ROMA. Sono immigrati con regolare permesso di soggiorno, ma senza reddito o con entrate ridotte ai minimi termini. E spesso hanno seri problemi di salute, tanto da percepire una piccola pensione di invalidità.
Lo Stato fornisce le cure, medico di famiglia compreso, anche alle persone senza permesso. Ma loro, paradossalmente, si trovano in un limbo, quello dei migranti regolari, ma poveri: il Governo Meloni, con la Finanziaria 2024, ha presentato loro un conto da 2 mila euro l’anno per iscriversi al Servizio sanitario nazionale, da versare tutti insieme. Solo l’anno prima ne bastavano 357. Un salasso che la maggior parte di queste persone non è in grado di pagare. E così in circa 50 mila, 3.811 solo in Piemonte, certifica il Gris, Gruppo regionale salute immigrati, sono diventati invisibili alla nostra sanità pubblica. Garantita invece a tutti gli stranieri in Italia che, con regolare lavoro, versando le tasse pagano la sanità.
«Il paradosso – spiega Federica Tarenghi, medico della Simm, la Società italiana medicina dell’immigrazione e del GrIS-Piemonte – è che se sei irregolare puoi richiedere alla Asl il codice STP, quello di straniero temporaneamente presente che dà diritto ad accedere all’assistenza pubblica, mentre se hai regolare permesso di soggiorno devi pagare una somma irraggiungibile per molti. Così tanti immigrati regolari ma poveri si trovano nella assurda condizione di dover scegliere tra i diritti civili garantiti ai regolari e diritto alla salute».
In molti così hanno abdicato la sanità, come documenta il calo del 65% delle iscrizioni volontarie all’Ssn dopo il maxi-aumento. Approvato il quale il Governo si era affrettato a precisare che la quota di iscrizione non veniva aggiornata da un ventennio e che comunque il pagamento era richiesto a chi se lo poteva permettere. A leggere infatti il testo del comma 240 dell’articolo 1 della manovra 2024, si vede che il contributo è dovuto dal personale religioso temporaneamente in Italia, da diplomatici, dipendenti stranieri di organizzazioni internazionali, stranieri che partecipano a programmi di volontariato. Oltre che da studenti stranieri, over 65 arrivati in Italia dopo il 5 novembre 2008 per ricongiungersi ai loro cari e «dai titolari di permesso di soggiorno per residenza elettiva che non svolgono attività elettiva». Va da sè che, tra studenti e pensionati, ci siano anche stranieri che versano in condizioni economiche di difficoltà. Ma il grosso degli “invisibili” della nostra sanità si annida in quella voce: gli stranieri con “residenza elettiva”. Ricconi tipo Sting che si sono potuti comprare la villa in Italia per risiedervi qualche mese l’anno e che vogliono garantirsi le cure del nostro Ssn, non poi così bistrattato all’estero. «Peccato però che quella voce raccolga anche tanti immigrati extracomunitari, per i quali la residenza elettiva, a volte una casa comunale, è servita come espediente per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per altri due anni» spiega l’avvocato Vincenzo Papotti dell’Associazione studi giuridici per l’immigrazione (Asgi), che assiste molti di questi fantasmi della nostra sanità: «L’assurdo – aggiunge- è che mi trovo costretto a dire: “Guarda che se paghi poi non possiamo fare ricorso contro una norma che è a mio avviso palesemente discriminante e anticostituzionale”».
«Ad essere stati così ingiustamente estromessi dall’assistenza sanitaria pubblica – aggiunge la dottoressa Tarenghi – sono ad esempio tanti africani che non hanno più un lavoro che gli consenta di ottenere il permesso di soggiorno e ai quali si assegna così una residenza elettiva. La scorsa settimana è venuto da noi un ragazzo con problemi psichiatrici che i duemila euro da versare non sapeva proprio dove trovarli, così ora si paga farmaci e visite specialistiche. Spende di più ma almeno non tutto in una volta» racconta sempre Federica Tarenghi, che ci mostra la lettera inviata a governo e regioni con la quale il GrIS avanza una serie di proposte, tra cui la rateizzazione del pagamento e una deroga all’intero pagamento per le persone in carico ai servizi sociali.
Anche perché le storie raccolte dai suoi medici volontari reclamano giustizia. Come quella della signora marocchina, prima trapiantata di rene alle Molinette di Torino e poi lasciata senza cure. O quella della donna dominicana rimasta senza terapia anti-Hiv. O ancora il caso del ragazzo albanese costretto in carrozzina e con gravi deficit cognitivi che non può permettersi con la sua pensioncina di pagare la somma richiesta da uno Stato forte con i deboli e debole con i forti. Quelli che, come documentato dal rapporto Crea sanità, guadagnano ma non pagano le tasse e così nemmeno la sanità pubblica. Negata invece a chi ne avrebbe più bisogno.
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