A dicembre del 2022 in tutta fretta e con un emendamento clandestino alla Finanziaria contenuta nella legge 197/2022 fu introdotta una sostanziale riforma della normativa concernente le cosiddette «intercettazioni preventive». C’è la necessità di capire come tale novità abbia influito sulla odierna vicenda che vede protagonista il procuratore di Roma
L’esposto presentato dal Dipartimento alla sicurezza della presidenza del consiglio contro il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, può considerarsi come il secondo atto della querelle istituzionale iniziata dal procuratore di Roma con l’iscrizione della notizia di reato a carico di Giorgia Meloni, del suo sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi.
È bene premettere che se l’ipotesi di reato ipotizzata nell’esposto è quella diffusa da alcuni giornali (art. 42 comma 8 della legge 124 del 2007 di riforma del comparto di intelligence) essa non avrà alcun seguito in quanto il fatto non è previsto da alcuna norma (neanche quella richiamata dal Dis) come reato. Lo sarebbe stato se il governo Meloni-Nordio non avesse opportunamente abrogato l’abuso d’ufficio. Peraltro è legittimo dubitare che vi siano state le lamentate violazioni.
I giornalisti di Domani che hanno pubblicato la notizia degli accertamenti dell’Aisi sul capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi, avevano diritto a conoscere gli atti in quanto indagati nel procedimento contenente le presunte informazioni riservate.
In ogni caso la presentazione dell’esposto contro Lo Voi, ancorché privo di ogni rilevanza penale, ha dato pretesto ai consiglieri eletti dalla maggioranza nel Csm di chiedere il trasferimento dell’attuale capo della procura ad altra sede.
“Intercettazioni preventive”
E qui diciamo che occorre rizzare le antenne con una attenta riflessione sulle ricadute che le riforme istituzionali del governo (compresa quella dell’ordinamento giudiziario) hanno sui diritti dei cittadini e la conduzione imparziale della pubblica amministrazione.
In particolare le notizie di possibili divisioni e contrasti all’interno dei servizi, adombrate anche da esponenti politici bene informati come Matteo Renzi, le improvvise dimissioni di Elisabetta Belloni dal Dis e soprattutto lo scandalo dell’abusivo uso del software Graphite in danno di giornalisti e membri di ong (ostili al governo) aprono i riflettori su una delle prime riforme volute da Meloni e dai suoi collaboratori.
A dicembre del 2022 in tutta fretta e con un emendamento clandestino alla Finanziaria contenuta nella legge 197/2022 fu introdotta una sostanziale riforma della normativa concernente le cosiddette «intercettazioni preventive».
Esse sono svolte dai due servizi di intelligence (Aisi e Aise) al di fuori di ogni controllo giurisdizionale e introdotte nell’ordinamento italiano con le legge 144/05 emanata a suo tempo dal secondo governo Berlusconi.
La normativa consente ai due direttori dei servizi segreti – previa una semplice delega del capo del governo – di richiedere all’autorità giudiziaria di poter intercettare chiunque per motivi di sicurezza interna ed estera contro le minacce delle organizzazioni criminali e terroriste.
L’uso di software sempre più sofisticati e invasivi come Graphite consente la possibilità di controllo totale e pervasivo della vita di qualsiasi cittadino con efficacia ben maggiore di quella che a suo tempo aveva la famigerata Stasi della Germania Est.
E infatti la ditta produttrice ha ritirato l’uso della licenza rilevando la violazione delle clausole che imponevano di non usare il mezzo se non per scopi legati alla sicurezza dello stato e non ad interessi politici della maggioranza.
Novità normativa
Come a suo tempo segnalato da una giovane studiosa, Wanda Nocerino, e dal quotidiano Linkiesta, con la improvvisa riforma, il controllo di una materia così delicata è stato sottratto al Dipartimento della giustizia per essere affidato a quello della Sicurezza, vale a dire proprio il Dis.
Non solo, ma mentre prima le intercettazioni venivano effettuate a richiesta della presidenza del Consiglio con l’autorizzazione dei vari capi delle 26 procure generali italiane, oggi tutto è concentrato nelle mani di un unico magistrato, il procuratore generale di Roma, un organo inquirente a “un battito di cuore” dal potere politico, senza vaglio di un giudice terzo e imparziale come pure materiale così delicato imporrebbe .
Da aggiungere che le intercettazioni restano del tutto segrete, che gli interessati non ne hanno conoscenza e che in teoria andrebbero distrutte ma nessuno potrebbe garantire per gli operatori che effettuano il prezioso servizio.
Da qui la necessità di capire come tale novità abbia influito sulla odierna vicenda Lo Voi: soprattutto per capire come le riforme istituzionali in materia di giustizia (alcune delle quali come la separazione delle carriere certame opportune) possano incidere sull’eventuale incontrollato abuso delle intercettazioni preventive se non accompagnate da necessarie garanzie sull’assoluta indipendenza delle procure e sui meccanismi di nomina dei dirigenti al Csm specie se i consiglieri laici fossero diretta emanazione della maggioranza al contrario dei togati, sorteggiati a casaccio.
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