Fine vita in Toscana, il Pd dice “avanti tutta”. Anche a costo di mettersi contro i cattolici

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Dopo lo stop in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Veneto, la legge sul suicidio medicalmente assistito approda dalle parti di Firenze trovando il pieno sostegno dei dem toscani. Nonostante i malumori della componente cattolica. La battaglia si sposterà poi a Roma, dove è già pronta un’eccezione di costituzionalità


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L’autonomia regionale modello Calderoli è per i dem il male assoluto, ma non se la discussione è lontana da Roma. Dalle parti di Firenze, ad esempio, dove il Pd si appresta a far passare (la votazione finale avverrà oggi, l’esito è scontato) la prima legge in Italia sul suicidio assistito, riuscendo nell’impresa che il parlamento nazionale non è mai stato capace di realizzare per mancanza di un accordo tra le forze politiche. Una scelta compiuta su diretta ispirazione del Nazareno – troppo importante il tema, troppo centrale la Toscana perché la questione sia lasciata solo ai dirigenti locali – fatta per dimostrare come il Partito democratico intenda andare fino in fondo nell’agenda dei diritti, anche a costo di finire in testacoda nel dibattito nazionale antiautonomia (il fine vita alle regioni sì e la competenza sul commercio no?) e di sfidare contemporaneamente i vescovi della regione (l’ascoltatissimo cardinale di Siena Augusto Paolo Lojudice ha tuonato come mai era accaduto, i comitati Pro vita denunciano che “la Toscana sarà la Svizzera d’Italia”) e la componente cattolica interna ai dem, che ha mostrato più di un mal di pancia arrivando a minacciare il proprio no o l’uscita dall’aula nel momento del voto. Proprio nel momento in cui i cattolici del Pd sono in fermento, e i convegni del mese scorso ne sono una conferma. Senza contare altre perplessità poi anche quelle rientrate da parte di Italia viva, che in Toscana è in maggioranza e in maggioranza vorrebbe restare

 

La legge toscana disciplina il tema del suicidio medicalmente assistito, ammettendolo, compiendo un percorso “gemello” a quello intrapreso nei mesi scorsi da altre regioni, avviato da una proposta di legge popolare dell’associazione Coscioni, esaminato e affossato in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia e Veneto con la motivazione che non si tratta di materia di competenza regionale. L’associazione Coscioni aveva inteso smuovere la palude del parlamento nazionale e colmare con una legge regionale il vuoto legislativo in materia, vuoto che si è creato a seguito di numerosi interventi della Corte costituzionale e che hanno prodotto la curiosa situazione per cui adesso in Italia su un tema così centrale nella vita dei cittadini ci sono sentenze ma non leggi (di qui la confusione che conosciamo, con singole Asl che concedono autorizzazioni o persone che scappano in Svizzera per morire). 

La decisione dei dem toscani ha trovato pieno sostegno del Nazareno, anzi, secondo i meglio informati l’input di alzare la bandiera dei diritti sarebbe arrivato proprio dai vertici della segreteria, intenzionata a spenderla politicamente a livello nazionale. A nulla sono valse le perplessità dei cattolici interni, più sensibili alla voce dell’episcopato. La Toscana è una regione rossa ma dove la Chiesa conta molto, e basti pensare la rete diffusa delle Misericordie e del volontariato legato alle parrocchie, peso che nella prossima campagna elettorale in molti temono poi di scontare. I mal di pancia sono stati ridotti al minimo contando sul fatto che tra pochi mesi si faranno le liste per il rinnovo del consiglio regionale, e ai dubbiosi è stato fatto capire nemmeno con troppi giri di parole che la segreteria non avrebbe ammesso defezioni su una battaglia considerata centrale. Non sarebbero stati in sostanza tollerati comportamenti come quello della consigliera veneta Anna Maria Bidon, che lo scorso anno si astenne e impedì in Veneto il varo di una legge simile a quella che adesso approva la Toscana (lì ci fu il curioso caso delle Lega che si spaccò, con il governatore Zaia che aveva sposato una linea “laica”, poi naufragata). Una difficoltà che le opposizioni in Toscana avevano colto al punto da presentare nelle scorse settimane in capigruppo una richiesta per il voto segreto, trattandosi di materiale legata a questioni di coscienza, richiesta respinta dalla maggioranza.

Approvata la legge, la battaglia si sposterà a Roma, dove con buona probabilità il governo impugnerà il provvedimento contestando la competenza regionale. Argomento che le opposizioni in Toscana hanno già sollevato, forti di un pronunciamento degli stessi uffici legislativi del Consiglio regionale, secondo cui la legge è a rischio perché “la Consulta potrebbe ritenere illegittimo l’atto in esame giudicando prevalente la potestà esclusiva statale”. Forza Italia per bocca del capogruppo Marco Stella presenterà subito eccezione di costituzionalità.
 





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