Hamas accusa Israele: «Viola l’accordo». Tel Aviv pronta a colpire

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Sono ore di tensione, di attesa nervosa. Gaza rischia di finire di nuovo sotto missili e bombe. L’annuncio di Hamas della sospensione della liberazione degli ostaggi israeliani, in risposta, afferma il suo portavoce militare Abu Obeida, al mancato rispetto da parte di Tel Aviv degli impegni stabiliti dall’accordo di tregua, è arrivato quando Benyamin Netanyahu aveva da poco terminato il suo intervento davanti al plenum della Knesset. Con tono soddisfatto, il premier si era rivolto ai parlamentari offrendo come soluzione per il cosiddetto «giorno dopo» senza Hamas al potere a Gaza, il piano annunciato da Donald Trump volto a cacciare via i palestinesi dalla Striscia che sarà «comprata» dagli Stati uniti. Un progetto che il presidente americano ha ribadito ieri in una intervista alla Fox News.

Quando gli è stato chiesto se i palestinesi di Gaza avranno il diritto di tornare nella loro terra, Trump ha risposto «No, non ne avranno, perché riceveranno alloggi molto migliori…In altre parole, sto parlando di costruire un posto permanente per loro». Spostamento, trasferimento, emigrazione, allontanamento e altro ancora. I media mainstream, italiani in testa, consultano nervosamente il vocabolario per non usare le due parole, pulizia etnica, che descrivono con estrema chiarezza ciò che hanno in testa la Casa Bianca e il premier israeliano Netanyahu. Il presidente Trump, ha detto il premier israeliano, «ha presentato una visione nuova e rivoluzionaria per il giorno dopo Hamas». Quindi si è rivolto ai membri dell’opposizione che lo stavano fischiando e ha detto «Continuate a parlare del ‘giorno dopo’ e ora l’avete ottenuto. Il vostro problema è che non corrisponde alla narrazione di Oslo (Due Stati, Israele e Palestina, ndr)». Se i palestinesi saranno espulsi da Gaza – non se ne andranno mai volontariamente sapendo che non potranno tornare -, a forte rischio saranno anche quelli in Cisgiordania. Oggi Re Abdallah di Giordania incontra Trump al quale ribadirà che il suo regno rifiuta il piano per Gaza e, in ogni caso, non accoglierà profughi palestinesi.

L’interrogativo per tutti ieri sera riguardava il futuro della tregua tra Israele e Hamas dopo l’annuncio del movimento islamico. Netanyahu ha immediatamente convocato i funzionari della Difesa e ha anticipato la riunione del gabinetto per la sicurezza a questa mattina. Il ministro della Difesa Israel Katz ha ordinato all’esercito «di prepararsi al massimo livello di allerta per qualsiasi possibile scenario a Gaza di fronte alla violazione della tregua da parte di Hamas». La violazione della tregua è l’accusa che a sua volta il movimento islamico rivolge a Tel Aviv, mentre comincia a pesare la pulizia etnica teorizzata da Trump. In casa palestinese non è passata inosservata l’intera settimana persa da negoziatori e mediatori chiamati a discutere della seconda fase della tregua in attesa che Netanyahu tornasse dal suo viaggio negli Usa. La delegazione israeliana inoltre è andata e tornata inutilmente da Doha alimentando la narrazione dei tanti, anche in Israele, che credono che l’interesse del governo Netanyahu non sia andare avanti con il cessate il fuoco, bensì quello di riprendere la guerra. Ne sono convinte anche le famiglie degli ostaggi israeliani che ieri sera, assieme a migliaia di sostenitori sono scese in strada ad invocare passi veloci verso la seconda fase della tregua che prevede liberazione di tutti gli altri sequestrati, vivi e deceduti, oltre i 33 stabiliti dalla prima fase dell’accordo congelata ieri da Hamas. Trump domenica notte aveva messo in discussione la tregua a Gaza, aprendo la strada all’offensiva israeliana, dopo aver visto gli ultimi tre ostaggi israeliani rilasciati da Hamas in precarie condizioni fisiche. «Non so per quanto tempo ancora potremo resistere…a un certo punto perderemo la pazienza», aveva avvertito.

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«Il rilascio dei prigionieri programmato per sabato 15 febbraio 2025, sarà posticipato fino a nuovo avviso, in attesa del rispetto da parte dell’occupazione e dell’adempimento retroattivo degli obblighi delle ultime settimane. Riaffermiamo il nostro impegno nei confronti dei termini dell’accordo se l’occupazione (israeliana) vi aderirà», ha comunicato attraverso i canali social Abu Obeida. Fonti della sicurezza egiziana hanno fatto sapere che Hamas non considera più in vigore le garanzie Usa per il cessate il fuoco alla luce del piano di Trump.

Negli ultimi giorni la tensione è salita, in particolare nelle aree di Gaza a ridosso della «zona cuscinetto» creata da Israele lungo le linee di demarcazione, all’interno della Striscia. Negli ultimi giorni, i soldati israeliani hanno ripetutamente aperto il fuoco sui civili palestinesi, uccidendo diverse persone. Uccisioni che si aggiungono alla morte nei malandati ospedali di Gaza di numerosi feriti gravi. L’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor parla di 180 morti palestinesi dall’inizio del cessate il fuoco il 19 gennaio. Hamas protesta anche per la quantità di aiuti entrati nella Striscia che sarebbe ancora lontana dal minimo richiesto. Il numero di camion, afferma l’ufficio stampa del suo governo, non ha superato gli 8.500 sui 12.000 che si attendevano e gli aiuti giunti a destinazione sono carenti di medicinali. Aggiunge che le tende per gli sfollati sono meno del 10% del totale concordato e che non sono state portate  a Gaza case mobili, né attrezzature mediche, dispositivi, carburante e i materiali necessari per avviare la ricostruzione. Non è destinato ad avere un impatto sul terreno, alla luce delle restrizioni israeliane avallate da Trump, il memorandum d’intesa che il primo ministro dell’Anp Mohammad Mustafa, l’Undp (Onu) e l’Organizzazione Araba per la Ricostruzione in Palestina, hanno firmato per rimuovere le macerie, gli ordigni inesplosi e creare centri di accoglienza nella Striscia.

 



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