un team di legali vuole riaprire le indagini

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PALERMO – Un team di legali, incaricato dalla Fondazione Gaetano Costa, sta lavorando alla riapertura delle indagini sulla morte del procuratore, il avvenuta 6 agosto del 1980, in via Cavour a Palermo.

Il team di avvocati

Il team è composto dagli avvocati Salvatore e Antonino Falzone, insieme al loro collega Michele Ambra.

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“Stiamo provando a fare il punto della situazione individuando quegli aspetti critici che ci consentono possano la ripartirà delle indagini – spiega Salvatore Falzone – per esempio, il pentito Mutolo, in un interrogatorio nell’ambito del processo di Mario Francese, disse ad un certo punto che tutti gli omicidi eccellenti della mafia vengono decisi dalla commissione, tranne in due casi: uno di questi fu il caso di Costa, il cui omicidio maturò in un contesto che lui definì come assolutamente peculiare”.

E ancora: “A noi non risulta che nessuno abbia mai chiesto a Mutolo in cosa consisteva la peculiarità dell’omicidio Costa Poi c’è la questione della Guardia di finanza che aveva la delega alle indagini”.

Il team sta esaminando le carte inerenti alle precedenti indagini per cercare di capire se “nelle vecchie carte dei primi accertamenti – prosegue il legale –possa esserci qualcosa di non ancora sviluppato e qualcosa che comunque possa essere accertato, ancora oggi, soprattutto in relazione a certi patrimoni”, conclude Falzone. 

“Mia nonna è morta avendo fiducia nella magistratura”

“Sulla riapertura delle indagini sull’omicidio di mio nonno? Ci stiamo lavorando, ma dico solo che in un paese civile questo processo sarebbe stato già riaperto. Ci sono alcune notizie, polverose, che avrebbero dovuto già innescare un atto dovuto. Io così come si sono svolte le dinamiche dell’omicidio di mio nonno e così come la polizia, mezz’ora dopo l’accaduto, già brancolava nel buio.

Così Gaetano Costa, il nipote del procuratore omonimo ucciso il 6 agosto del 1980, in via Cavour a Palermo, parlando a margine di una giornata in ricordo del padre, Michele Costa, in corso a Palazzo Branciforte a Palermo.

“Se c’è fiducia che dopo 45 anni si giungerà alla verità? Mia nonna è morta avendo fiducia nella magistratura – prosegue – mio padre ha dato tutta la fiducia possibile e so che è morto, poi, nella totale mancanza di fiducia. Ma ho fiducia nella variabile umana. Quindi dico che è una partita difficile, ma non è detto che non si vinca. Dico solo che nessuno ha aperto i fascicoli di mio nonno, nessuno ha continuato il suo lavoro”.

“È una morte che imbarazzava tutti, anche nei piccoli gesti Imbarazzava i vivi che tiravano a campare perché avevano famiglia”, osserva Costa che ricorda il padre Michele dicendo: “mio padre anticipò quasi tutto quello che successo a distanza di trent’anni – sottolinea – ossia che fidarsi troppo dei pentiti sarebbe stato un grave errore, perché i pentiti sono dei manipolatori”.

Fiandaca: “Non c’è stata una indagine seria”

“Non c’è stato un impegno giudiziario serio, continuo e competente, nel mettere sotto i riflettori la genesi e la dinamica dell’assassinio di Gaetano Costa. Le due sentenze della corte d’assise di 
Catania sono vittime delle scarse indagini che sono state effettuate. Ma si mette in evidenza come non si avere dubbi, oltre Inzerillo, che dietro vi fossero anche un insieme di capomafia che fossero interessati all’omicidio, perché potevano percepire di essere messi in pericolo dalle indagini innovative che Gaetano Costa cominciava a svolgere e che purtroppo non ebbe il tempo di svolgere. Sorprendente la superficialità e l’approccio riduttivo con il quale le indagini sono state svolte”.

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Così il giurista e storico esperto di diritto penale e del fenomeno mafioso, Giovanni Fiandaca, parlando nel corso di una giornata, organizzato dalla Fondazione Gaetano Costa, a Palazzo Branciforte a Palermo, in memoria del figlio del procuratore Michele, scomparso un anno fa. Michele Costa, nel corso della sua vita si è battuto per la ricerca della verità sull’uccisione del padre, avvenuta il 6 agosto del 1980, in via Cavour a Palermo.

“Riaprire le indagini sulla morte di Gaetano Costa, come annunciato dalla famiglia – prosegue – ci mette di fronte al fatto che dopo 45 anni alcuni dei responsabili potrebbero essere morti, però credo che sia giusto impegnarsi ancora per tentare di saperne di più. Penso che questo sia il migliore modo di onorare la figura di Michele Costa”, conclude Fiandaca.

Tona: “Recuperare lo sguardo di Gaetano Costa”

“Noi dobbiamo recuperare la capacità di guardare con lo stesso modo in cui sapevamo guardare chi oggi ci è venuto a mancare. Lo sguardo di Gaetano Costa è quello che ha riproposto Michele Costa nella sua esistenza. Quando si parla di misure di prevenzione, ad Esempio, il procuratore Costa diceva, basta, non servono più. Se noi continuiamo ad utilizzare questi strumenti è come se continuassimo ad usare il piccone quando siamo arrivati ​​alla pietra”.

Così il consigliere di Cassazione, Giovanbattista Tona, parlando nel corso di una giornata, organizzata dalla Fondazione Gaetano Costa, a Palazzo Branciforte a Palermo. “È stato facile – prosegue – dimenticare o non approfondire le vicende che si muovevano, prima, dopo e durante l’omicidio di Costa, rispetto alle dinamiche che si muovevano attorno ai fenomeni degli interessi mafiosi”, conclude Tona. 



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