Buongiorno. L’annuncio di Trump sulla sua telefonata con Putin che, secondo il presidente americano, «vuole la fine della guerra»; la ritirata di Israele dal corridoio a Gaza; il muro contro muro sulla giustizia tra maggioranza e magistrati; il cambio di rotta del governo sui centri in Albania; l’intervista al leader M5S Giuseppe Conte; le tentate (e in un caso riuscita) truffe agli imprenditori con la finta voce del ministro Crosetto. Sono queste le principali notizie sul Corriere di oggi. Vediamo.
L’annuncio di Trump sulla telefonata con Putin
Il presidente americano Donald Trump ha detto di aver sentito al telefono quello russo Vladimir Putin per parlare della fine della guerra in Ucraina. Lo ha sostenuto in un’intervista concessa venerdì al quotidiano New York Post a bordo dell’aereo presidenziale. «È meglio che non ve lo dica», ha replicato Trump alla domanda su quante volte avesse parlato con l’autocrate russo. E non ha fornito dettagli sui colloqui, ma si è detto convinto che a Putin «importi» del drammatico costo in vite umane del conflitto, iniziato nel febbraio 2022 quando la Russia ha invaso l’Ucraina. «Vuole vedere la gente smettere di morire», ha detto Trump. «Tutta quella gente morta. Giovani, bellissime persone. Sono come i vostri figli, due milioni di loro».
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto di non poter né confermare né smentire la telefonata ma ha dichiarato al quotidiano russo filogovernativo Izvestia che ci sono «comunicazioni condotte attraverso diversi canali, e sullo sfondo della molteplicità di queste comunicazioni, io personalmente potrei non essere a conoscenza di qualcosa». Anche il consigliere per la sicurezza nazionale americano Mike Waltz, intervistato ieri da Nbc, non ha confermato se Trump abbia parlato con Putin, dicendo solo: «Ci sono molte conversazioni sensibili in corso». Uno dei timori del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è che Putin possa trattare direttamente con Trump, escludendo Kiev. «Non possiamo permettere che qualcuno decida qualcosa per noi», ha dichiarato.
Durante la campagna elettorale Trump si era vantato di poter porre fine alla guerra in 24 ore, poi ha parlato di sei mesi. Ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno parlando con la Russia dell’Ucraina senza il contributo di Kiev, che la sua amministrazione ha già avuto discussioni «molto serie» e che lui e Putin potrebbero presto intraprendere azioni «significative» per porre fine alla guerra. Ma è difficile capire al momento se le cose stiano effettivamente così (intanto qui Massimo Gaggi racconta l’ultima posa messianica di Trump).
Scrive Paolo Valentino:
Saranno i prossimi giorni e settimane a dirci quale seguito avrà questo primo approccio. Quello che però oggi si può fare è cercare di capire la natura del rapporto tra Trump e Putin, sulla base di cosa è successo in passato. I numeri, in primo luogo. Durante il primo mandato, dal 2017 al 2020, Trump incontrò 5 volte Putin ed ebbe con lui 9 telefonate. Su quegli anni pesarono le voci mai dimostrate che Trump era stato «compromesso» dai servizi russi: storie non sostanziate su investimenti dubbiosi in Florida, improbabili video di sue imprese erotiche in un hotel di Mosca, presunti contatti di ogni tipo tra la sua campagna e l’intelligence del Cremlino. Certo, la Russia interferì con i suoi troll nelle elezioni del 2016 (ha continuato a farlo) e ci furono contatti preventivi, politicamente inopportuni, tra l’entourage del presidente-eletto e l’ambasciatore russo negli Usa. Ma nelle 448 pagine del suo rapporto, neppure l’ex capo dell’Fbi, Robert Mueller, riuscì a provare collusioni.
È vero, tuttavia, che Trump instaurò una relazione molto speciale con Putin, tenendola anche piuttosto segreta e giocoforza sospetta. La prima volta si videro al G20 di Amburgo nel 2017: subito dopo un faccia a faccia senza collaboratori, il presidente americano si fece consegnare le note del suo interprete, ordinandogli di non rivelare ad alcuno quello che aveva sentito. Quella sera stessa, alla cena ufficiale, Trump a un certo punto lasciò il posto a tavola assegnatogli, prese una sedia e si piazzò accanto a Putin, conversando con lui senza che alcun funzionario del suo staff fosse presente. Il terzo incontro avvenne lo stesso anno a novembre in Vietnam, a margine di un vertice Asia-Pacifico. Il vertice più celebre resta quello russo-americano di Helsinki, nel 2018, dove parlarono a lungo senza testimoni e alla fine Trump smentì l’Fbi, dicendo di credere a Putin, che nei colloqui aveva negato ogni interferenza nelle presidenziali del 2016. La nuova vittoria di Trump mette il turbo alla politica personalistica nei rapporti internazionali, soprattutto in quelli tra Mosca e Washington.
La situazione intanto non è facile per Kiev. Le truppe russe stanno facendo progressi lenti ma costanti sul campo di battaglia. L’Ucraina è alle prese con la carenza di uomini e armi, e il nuovo presidente degli Stati Uniti potrebbe presto interrompere la massiccia fornitura di aiuti militari. Eppure degli spiragli per trattare ci sono.
Lorenzo Cremonesi racconta così la situazione:
Una guerra che resta di posizione, caratterizzata dalla lenta e sanguinosa avanzata russa nel Donbass, dal persistere della presenza delle truppe ucraine nella regione russa di Kursk e da continui raid di droni compiuti da entrambi gli eserciti contro i nuclei urbani nemici. A quasi tre anni dall’inizio dell’invasione lanciata da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022 un dato resta evidente: i piani iniziali russi di vittoria rapida e indolore sono falliti da un pezzo e proprio il quasi stallo militare induce a credere che oggi i contatti tra Donald Trump e Putin per cercare vie di uscita abbiano forse qualche possibilità di successo in più che in passato. Volodymyr Zelensky intanto chiede a Trump di coordinare i negoziati e che nessuna soluzione venga tessuta «alle spalle dell’Ucraina».
Israele si è ritirato dal corridoio Netzarim a Gaza
L’esercito israeliano si è ritirato dal corridoio Netzarim, una delle condizioni previste dall’accordo sulla tregua. Si tratta di una fascia larga circa 4 chilometri, che taglia trasversalmente la Striscia e separa il nord e il sud di Gaza. È stato utilizzato da Israele come zona militare durante 16 mesi di guerra. Ieri l’esercito ha lasciato l’ultima parte e i palestinesi adesso sono liberi di muoversi da Nord a Sud della Striscia, anche se quello che trovano sono solo macerie.
Finora il cessate il fuoco iniziato il 19 gennaio sta reggendo (anche se ci sono stati scontri e operazioni israeliane in Cisgiordania, dove ieri sono morte altre due donne sotto il fuoco israeliano, una delle quali incinta all’ottavo mese). Nella prima fase della tregua, che durerà 42 giorni, Hamas deve liberare in tutto 33 ostaggi israeliani catturati durante l’attacco terroristico del 7 ottobre 2023 che ha scatenato la guerra, in cambio del rilascio di quasi duemila prigionieri palestinesi e di aiuti umanitari a Gaza. L’accordo prevede anche che le truppe israeliane si ritirino dalle aree popolate. Nella seconda fase, tutti gli ostaggi ancora in vita dovrebbero essere rilasciati in cambio di un ritiro completo di Israele da Gaza.
Ma i dettagli non sono ancora chiari e Israele e Hamas sembrano aver fatto pochi progressi nel negoziare la seconda fase dell’accordo. L’inizio dei colloqui era previsto per il 3 febbraio. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha inviato una delegazione in Qatar, che però comprende funzionari di basso livello: una scelta interpretata come un modo per indebolire la trattativa (il quotidiano israeliano Haaretz ieri ha scritto che secondo le sue fonti Netanyahu intende sabotare l’accordo per il rilascio degli ostaggi, perché «sa di non avere un governo se procede con l’accordo»).
Intanto sono ancora 76 gli ostaggi israeliani in mano a Hamas. Le loro famiglie si sono riunite ieri a Tel Aviv per sollecitare nuovamente Netanyahu a prolungare il cessate il fuoco. Ma il premier israeliano è pressato anche dall’estrema destra per riprendere la guerra in modo da sconfiggere Hamas. A complicare ulteriormente le cose c’è la proposta di Trump di trasferire la popolazione di Gaza e di appropriarsi del territorio (quello che, secondo il diritto internazionale, è un crimine di guerra). Netanyahu anche ieri si è detto a favore, mentre Hamas, i palestinesi e gran parte del mondo l’hanno respinta.
Lo scontro tra governo e magistrati
Il nuovo presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi è pronto a incontrare la premier Giorgia Meloni («Non possiamo sottrarci a un incontro che io ho chiesto» ha detto ieri. «Sarà un’occasione per spiegare una volta di più con chiarezza, fermezza, lucidità e senza nessun cedimento le nostre ragioni» spiega nell’intervista a Ilaria Sacchettoni). L’Anm però non solo non revoca lo sciopero indetto per il 27 febbraio, ha anche proclamato un’altra forma di protesta, in questo caso solo simbolica: indossare la coccarda tricolore sulla toga durante tutte le udienze civili e penali. Intanto il sottosegretario Alfredo Mantovano accusa i magistrati di non volere nessun confronto (quando secondo Mantovano «persino la Cgil» lo accetta). Dopo settimane insomma non dà segni di tregua lo scontro tra governo e magistratura sulla riforma della giustizia che vuole introdurre la separazione delle carriere tra pubblici ministeri. A cui si aggiungono le tensioni per la bocciatura dei trasferimenti dei migranti nei centri di espulsione dell’Albania e per il caso Almasri e i suoi strascichi.
Fulvio Fiano li riassume così:
Al centro dello scontro, come detto, oltre alla osteggiata separazione delle carriere c’è la tempesta scatenatasi sugli uffici giudiziari di Roma nelle due inchieste che hanno paralizzato anche l’attività politica di questi giorni. La liberazione del torturatore libico con le responsabilità attribuite (senza riscontri) dal ministro Nordio alla Procura generale della corte d’Appello e l’attacco della premier al procuratore capo Lo Voi per le ipotesi di reato trasmesse al tribunale dei ministri a carico degli stessi Nordio, Meloni, Mantovano e Piantedosi. «Io tento di avere rispetto istituzionale. Sono sotto accusa per favoreggiamento e peculato e attendo di spiegare nelle sedi competenti quanto è successo — ha commentato sul punto il sottosegretario — posso solo dire che, nella mia stanza, da qualche giorno quell’avviso è incorniciato». Il tribunale dei ministri deve valutare in particolare nei confronti del Guardasigilli l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio per non aver dato seguito alle sollecitazioni della corte d’Appello. Un comportamento analogo, su un piano diverso, contrappone il governo alla Cpi, che chiedeva la cattura di Almasri.
Lo Voi è chiamato in causa anche per la presunta rivelazione di segreto in relazione agli accertamenti compiuti dall’Aisi sul capo di gabinetto di palazzo Chigi, Gaetano Caputi, finiti negli atti delle indagini nate da una denuncia dello stesso contro il quotidiano Domani. Il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che fa capo proprio a Mantovano, ha denunciato a Perugia il capo dei pm romani e il suo omologo Raffaele Cantone valuterà oggi come procedere.
È dunque un conflitto sempre più acceso e su più fronti, che fa male al Paese, come scrive oggi il direttore Luciano Fontana rispondendo alle lettere dei lettori:
Dovremmo mettere un punto fermo e dire basta. Il compito spetta, soprattutto, alla coalizione di governo e alla premier, perché il voto del 2022 ha affidato loro la responsabilità più importante. Ci sono riforme decisive da affrontare, questioni economiche (dalla crescita in rallentamento alle sfide dell’industria e dell’occupazione) non più rinviabili, emergenze sociali (come quelle sanitaria e della povertà) che meritano risposte immediate. Il gioco quotidiano dei conflitti istituzionali, dei veleni, degli slogan che durano lo spazio di un mattino va fermato. La ruspa modello Trump meglio rimetterla in garage a favore di un lavoro serio e paziente al servizio del Paese.
Intanto potrebbe arrivare una svolta concreta che riguarda i centri in Albania, dopo che la Corte d’Appello di Roma ha confermato quello che i Tribunali avevano già stabilito nei mesi scorsi e cioè che l’attuale normativa non consente alcun automatismo nel rimpatrio dei migranti extracomunitari sbarcati sul territorio italiano (non permette cioè la procedura accelerata nei centri albanesi su cui aveva puntato la premier Giorgia Meloni).
Spiega Rinaldo Frignani che il governo ha deciso di modificare l’accordo con l’Albania e potrebbe trasformare i centri albanesi in cpr — dedicati quindi esclusivamente al rimpatrio dei profughi ritenuti senza requisiti per ottenere protezione internazionale dall’Italia — oppure in centri di accoglienza, magari facendoli gestire all’Albania. Se confermata sarebbe una sostanziale marcia indietro.
L’intervista a Giuseppe Conte
Nell’intervista al Corriere pubblicata ieri la leader del Pd Elly Schlein aveva detto che «l’attacco violento» del governo ai magistrati è «una strategia per sviare l’attenzione» dalla «scelta politica» della riforma della giustizia. Ora il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, intervistato da Monica Guerzoni, accusa la premier Giorgia Meloni di «bullismo istituzionale» contro i giudici. «Io ho avuto più di un avviso dalla Procura di Roma e dallo stesso Lo Voi, ma non mi sono permesso di registrare video scaricando la comunicazione aggressiva di un presidente del Consiglio contro un singolo magistrato» ricorda Conte.
«Meloni, Santanché e tutti i sodali che adesso sono al governo» dice «in virtù della loro cultura arrogante e autoritaria e dei voti presi, vogliono privilegi e impunità e continuano la guerra contro la magistratura. Il risultato è una giustizia durissima contro la gente comune, ma piegata al controllo del governo di turno attraverso la riforma della separazione delle carriere. La verità è che Meloni cerca capri espiatori perché non sta governando, è incapace di soddisfare i bisogni di imprese e cittadini e ha provocato l’arresto della crescita».
Il leader 5 Stelle attacca anche la politica economica di Meloni: «Sa come questo governo verrà ricordato dagli imprenditori? Crescita allo zero virgola, crollo da 22 mesi della produzione industriale, imprese lasciate fallire, caro energia e misure come Transizione 4.0 sepolte sotto la burocrazia. E sa come verrà ricordato questo governo dalle famiglie? Segno negativo sugli stipendi reali, aumento di bollette e accise, tagli alla rivalutazione delle pensioni, smantellamento di opzione donna».
E ancora: «Hanno tolto 100 euro a chi ne prende 700 al mese e hanno dato 1,80 euro a chi prende la pensione minima. Grazie ai “Fratelli di banca” gli unici a ridere sono gli istituti di credito, che vedono esplodere le loro quotazioni in Borsa fino al 240% negli ultimi tre anni e utili raddoppiati negli ultimi due anni da 25 a 50 miliardi. Non solo il governo non ha preso un euro dalla tassa sugli extraprofitti, ma attraverso Sace ha coperto coi soldi dello Stato precedenti finanziamenti bancari in sofferenza, con perdite che pagherà lo Stato e profitti che arricchiranno le banche».
Oggi intanto approda alla Camera la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle nei confronti della ministra del Turismo Daniela Santanchè, che è stata rinviata a giudizio per falso in bilancio e indagata per truffa allo Stato.
Le altre notizie importanti
- Il presidente americano Donald Trump ha detto ieri che annuncerà oggi dazi del 25% su tutte le importazioni di acciaio e alluminio negli Stati Uniti.
- Durante il dibattito con il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz in vista delle elezioni del 23 febbraio, il leader della Cdu Friedrich Merz ha detto che non vuole riformare subito la Schuldenbremse (il freno al debito), «ma in seguito potrà essere discussa».
- Massimo Moratti risulta al momento l’unica vittima della truffa con la voce del ministro Guido Crosetto ad aver eseguito due bonifici su un conto di Hong Kong per un totale di un milione di euro.
- La popolazione mondiale negli ultimi 100 anni è passata da 2 a 8,2 miliardi. Ma l’allarme demografico è ingiustificato: già 63 Paesi perdono abitanti. Tra questi Italia, Russia e Cina. Nel Dataroom di oggi Milena Gabanelli e Francesco Tortora spiegano perché può essere un’opportunità.
- Alla vigilia del vertice internazionale di Parigi sull’intelligenza artificiale (Ai), il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato investimenti per 109 miliardi di euro per il suo sviluppo. Macron ha anche pubblicato sui social un video con le sue immagini generate dall’Ai mentre interpreta un agente segreto, canta come un rapper o balla in discoteca (a proposito di leader con un ego smisurato).
- Quando nel 2004 il banchiere Evelyn de Rothschild (morto nel 2022) lasciò la presidenza della banca di famiglia Rothschild & Sons, non fu per un normale avvicendamento ma proprio per la denuncia accertata di una donna: sono almeno 8 quelle che hanno raccontato al Guardian di essere state molestate da lui.
- Lo scrittore e filmmaker Antonio Manzini racconta di quando Andrea Camilleri gli fece leggere il suo primo libro su Montalbano.
- Il Napoli, capolista della Serie A, ha pareggiato in casa 1-1 con l’Udinese. Il campionato rimane apertissimo: se oggi l’Inter vincesse contro la Fiorentina (con cui ha perso a sorpresa per 3-0 giovedì) potrebbe ridurre il divario con il Napoli a un solo punto.
Da ascoltare
Nel podcast «Giorno per giorno», Lorenzo Cremonesi parla del rapporto Donald Trump e Vladimir Putin, della telefonata fra i due sul tema della guerra in Ucraina e di come Zelensky si sta adeguando al nuovo clima. Cesare Zapperi analizza il discorso che Matteo Salvini ha tenuto al vertice dei sovranisti di Madrid (un discorso che non è piaciuto agli alleati di governo di Forza Italia). Stefano Montefiori racconta il summit sull’intelligenza artificiale voluto da Macron a Parigi.
Risponde Luciano Fontana
Insulti, slogan e piccoli show. Chi ferma questo gioco pericoloso?
Quei cittadini che hanno assistito esterrefatti a un dibattito parlamentare pieno di reticenze, di insulti e di piccoli show. Ma a cosa serve tutto questo? Alla credibilità della classe politica di governo? Alla costruzione di un’opposizione che fornisca una visione diversa del futuro del Paese? Penso proprio di no. Continuare così allontana sempre di più le persone, le getta nello sconforto di chi si arrende all’idea che non c’è più niente da fare: i problemi dell’Italia resteranno lì, irrisolti.
Dovremmo mettere un punto fermo e dire basta. Il compito spetta, soprattutto, alla coalizione di governo e alla premier, perché il voto del 2022 ha affidato loro la responsabilità più importante. Ci sono riforme decisive da affrontare, questioni economiche (dalla crescita in rallentamento alle sfide dell’industria e dell’occupazione) non più rinviabili, emergenze sociali (come quelle sanitaria e della povertà) che meritano risposte immediate. Il gioco quotidiano dei conflitti istituzionali, dei veleni, degli slogan che durano lo spazio di un mattino va fermato. La ruspa modello Trump meglio rimetterla in garage a favore di un lavoro serio e paziente al servizio del Paese.
(Risposta ai lettori Luisa Rastrelli e Franco Piacentini. Qui le loro lettere)
Grazie per aver letto Prima Ora e buon lunedì
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