Azione collettiva per i danni antitrust

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Azione collettiva per i danni antitrust – La cessione del credito da pratica anticoncorrenziale – Azione collettiva per i cartelli antitrust in Germania: Sentenza CGUE

 

di Norma De Gregorio – Giovanni Adamo

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Azione collettiva per i danni antitrust – Lo scenario europeo

La recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) in merito al caso ASG 2 sta attirando l’attenzione di giuristi, imprese e cittadini interessati al tema del risarcimento danni per violazioni delle norme sulla concorrenza. Questo provvedimento segna una tappa fondamentale nell’evoluzione del diritto antitrust a livello europeo, poiché riafferma il principio secondo cui chi subisce un danno a causa di pratiche anticoncorrenziali ha diritto a un risarcimento effettivo. La questione non è limitata alle grandi controversie, ma tocca in modo concreto anche i casi di danni di lieve entità, spesso trascurati dai meccanismi di tutela tradizionali. Proprio per questo, la sentenza offre spunti importanti sul ruolo delle azioni collettive e sui poteri riconosciuti alle società o soggetti terzi ai quali i diritti risarcitori possono essere ceduti.

Il contesto nel caso ASG 2 in Germania

Il punto di partenza del caso è la presunta intesa anticoncorrenziale che avrebbe coinvolto il Land Nordrhein-Westfalen in Germania. Trentadue segherie di Germania, Belgio e Lussemburgo sostengono di aver subito perdite economiche a causa di prezzi eccessivi applicati dal Land nella vendita di legname tondo nel periodo compreso tra giugno 2005 e giugno 2019. Al fine di semplificare la richiesta di risarcimento, le segherie hanno ceduto i loro crediti a una società denominata ASG 2 Ausgleichsgesellschaft für die Sägeindustrie Nordrhein-Westfalen GmbH, qualificata dalla normativa tedesca come prestatore di servizi legali. È stata proprio quest’ultima a promuovere un’azione collettiva dinanzi al tribunale tedesco (Landgericht Dortmund), chiedendo il ristoro dei danni subiti dalle segherie.

Il rinvio pregiudiziale del Giudice tedesco: l’azione collettiva per i cartelli antitrust in Germania

La peculiarità del caso risiede nel fatto che la legislazione tedesca, secondo il Land Nordrhein-Westfalen, non consentirebbe un’azione collettiva di questo tipo in materia di violazioni antitrust. Tale restrizione, se effettivamente confermata, porrebbe un problema di compatibilità con il diritto dell’Unione Europea, che da tempo sottolinea l’importanza di meccanismi effettivi per la tutela giurisdizionale e per il risarcimento in caso di violazione delle regole sulla concorrenza. Il giudice tedesco ha dunque deciso di interpellare la CGUE mediante la procedura del rinvio pregiudiziale, prevista dall’articolo 267 TFUE. L’obiettivo era chiarire se le norme nazionali che vietano o ostacolano in modo significativo la cessione dei crediti e la conseguente azione collettiva vadano contro i principi fondamentali tutelati dal diritto UE, in particolare il principio di effettività e quello di tutela giurisdizionale effettiva.

Le osservazioni della CGUE sull’ipotesi di azione collettiva per i danni antitrust

La Corte di Giustizia, investita della questione della possibilità di una azione collettiva per i cartelli antitrust, ha posto l’accento su alcuni punti fondamentali: in primo luogo, l’ordinamento europeo, attraverso l’articolo 101 TFUE e la Direttiva 2014/104/UE, riconosce a chiunque subisca un danno da comportamenti anticoncorrenziali il diritto a ottenere il pieno risarcimento. Questo vale non solo nel caso in cui i danneggiati agiscano in prima persona, ma anche quando preferiscano cedere i propri diritti a un terzo (ad esempio una società specializzata in recupero crediti o in servizi legali). In secondo luogo, lo Stato membro è libero di disciplinare le modalità procedurali con cui tale diritto viene esercitato, purché rispetti due grandi principi: quello di equivalenza (le regole nazionali non devono essere meno favorevoli di quelle applicabili a situazioni interne analoghe) e quello di effettività (l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento UE non deve essere reso impossibile o eccessivamente difficile).

La posizione della Corte sulla possibilità di cessione del credito da pratica anticoncorrenziale

Nel caso specifico, la CGUE ha evidenziato che vietare in radice la possibilità di un’azione collettiva o di una cessione a un soggetto unico, come ASG 2, potrebbe rendere impraticabile il risarcimento per i piccoli danneggiati, i quali non avrebbero convenienza economica a intraprendere un’azione legale individuale. La Corte ha inoltre sottolineato come l’eventuale assenza di un provvedimento ufficiale della Commissione Europea, o delle autorità nazionali in materia di concorrenza, non esoneri i giudici nazionali dal tutelare i diritti dei singoli, né rappresenti una condizione necessaria per l’attivazione di un’azione risarcitoria. Questo punto è particolarmente importante perché molte violazioni antitrust non ricevono una formale “bollinatura” dalle autorità, ma danneggiano comunque imprese e consumatori, i quali devono avere la possibilità di far valere i propri diritti di fronte a un giudice.

Azione collettiva per i danni antitrust: l’impatto della decisione della Corte

L’impatto di questa decisione della CGUE si riflette sul modo in cui i vari Paesi membri potranno configurare i propri sistemi processuali per gestire le controversie antitrust. Sebbene la Corte si sia limitata a fornire un quadro interpretativo, è piuttosto chiaro che, se la normativa tedesca non offre strumenti adeguati per tutelare i piccoli danneggiati, il giudice nazionale dovrà disapplicarla, cercando nel contempo la soluzione più adatta a garantire un’effettiva tutela giurisdizionale. Ciò significa che, in assenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale, le norme che ostacolano l’azione di recupero collettivo dovranno essere ignorate in favore della piena effettività del diritto europeo. È un passaggio di grande importanza per tutti coloro che si occupano di diritto della concorrenza, in quanto conferma il potere e il dovere dei giudici nazionali di allineare le proprie decisioni ai principi enunciati dalla CGUE, anche a costo di sovvertire disposizioni interne che si rivelino incompatibili.

Questo orientamento della Corte di Giustizia rafforza notevolmente l’idea che le azioni collettive, o class actions, possono diventare uno strumento chiave per far valere i diritti dei danneggiati da pratiche anticoncorrenziali. Nel tempo, diversi Stati membri hanno sviluppato soluzioni differenti in materia: alcuni hanno introdotto strumenti processuali ad hoc, altri li hanno resi accessibili ma con condizioni molto restrittive, mentre altri ancora li hanno di fatto esclusi dal loro ordinamento. Tuttavia, l’Europa si muove sempre più in direzione di un rafforzamento della tutela dei diritti dei consumatori e delle piccole imprese, anche per aumentare la credibilità e l’efficacia delle regole antitrust. L’invito della CGUE a non ostacolare meccanismi di aggregazione delle pretese risarcitorie deve pertanto essere letto come un’ulteriore spinta verso forme di giustizia più inclusive e accessibili.

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Rischi e benefici di una azione collettiva per i danni antitrust

Un risvolto molto interessante riguarda l’eventualità che, per motivi di convenienza, più imprese o consumatori decidano di affidare la loro azione risarcitoria a un unico operatore, specializzato nella valutazione dei rischi legali e nel recupero dei crediti. Questa strategia potrebbe rivelarsi particolarmente utile in settori in cui i danni subiti individualmente sono contenuti, ma risultano considerevoli se cumulati in un’unica istanza di risarcimento. Dal punto di vista dell’effettività, ciò permette di affrontare i casi in cui i singoli sarebbero scoraggiati dai costi di una causa e dalle incertezze sul buon esito del contenzioso. L’Europa riconosce che, senza un approccio aggregato, molte condotte anticoncorrenziali rimarrebbero impunite e molti diritti risarcitori resterebbero inesercitati, danneggiando così la concorrenza e la fiducia nel mercato interno.

È utile ricordare che la Direttiva 2014/104/UE ha già segnato un passo importante in materia di azioni per il risarcimento dei danni da violazione della normativa antitrust, introducendo previsioni volte a facilitare la produzione delle prove, come l’accesso ai documenti in possesso delle autorità garanti della concorrenza. La decisione della CGUE nel caso ASG 2 si pone in continuità con quell’approccio, integrando un tassello cruciale: le modalità con cui i danneggiati possono organizzarsi per cercare giustizia. Il messaggio che emerge è chiaro: gli Stati membri non possono frenare il diritto al risarcimento limitando in modo irragionevole la possibilità di intentare cause collettive o di cedere i crediti a soggetti professionali. Ogni restrizione deve essere giustificata e proporzionata, altrimenti contrasta con i principi del Trattato sul Funzionamento dell’UE e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.

Il caso ASG 2 suggerisce anche riflessioni più ampie su come si stia evolvendo il diritto europeo della concorrenza. Se in passato il focus era rivolto soprattutto all’accertamento di responsabilità e all’irrogazione di sanzioni da parte delle autorità antitrust, oggi si assiste a un crescente interesse per gli strumenti di private enforcement, ossia le azioni civili per ottenere compensazioni economiche. Questo processo di “privatizzazione” del diritto antitrust risponde alla volontà di creare un circolo virtuoso in cui i cittadini e le imprese danneggiate diventino soggetti attivi nella prevenzione e nella lotta contro i cartelli e le pratiche lesive della libera concorrenza. Una partecipazione più ampia non solo incrementa la probabilità di far emergere comportamenti illeciti, ma favorisce anche una maggiore consapevolezza delle imprese rispetto ai rischi di sanzioni e di risarcimenti milionari.

Azione collettiva per i danni antitrust: no alle barriere

Vale la pena sottolineare come la pronuncia della CGUE avrà ripercussioni per la possibilità di una azione collettiva sui cartelli antitrust non soltanto in Germania, ma anche in altri Stati membri come l’Italia, dove l’azione di classe è stata introdotta con varie modifiche legislative e si sta progressivamente adeguando agli standard europei. È plausibile che la decisione della Corte spinga a rivedere, laddove necessario, le regole procedurali per assicurarsi che non ci siano barriere sproporzionate alla promozione di azioni collettive. I legislatori nazionali potrebbero dover fornire ulteriori garanzie al fine di assicurare un vero e proprio accesso alla giustizia, specialmente per i casi in cui il danno economico è limitato, ma collettivamente raggiunge cifre significative.

Un altro aspetto rilevante è che la Corte ha lasciato al giudice nazionale la possibilità di scegliere gli strumenti tecnici attraverso cui garantire il rispetto del principio di effettività. Ciò significa che non è stata imposta agli Stati membri una specifica forma di azione collettiva, bensì è stato ribadito che qualunque modello nazionale – class action, azione collettiva, cessione di diritti a un ente specializzato – deve essere conforme al diritto UE. Non conta la denominazione della procedura o la sua forma esteriore, bensì l’effettiva disponibilità di un rimedio adeguato.

In prospettiva, la sentenza apre la strada a un rafforzamento del ruolo di soggetti terzi professionali, come società di consulenza o associazioni di categoria, che si fanno carico di molteplici crediti risarcitori. La legittimazione a procedere in giudizio, in rappresentanza di gruppi di danneggiati, rischia però di scontrarsi con un dubbio: fino a che punto tali soggetti agiranno nel migliore interesse dei singoli? La CGUE non ha fornito una risposta specifica su questo punto, ma ha chiarito che la normativa nazionale non può bloccare a priori la possibilità di utilizzare questo strumento. Ogni Paese dovrà disciplinare attentamente i rapporti fra danneggiati e cessionari dei crediti, così da salvaguardare la trasparenza del rapporto contrattuale e da evitare che nascano fenomeni speculativi a scapito dei consumatori o delle imprese minori. Si tratta di una sfida complessa, ma che può essere vinta bilanciando la facilità d’accesso alla giustizia con le garanzie di controllo sulle attività di recupero collettivo dei danni.

Il principio di effettività della tutela nell’ambito di una azione collettiva per i cartelli antitrust

La decisione della Corte di Giustizia UE su una azione collettiva per i cartelli antitrust è destinata a fare giurisprudenza e potrebbe incoraggiare futuri ricorsi collettivi in diversi ambiti, non solo quello antitrust. Il principio dell’effettività vale per molti settori del diritto dell’Unione, inclusi la tutela dei consumatori, la protezione dei dati personali o i diritti ambientali. Questo significa che la sentenza si inserisce in un processo più ampio di ampliamento dei rimedi giudiziali a disposizione del singolo, che grazie allo strumento collettivo può ottenere risultati concreti e rapidi, superando gli ostacoli finanziari e procedurali tipici dei giudizi individuali. D’altronde, l’essenza stessa del diritto UE si basa sull’idea di garantire ai cittadini europei tutele concrete, non solo sulla carta, e la CGUE ha storicamente assunto un ruolo guida nel trasformare i principi del Trattato in diritti azionabili nelle aule di tribunale.

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Conclusioni e come possiamo aiutarti

In conclusione, il caso ASG 2 testimonia la crescente attenzione dell’Europa verso la tutela effettiva del diritto della concorrenza, anche mediante una azione collettiva per i danni antitrust. La Corte di Giustizia ha ribadito che nessun ordinamento nazionale può comprimere eccessivamente la possibilità di ottenere un risarcimento, se ciò finisce per vanificare il principio secondo cui chi subisce un danno deve poterlo far valere. Le azioni collettive e la cessione dei crediti risarcitori a soggetti specializzati si profilano come strumenti fondamentali per dare una risposta concreta a pratiche anticoncorrenziali di ampia portata, mantenendo alti gli standard di protezione e di effettività. La sfida per gli Stati membri sarà trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza di rendere praticabili le azioni collettive e la necessità di scongiurare potenziali abusi, assicurando allo stesso tempo che i diritti dei danneggiati siano sempre al centro del processo. Il panorama europeo in materia di class action e private enforcement è destinato a mutare e questa sentenza segna un ulteriore passo in avanti verso un mercato più giusto e un contesto concorrenziale in cui le regole del gioco siano davvero rispettate da tutti.

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