anche per la sua presentazione inserita nel catalogo della mostra. L’ideazione della mostra ha rappresentato l’aspetto più stimolante e piacevole, in cui ho potuto dare sfogo alla mia creatività, non solo nella scelta dei soggetti da rappresentare, ma anche nella scelta delle composizioni e della tecnica con cui realizzarli.
Cosa si aspetta che il pubblico possa trarre o apprendere dalle sue opere esposte alla Camera dei deputati?
Innanzitutto, desidererei che le mie opere siano di stimolo al pubblico per approfondire la conoscenza di queste vicende storiche. Vorrei poi che esse riuscissero ad emozionare, a stimolare una riflessione, a connettere l’individuo a una dimensione più profonda della realtà. Vorrei che esse rappresentassero un invito a un approfondimento, per dimostrare che una migliore percezione del passato può indurre a riflettere sul presente, a non dimenticare mai le lezioni che la storia ci ha insegnato. Infine, ovviamente, vorrei che i miei dipinti fossero apprezzati non solo per il messaggio che trasmettono le tematiche rappresentate, ma anche per la loro valenza estetica, e che fosse compresa la complessità del lavoro insito nella realizzazione dell’opera, nel tentativo di trasformare il dolore in bellezza.
Riccardo Tonna
Nelle foto: il pittore piacentino Paolo Terdich e alcune delle opre in mostra nella Sala del Cenacolo alla Camera dei Deputati a Roma.
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