dopo il Viminale, il leghista punta la Farnesina

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Il “ciclone Salvini” non smette mai di stupire e di sbigottire nello scenario della politica internazionale. La visita del leader leghista in Israele è l’ultimo esempio della sua abilità (o per i più maligni inconsistenza) nel barcamenarsi fra ruoli e dichiarazioni che vanno oltre ogni convenzione.

Un ministro dei Trasporti che discetta di Gaza, di conflitti internazionali e si fa promotore della lotta contro Hamas?

La politica estera italiana sembra divisa fra il pragmatismo della Meloni e il protagonismo del suo vice e in Italia ci si domanda: qual è la vera linea del nostro governo? Forse la risposta si trova nel gioco delle immagini, dei like e delle strette di mano…

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La visita di Salvini in Israele imbarazza Tajani e Meloni

Fra una stretta di mano al presidente della Knesset israeliana Amir Ohana, la ministra dei Trasporti Miri Regev e il premier in persona Benjamin Netanyahu, la vista di Matteo Salvini in Israele non ha lasciato indifferenti né in Italia né all’estero. La capacità del leader della Lega sembra quella di barcamenarsi in un doppio ruolo, il secondo dei quali varia a seconda delle circostanze.

Un po’ vicepremier, un po’ ministro italiano dei Trasporti e un po’… Un po’ cosa? Se durante i tempi del governo giallo-verde era diventato un meme vederlo indossare mise diverse a seconda dell’occasione, Salvini sembra aver oggi fatto il salto della qualità. Le dichiarazioni sul ministro degli Interni Matteo Piantedosi avevano reso palese la voglia del leghista di tornare al Viminale, e come catalogare dunque ciò che Salvini ha detto durante la sua visita in terra israeliana?

Parole che trasudano certo una forte voglia di protagonismo – nelle corde del personaggio e del politico – e che esulano sicuramente da quanto sarebbe nelle opzioni disponibili per un ministro dei Trasporti. Ecco ad esempio cosa Salvini ha detto riguardo il futuro di Gaza, vittima di un “gioco” fra grandi potenze che se ne disputano la proprietà a colpi di proposte che non tengono conto delle migliaia di sfollati lì presenti:

Abbiamo parlato anche del futuro di Gaza, dei rapporti con i Paesi arabi, delle prossime missioni da concordare. Ho stretto con orgoglio la mano al premier democraticamente eletto della democrazia che è lo Stato di Israele, mi spiace che qualcuno se ne abbia a male. 

A seguire Salvini ne ha avute anche per la Corte penale internazionale (CPI), che accogliendo il ricorso del Sudafrica sui presunti crimini di guerra commessi dall’esercito israeliano in Palestina sembra aver dato altro materiale dialettico ai detrattori di Israele.

La demonizzazione di Hamas per il leader leghista è tale che qualunque cosa venga detta dal gruppo terroristico è squalificata dall’esser presa in considerazione:

virgolette

Ho trovato singolare che alcuni media sia in Italia che in Israele abbiano messo sullo stesso piano Trump e Hamas, qualcuno addirittura dicendo che le parole di Trump potrebbero essere un rallentamento sulla via della pace, secondo la denuncia di Hamas. Ecco mi fa orrore il fatto che qualcuno metta sullo stesso piano le dichiarazioni di un’organizzazione terroristica come Hamas con le parole del neo rieletto presidente degli Stati Uniti.

In tutto questo ci si può domandare: ma il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, cosa sta facendo?

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Tajani al lavoro fra Balcani e CPI

Il fatto che l’Italia su molte questioni internazionali sembri vaso di coccio fra tanti vasi di ferro non è, purtroppo, certo una novità e i vari errori o ritardi non possono esser imputati al solo Tajani. Più in generale, fa specie che lo stato italiano sembri molto spesso “costretto” a dover fare la faccia buona anche quando alcuni casi scuotono le coscienze della popolazione italiana: si pensi alla morte di Giulio Regeni in Egitto o alla vicenda del generale libico Almasri.

Spulciando i social della Farnesina e dello stesso leader di Forza Italia, si può vedere come gli ultimi giorni siano stati dedicati ad importanti incontri con esponenti dei vari stati che compongono i Balcani. Area importante perché la via di terra per le migrazioni irregolari talvolta sostituisce le partenze per mare, ma anche perché ci sono stati (come la Serbia) interessati alle lusinghe economiche della Cina e della Russia.

Nel 2013 la Croazia entrò nell’Unione Europea, mentre Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia sono paesi candidati. L’Italia, questo è l’auspicio di Tajani, deve impegnarsi di più affinché queste candidature abbiano successo nel lungo processo presso le varie istituzioni europee.

Comunque sia, il fatto che Tajani pensi ad una cosa mentre Salvini fa tutt’altro è stata ben presto notata dalle opposizioni. Secondo Riccardo Ricciardi del Movimento 5Stelle il leghista è andato fino in Israele da colui che viene da molti considerato come un criminale di guerra, cioè Netanyahu, mentre langue un riconoscimento formale dello stato palestinese da parte dell’Italia:

virgolette

Caro Tajani, è necessario riconoscere lo Stato di Palestina. Senza farlo non si arriverà mai a quel percorso di pace che porterà a due popoli e due Stati. Salvini, che oltre ad aver incontrato Netanyahu ha anche incontrato il ministro dei Trasporti israeliano, forse perché vuole fare un ponte tra Israele e l’Italia, non si sa mai cosa frulla nella sua testa, ha stretto le mani a un criminale di guerra.

La doppia politica estera italiana: un (doppio) problema per Meloni?

A riguardo di questo tema, Tajani si è sempre mantenuto sul solco del “due popoli, due stati”, mostrando simpatia e vicinanza per le richieste pressanti da parte dello stato israeliano di avere la garanzia e la sicurezza che Hamas non condurrà più altri attacchi. Oltre ad alcuni carichi umanitari e la preoccupazione per le comunità cristiane locali, non c’è altro da segnalare nell’azione diplomatica italiana.

Salvini si è anche espresso riguardo la delicata tregua che regola i rapporti Israele-Hamas, esprimendo la speranza che i restanti ostaggi israeliani possano tornare presto a casa loro. Se l’elogio alle tecnologie israeliane nei campi dell’idrogeno, della sicurezza stradale e dell’idrico (spesso però piegate contro la stessa popolazione e per togliere risorse e libertà di movimento alla parte araba e palestinese), rientra nei campi di azione di Salvini, il resto delle dichiarazioni no.

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Se la premier Giorgia Meloni ha sempre fatto vanto della personale vicinanza con il presidente USA Donald Trump, ne accetterà anche il piano di ricostruzione proposto per Gaza (una vera e propria pulizia etnica)?

Il problema è che le dichiarazioni salviniane fanno il paio con quelle della convention del gruppo europarlamentare dei Patrioti a Madrid di qualche giorno fa: contro Soros e a favore di Musk, niente ideologie green o woke e no assoluto all’islamizzazione dell’Europa.

Questo protagonismo di Salvini avrà prima o poi una fine? Forse solo Meloni ha la possibilità che ciò accada.

I tre punti salienti dell’articolo

  • Salvini e il doppio ruolo: la visita di Matteo Salvini in Israele evidenzia la sua abilità nel barcamenarsi tra il ruolo di ministro dei Trasporti e quello di protagonista della politica estera italiana, intervenendo su temi delicati come Gaza e Hamas.

  • La divisione nella politica estera italiana: mentre Giorgia Meloni adotta un approccio più pragmatico, Salvini si distingue per il suo protagonismo, creando confusione sulla linea politica italiana. La sua visita in Israele ha suscitato imbarazzo tra i suoi alleati, come il ministro degli Esteri Tajani.

  • Le tensioni interne e il futuro della diplomazia italiana: la contrapposizione tra Salvini e Tajani, insieme alla mancanza di un riconoscimento ufficiale della Palestina, solleva dubbi sulla coerenza della politica estera italiana. La situazione potrebbe mettere in difficoltà Meloni, che potrebbe dover intervenire per riportare ordine.





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