I 100 Giochi – Undaunted

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  • Genere: wargame tattico.
  • Target: giocatori bassa-media esperienza.
  • Scalabilità: 2-4 giocatori.
  • Meccaniche principali: deck building, movimento su mappa.
  • Meccaniche secondarie: tiro contro numero bersaglio.
  • Importanza storica: nessuno sa cosa volesse fare davvero David Thompson quando ha creato questo gioco partendo da alcuni concetti del suo riuscitissimo War Chest e ispirandosi, per gli scenari, alle azioni del reggimento di suo nonno in Normandia nel 1944. Forse voleva solo realizzare un wargame che ricreasse gli scontri tattici della Seconda Guerra Mondiale più semplice e per un pubblico più ampio. Forse, ancora, voleva solo mettere insieme un prodotto ludico accattivante a tema storico, che sfruttasse a dovere la distribuzione diffusa della casa editrice Osprey. O forse, come ritengono alcuni, la nascita di Undaunted fa parte di un complotto globale da parte delle grandi casi editrici internazionali per distruggere il vero wargame, sottraendogli giocatori che cadono nella perdizione, attratti da un gioco che non richiede otto ore per una partita, tre mesi di studio preliminare e il defustellamento di qualche centinaio di pezzi prima ancora di poter pensare a fare il setup. Ok, qui forse esageriamo un po’, anche perché, soprattutto nell’ambito dei tattici, perfino il sistema più elaborato e complesso di tutti (sì, parliamo di Advanced Squad Leader) può essere giocato in partite dalla durata contenuta, utilizzando solo una porzione più che ragionevole dei suoi volumi di regole e con un numero di pezzi adeguato a mappe perfino più piccole degli standard di altri wargame.
    Perché l’elemento di rottura vero di Undaunted non fu il fatto che facesse le cose in maniera “semplice” e anche graficamente accattivante, perché esistevano tanti altri sistemi tattici (Combat Commander, Heroes of Normandie, Band of Brothers…) del tutto accessibili anche ai “profani” dell’esagono. Il problema era che faceva le cose in maniera diversa, continuando a farle così anche nelle sue uscite successive, e quindi dimostrando che era possibile realizzare wargame tattici utilizzando approcci di design del tutto inediti e in buona parte presi di peso dai “cugini euro, apparentemente rinunciando a tutti i capisaldi del wargame classico, uno per uno.
    Proprio per questo, il sistema si è attirato fin da subito da un lato le attenzioni di molti e dall’altro l’odio assoluto da parte di altrettanti. Una divisione che trascende il discrimine grognard contro resto del mondo, sia chiaro, perché ci sono tantissimi espertissimi ASLers che adorano farsi un giretto rilassato con tessere e carte comandi di Thompson, come anche tanti non wargamer del tutto disorientati da questo strano ircocervo ibrido che più ibrido non si può.
    A ogni modo, Undaunted ha indubbiamente aperto una strada nuova per “concezioni altre” di simulazione tattica militare, un percorso in buona parte ancora inesplorato e che sta attirando a sé sempre più appassionati, autori e case produttrici con titoli estremamente variegati e interessanti.
    Il tutto fatto da un wargame che, teoricamente, non dovrebbe essere un wargame, ma lui non lo sa e resta un wargame lo stesso.
  • Elementi di innovazione/twist: fare le stesse cose ma in maniera diversa, dicevamo… ma che significa, in pratica?
    Partiamo dai tre titoli degli altri tattici “leggeri” che abbiamo incontrato prima.
    Undaunted non è il primo wargame tattico a usare le carte. Prima di tutto ci fu Up Front (lo incontreremo presto) e poi ancora la sua evoluzione quasi diretta, Combat Commander. Pure in quest’ultimo si combatteva agendo tramite una mano di carte con ordini ed eventi vari, così pervasive che addirittura sostituivano i dadi! Però Combat Commander rimaneva sempre un wargame hex and counter, immediatamente riconoscibile e senza creare crisi di panico al vostro grognard vicino di tavolo a una convention. Undaunted non usa in quel modo tradizionale le carte, pescandole dal mazzo un tanto al turno, bensì utilizza il deck building: le carte te le prendi mediante altre azioni e con quelle fai fare cose alle unità corrispondenti, mettendole in un tuo mazzo riserva che andrà a “ciclare” turno dopo turno, perdendone alcune a causa del fuoco nemico e pescandone altre in ragione delle tue stesse scelte. E la frizione, l’imprevisto, la difficoltà di impartire ordini nel bel mezzo del caos del combattimento ravvicinato? Appunto, la presenza o meno di un certo quantitativo di quelle carte, con mazzi veloci e focalizzati oppure lenti ma capaci di muovere più unità, con carte “nebbia” che fanno da zavorra e l’attesa disperata di quella carta di mitragliatrice che ti segnala quando il suo operatore è finalmente riuscito a cambiare la canna arroventata dai colpi precedenti e ha ripreso il tiro.
    Band of Brothers, con le sue semplici operazioni matematiche e la ricostruzione quasi da manuale tattico della classica sequenza di combattimento find, fix, flank and finish insegnata a generazioni di uomini della fanteria almeno dal 1914 in avanti, pare essere lontano anni luce dai segnalini un po’ troppo “generici” di Undaunted, dai suoi schieramenti alle volte troppo uguali, da quella linea di vista che addirittura non c’è… poi, però, scopri che ogni singolo pezzo qui ha il suo utilizzo specifico (finalmente gli esploratori non sono “fanteria scarsa”, ma gente che ti serve come il pane perché col cavolo che la squadra di soldati di fanteria entrerà in un settore che non sia prima stato perlustrato da qualcuno), che ogni scenario dopo i primi ha composizioni differenziate delle riserve di carte di partenza, che il tiro degrada a ogni settore attraversato e con valori difensivi diversi rappresentando così ostacoli e interruzioni della visuale (se solo non fosse per quel successo automatico allo “0” sul dado a dieci facce). Oh, e ci sono anche gli esagoni se li volete vedere… perché, d’accordo che la mappa la costruite con tessere quadrate componibili, ma se quelle tessere le disponete “sfasate” di metà, come richiesto dagli scenari, cosa viene fuori? Esatto, una griglia a esagoni. Molto grandi, certo, ma sempre esagoni con ogni settore adiacente (oh, che caso!) ad altri sei.
    E lo stile grafico? Anni prima Heroes of Normandie aveva già creato una breccia nel muro della rappresentazione “seriosa” dei wargame tattici, con un look fumettoso molto aggressivo (perfino troppo) e un’interfaccia davvero funzionale con i modificatori dei singoli terreni scritti sulla mappa stessa in loro corrispondenza. Undaunted fa qualcosa di simile, anche se in realtà lo stile scelto è sì sempre “disegnato” e molto evocativo nei volti e nelle pose delle vostre unità (con tanto di nomi di battesimo e facce diverse per ciascuna carta attivazione), ma più “pastellato” e vicino a un graphic novel d’autore di scuola vagamente francofona. Quindi, il meglio del meglio (o il peggio del peggio, secondo alcuni): un approccio che è sì diverso dal solito, ma per nulla caricaturale. Uno stile che dice “questo è un titolo diverso dagli altri wargame, non è un gioco di fantasia o umoristico… ma è sempre serio e ponderato come un wargame”.
    Esattamente quel che vuole essere.
  • Longevità e alternative: ok, quel che invece non vuole essere Undaunted è il wargame tattico perfetto e definitivo. Primo, perché una roba del genere (per fortuna, oserei dire…) non esiste; secondo, perché è un titolo che resta sempre consapevole dei suoi limiti. Così consapevole che lo stesso David Thompson li ha progressivamente corretti con ogni versione successiva del sistema.
    Undaunted: North Africa ha ridotto le eccessive simmetricità introducendo due schieramenti del tutto diversi tra loro (le squadre speciali SAS britanniche contro i regolari italiani nel – avete indovinato – Nord Africa), passando dalla poco comprensibile scala a squadra per ogni segnalino a un singolo uomo contro singolo uomo. In più entrano in scena i veicoli, e vi assicuro che quando siete quattro soldati britannici che devono far saltare in aria un deposito di carburante nel deserto a bordo di una semplice jeep, anche il mitraglione Breda di una “scatola di lattine” italiana vi può fare molta, ma molta paura.
    Undaunted: Reinforcements ha poi aggiunto ulteriore varietà ai pur numerosi scenari sia della Normandia che del Nord Africa, con altre unità, veicoli, formazioni, eventi… e pure una modalità cooperativa a squadre a quattro giocatori.
    Undaunted: Stalingrad ha (letteralmente) rimescolato le carte offrendo un gioco di campagna che modifica la disposizione delle tessere della mappa e la composizione delle squadre a seconda dell’andamento degli scenari precedenti: anche qui, nulla di concettualmente nuovo rispetto alle modalità campagna che i wargame classici hanno introdotto fin dagli anni Settanta, ma che con questi componenti e procedure fa assumere un’aria da quasi legacy a un titolo di tutto rispetto anche nelle dimensioni.
    Infine, se poi volete divertirvi con raggi laser e fucili al plasma anziché con i fucili monocolpo e i bazooka dei nostri nonni o bisnonni, allora avete a disposizione anche Undaunted 2200: Callistoche porta il tutto in un’ambientazione fantascientifica.
    Oh, e visto che ci siamo, se vi piace volare avete anche il nuovo Undaunted: Battle of Britain, con gli aerei e le loro comunicazioni radio inaffidabili al posto di soldati e ordini fraintesi… secondo alcuni un po’ una “forzatura” del sistema originale, ma innegabilmente coinvolgente e sempre molto bello da vedere sul tavolo.
    Questo,da un lato per rimarcare quanto contenuto di gioco viene offerto dal sistema con scenari sempre diversi a seconda delle carte; dall’altro per dire che, nel campo del wargame tattico leggero, non vi sono (ancora) molte alternative paragonabili alle evoluzioni del sistema stesso. Che però risulta essere molto flessibile, costantemente attivo anche grazie a scenari creati dai fan o pubblicati successivamente (ricordiamo la battaglia di San Pietro Infine, comparsa in un numero della rivista ioGioco) e quindi sempre foriero di novità.

Commento

Di nuovo, non sappiamo cosa volesse fare esattamente David Thompson quando ha creato questo gioco. In effetti, sappiamo cosa non voleva fare, perché ce lo dice lui stesso nelle sue designer’s notes: non voleva creare un gioco troppo simulationist. Che, attenzione, anche in inglese non significa “troppo simulativo”, bensì “troppo simulazionista”, ossia il suo peggiorativo, un gioco così innamorato della resa dei dettagli da perdere di vista la resa delle dinamiche generali di uno scontro a fuoco.

Perché è vero che una MG42 ha ben altre caratteristiche di cadenza di tiro e gittata rispetto a una Browning americana o a una Vickers britannica, ma sono poi così fondamentali quando ti ci trovi davanti? È vero che esistono catene di comando, tiri del morale, fasi e sottofasi per l’esecuzione delle azioni, ma non è ugualmente importante rendere, pur se con qualche astrazione e in maniera semplificata (ma efficace), la degradazione della capacità di controllo dei tuoi uomini che rimarranno sempre più schiacciati a terra dal fuoco nemico? E la nebbia di guerra che non ti fa vedere non solo chi c’è dentro quella casa, ma anche le vie di accesso alla stessa tenendoti inchiodato dove sei finché non mandi qualcuno a dare un’occhiata? E certo, quel successo automatico a prescindere con lo 0 sul dado… molto seccante, e in teoria rischia di ridurre tutte le partite a una serie infinita di lanci alla ricerca del “colpo fortunato”, però è anche vero che gli scenari subito dopo i primissimi introduttivi, e già quelli di North Africa, puniscono severamente chi prova a seguire questa “pseudo tattica”, facendogli fallire la missione nove volte su dici. D’altronde, di lucky shot e “colpi da un milione di dollari” sono pieni i resoconti di guerra, no?

Ecco, Undaunted non vuole essere simulationist e sicuramente non voleva “distruggere” il wargame così come lo conosciamo. Voleva essere un buon titolo leggero, dinamico, molto narrativo e con uno stile grafico accattivante che rendesse bene l’esperienza di un gioco tattico e permettesse anche al grande pubblico dei “non addetti ai lavori” di conoscerla. In questo intento è riuscito perfettamente., finendo però con il rivoluzionare molti concetti (e preconcetti) sul wargame nel frattempo.

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