Anziani soli, famiglie numerose: qui diamo risposte – RASSEGNA STAMPA

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Comunità di Sant’Egidio. La cultura della solidarietà andrebbe studiata a scuola. L’attenzione ai minori che rischiano derive criminali

Quali sono le nuove povertà? Come è cambiato il tessuto sociale e quali sono gli aiuti che possono arrivare dalle associazioni caritative? Domande che chiedono risposte complesse e che necessitano di orizzonti più ampi per non limitarsi a un discorso emergenziale. «In questi anni è aumentata la solitudine, una povertà che aggrava tutte le altre – afferma la novarese Daniela Sironi, responsabile della Comunità di Sant’Egidio per il Nord Italia – Il tessuto sociale è fragile ed è difficile che si crei un tessuto solidale capace di sostenere le difficoltà. Di conseguenza, gli anziani sono soli, le famiglie sono lacerate e i bimbi e i malati sono soli, crescono la violenza e la diffidenza. La lezione del Covid non è stata appresa: se durante la pandemia ci sentivamo tutti sulla stessa barca, dopo l’isolamento, le lacrime, le immagini di quei camion militari in fila con i morti da portare agli inceneritori, nella voglia di riprendersi la vita, si è imposta la prepotenza di chiedere un risarcimento, e di farlo contro gli altri, non con gli altri».

Eppure il bisogno più grande dell’uomo è quello di comunità, di amicizia, di creare una rete che possa sostenere «perché siamo tutti un po’ a rischio. Il timore dell’altro getta nell’abbandono i più deboli – prosegue Sironi – Non è a causa dei poveri che siamo più poveri, anzi, siamo più ricchi e sicuri se siamo vicini a chi soffre. Tutto ciò che non ha indici economici ma umani non ha valore oggi. I provvedimenti che vengono adottati sono non per tutelare i poveri ma per tutelarsi dai poveri. Viviamo in una sorta di delirio di onnipotenza, come se potessimo sempre vivere felici e in salute, eppure basta una malattia per renderci conto che serve una sanità efficiente, una città a misura di disabile, una solidarietà di vicinato, l’attenzione delle persone».

In questo, per Sironi, la globalizzazione è devastante, in quanto anche se permangono differenze tra le grandi città come Milano, Torino, Genova, e i paesi più piccoli, è vero anche che tali differenze sono meno marcate. «Se mio nonno vive in un istituto, magari in una bella villa sul lago, ma io sono milanese, non vado a trovarlo. Spesso questi anziani hanno sul comodino un numero di telefono da contattare in caso di decesso ma non hanno più relazioni con l’esterno. Se mio cugino va a vivere per strada e io risiedo a 300 metri di distanza, non vado a cercarlo – esemplifica la referente di Sant’Egidio – perché non si investe sugli altri, soprattutto quando vengono considerati una zavorra di cui liberarsi per andare avanti allegri». La Comunità di Sant’Egidio investe nei suoi progetti di aiuto proprio in un’ottica di educazione e di cambiamento culturale. «W gli anziani» è proprio dedicato al contrasto della solitudine degli anziani, con la presa in carico degli over 80 nelle città del Nord Italia, un modello per far incontrare le generazioni, per ricostruire un tessuto comunitario che abbia come fulcro gli anziani, fattori umanizzanti, capaci di simpatia verso i giovani, scrigno della memoria di un Paese diverso da quello attuale.

Un altro grande investimento progettuale è quello legato alla casa, luogo in cui abitare, luogo di identità: «E’ sotto gli occhi di tutti la grande fame di case perché vivere senza significa non avere protezione – illustra Sironi – non dare futuro ai propri figli. L’assenza di casa, la co-abitazione forzata, il deperimento immobiliare sono fattori che incidono sull’oggi e sul domani. Ci sono centinaia di appartamenti di edilizia popolare murati e centinaia di migliaia di persone, di famiglie in attesa pur avendo i requisiti e il diritto di ottenere un tetto, allora ci si stringe in camere, soffitte, cantine. Tutto questo non è giusto».

Anche per questo la rabbia delle persone è tangibile e in crescita rispetto a vent’anni fa «perché non si trova risposta alle necessità». E queste necessità riguardano le famiglie, riguardano i giovanissimi «basti pensare ai minori non accompagnati che al compimento del 18esimo anno d’età vengono rimandati sulla strada e cosa possono fare senza aver concluso un percorso formativo, senza lavoro, senza casa? Spesso sono costretti a delinquere e vanno a incrementare i numeri delle carceri. Sant’Egidio quindi ha pensato alle Case del sogno per permettere a questi ragazzi di costruirsi un futuro onesto: se lo facciamo noi con pochi mezzi, perché non ci pensa lo Stato? Perché è patrigno e non padre? La giustizia è una sola».

Nel 2004 Sant’Egidio ha proposto una legge sulla cittadinanza «che nessun Governo ha avuto il coraggio di approvare» così come la legge 33 sugli anziani «seppur approvata non viene finanziata» ma senza l’attenzione ad anziani e giovani non si risolve il problema della povertà. La Comunità di Sant’Egidio lavora molto con le Scuole della pace per far comprendere come sia fondamentale la responsabilità del prendersi cura dell’altro: «Stiamo ragionando sulla mancanza di giovani militari addestrati: ecco dovremmo vergognarci. Dovremmo ragionare sulla pace, non sulla guerra. Perché vogliamo mandare i nostri giovani a morire? Li trattiamo come pacchi, diamo per scontato che non abbiano interessi e aspirazioni e ora stiamo prospettando loro un futuro di morte. Questi giovani sono i nostri figli, sono il nostro specchio. Dobbiamo comunicare loro valori diversi. L’ascolto senza pregiudizi, l’arte del dialogo (come ha citato Papa Francesco) sono le materie per vincere la scommessa della pace e per superare la povertà».

 

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[ Erica Bertinotti ]



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