intervista a Giulio Lo Iacono

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Attualità

di Cinzia Rolli




Conto e carta

difficile da pignorare

 

In foto da sinistra: Enrico Giovannini direttore scientifico dell’ASviS; Pierluigi Stefanini e Marcella Mallen, presidenti dell’ASviS; Giulio Lo Iacono, segretario generale

L’ASviS, Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, nasce nel 2016 con l’obiettivo di realizzare
l’agenda 2030 delle Nazioni Unite. Tale agenda, composta da diciassette propositi, riguarda
principalmente l’espansione di un modo di vivere, partendo dalla produzione al consumo,
sostenibile, a basso impatto per l’ambiente. Nonché la lotta alla povertà e un maggior interesse
per la persona, per la sua salute e la sua istruzione; la ricerca della pace e una giustizia più equa, il
tutto mediante la collaborazione tra Stati.
L’Alleanza italiana si propone quindi di promuovere un nuovo stile di vita, di pensiero e di fare,
mediante la ricerca di strategie idonee e una verifica del raggiungimento di tali obiettivi sul
territorio italiano. Per capire meglio abbiamo fatto alcune domande al segretario generale dell’ASviS Giulio Lo Iacono.

Molti critici della sostenibilità si chiedono che contributo possiamo dare noi, nel nostro
piccolo, quando India e Cina, Paesi con la più grande popolazione mondiale e principali Stati
inquinanti non si attivano in tal senso. Il dubbio è lecito?

In realtà la questione è più complessa. Chi solleva questo interrogativo spesso mira a
ridimensionare le responsabilità dei singoli Paesi nella crisi climatica, ritardando l’azione
necessaria. Un esempio è proprio il dibattito sul contributo dell’Europa alle emissioni globali:
sebbene oggi il continente rappresenti “solo” il 7% delle emissioni di CO₂ su base annua, questa
cifra non racconta la vera portata del suo impatto storico. Se consideriamo infatti le emissioni
cumulate, quelle cioè che hanno prodotto il riscaldamento che oggi sperimentiamo sul pianeta,
l’Unione Europea (a 27 Stati) è al secondo posto con circa il 17% del totale dei gas serra rilasciati
nell’atmosfera, preceduta solo dagli Stati Uniti (24%) e seguita dalla Cina (15%). Ciò significa che
Europa e Italia hanno una chiara responsabilità nel riscaldamento globale e non possono sottrarsi
all’azione. Un altro aspetto cruciale è l’analisi delle emissioni pro capite. Nel 2022, un cittadino
italiano ha emesso in media 5,73 tonnellate di CO₂, mentre un cinese 7,99 tonnellate e un
americano ben 15,95 tonnellate. Inoltre, molti beni prodotti all’estero sono destinati al consumo
europeo: a chi dovrebbero essere attribuite quelle emissioni? Insomma, la questione è articolata e
non può essere banalizzata con slogan semplicistici. Serve una visione globale, basata su dati e
responsabilità storiche, per affrontare la crisi climatica con azioni concrete e condivise.

L’elezione di Trump come può influire sui progetti europei relativi allo sviluppo sostenibile?
Le politiche di Trump avranno effetti significativi su tre dimensioni principali: ambientale, sociale
ed economica. Dal punto di vista ambientale, sebbene le dichiarazioni del nuovo Presidente
possano influenzare singole scelte aziendali, il mercato dell’energia rinnovabile ha dimostrato di
crescere indipendentemente dalle politiche degli Stati e questo avviene anche in Europa. Tuttavia,
eventuali misure protezionistiche sui dazi potrebbero frenare l’efficienza energetica, influenzando
l’evoluzione di questo settore. Sul piano sociale, le politiche trumpiane potrebbero incidere
negativamente su temi chiave dell’Agenda 2030, come la lotta alla povertà, l’istruzione e la sanità,
con ripercussioni a lungo termine sul benessere della popolazione americana e non solo. L’Europa,
per difendersi da certe politiche trumpiane, dovrà puntare sulla competitività e sull’innovazione.
L’innovazione, sia tecnologica sia sociale, non è solo un motore della transizione ecologica, ma
rappresenta anche un’opportunità per stimolare la crescita economica, creare occupazione di
qualità e trasformare i nostri sistemi produttivi e sociali. È cruciale che l’Europa acceleri in questa
direzione, affrontando con determinazione la questione dei finanziamenti e del nuovo bilancio
2028-2034, elemento chiave per sostenere tali processi di cambiamento.

I veicoli elettrici sono davvero meno impattanti per l’ambiente?
Certamente. Prendiamo il caso dell’inquinamento atmosferico, che spesso viene trascurato nel
dibattito sulla transizione dei trasporti, ma che rappresenta una delle principali emergenze
sanitarie globali. Secondo uno studio internazionale, lo smog causa ogni anno 8,7 milioni di morti
premature nel mondo, di cui circa 400 mila in Europa e 60 mila in Italia, il paese con la qualità
dell’aria peggiore del continente. Il settore dei trasporti è tra i maggiori responsabili di questo
fenomeno, risultando la seconda fonte di inquinamento urbano dopo il riscaldamento e il
raffrescamento degli edifici. Un aspetto su cui riesce a incidere positivamente la mobilità elettrica,
l’unica tecnologia oggi a disposizione che elimina le emissioni degli inquinanti atmosferici quando
ci si sposta. Certo, l’energia elettrica prodotta per ricaricare la propria auto è in parte fatta da
combustibili fossili, ma prendiamo il caso italiano: da noi circa il 40% dell’energia elettrica proviene
da fonti rinnovabili, una quota destinata a crescere.
Per quanto riguarda la CO 2 emessa, anche in base all’attuale mix energetico, l’auto elettrica ha un
impatto ambientale significativamente inferiore rispetto ai veicoli tradizionali. Secondo uno studio
della Commissione europea, un’auto elettrica emette già oggi, cioè in base all’attuale mix
energetico, meno della metà della CO₂ di un’auto a benzina nell’intero ciclo di vita. Un dato che
conferma come la mobilità elettrica sia la strada più efficace per ridurre l’inquinamento e
contrastare la crisi climatica.

Qual è la posizione dell’Italia relativamente alla tutela ambientale?
Sul tema, le informazioni contenute nell’ultimo Rapporto AsviS non sono confortanti. Sulla tutela
dei nostri ecosistemi rileviamo infatti un andamento costantemente negativo, principalmente a
causa dell’aumento del consumo di suolo e della frammentazione del territorio naturale e
agricolo. Il 7,14% del suolo italiano è ormai impermeabilizzato, mentre la frammentazione del
territorio è al 40,8%. Inoltre, a fronte di un obiettivo di aree protette fissato al 30% entro il 2030,
oggi in Italia solo il 22% è sotto qualche forma di protezione.
Per cambiare le cose l’Italia dovrebbe mettere la protezione e il ripristino della natura al centro
delle politiche, per affrontare la crisi climatico-ambientale in modo strutturale e non
emergenziale, ed è necessario definire un piano integrato che consideri le azioni di conservazione
e ripristino come una grande opera pubblica, garantendo al contempo la tutela e la gestione
sostenibile degli ecosistemi, in conformità con il nuovo articolo 9 della Costituzione. In altre
parole, la riqualificazione dei territori può essere una grande opportunità ambientale e, allo stesso
tempo, un driver di crescita economica, rispetto al consumo di suolo. Inoltre, ogni intervento di
pianificazione urbanistica e trasformazione del suolo dovrà rispettare la gerarchia della Strategia
europea per il suolo, mentre l’utilizzo delle risorse idriche—irriguo, industriale e civile—dovrà
seguire il principio del Do no significant harm, includendo nei costi finali anche quelli ambientali,
come previsto dalla Direttiva quadro sulle Acque. Infine, è fondamentale creare tavoli di lavoro
integrati che coinvolgano il sistema bancario-finanziario, il settore produttivo e la comunità
scientifica, per definire strategie efficaci e indicatori finanziari che favoriscano la tutela del capitale
naturale e della biodiversità.

Quali sono in concreto i propositi di ASviS?
I propositi dell’ASviS si concentrano su tre obiettivi principali. In primo luogo, l’Alleanza Italiana
per lo Sviluppo Sostenibile, una grande rete della società civile composta da oltre 320 organizzazioni, mira a diffondere una cultura della sostenibilità a tutti i livelli, influenzando stili di vita, modelli di produzione e consumo e sistemi di convivenza civile in linea con i principi dell’Agenda 2030 attraverso campagne e iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Inoltre, l’ASviS si impegna ad analizzare le opportunità e le implicazioni per l’Italia derivanti dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, cercando di favorire un dibattito informato e di supportare le istituzioni nelle politiche legate alla sostenibilità. Infine, l’Alleanza contribuisce alla definizione di strategie nazionali e territoriali per il raggiungimento degli SDGs, monitorando costantemente i progressi e proponendo soluzioni per accelerare la transizione verso un futuro sostenibile, offrendo soluzioni formative e di accompagnamento per soggetti pubblici e privati. L’ASviS adotta un approccio inclusivo e collaborativo, coinvolgendo i diversi stakeholder per promuovere un cambiamento sociale e culturale concreto.

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In cosa consiste la collaborazione con “Ecosistema futuro”?
Si tratta di una partnership nata tra enti, organizzazioni, esperti e leader che già si occupano di
futuro in Italia, con l’obiettivo di mettere al centro del dibattito culturale, politico, economico e
sociale del Paese la riflessione sul lungo termine, visto che spesso siamo appiattiti sul presente o
addirittura sul passato. Viviamo un periodo di cambiamenti rapidi in vari ambiti – climatici,
tecnologici, demografici, politici e culturali – e per affrontarli è essenziale sviluppare la capacità di
immaginare il futuro. Il progetto nasce con l’intento di esplorare scenari oltre il 2030,
coinvolgendo l’intero Paese in un dibattito sui “futuri possibili” e delineando una strada comune
verso uno sviluppo sostenibile che garantisca benessere e qualità della vita per tutti, nel rispetto
del pianeta, fino al 2100. Il progetto affonda le sue radici nella modifica dell’articolo 9 della
Costituzione italiana, fortemente voluta dall’ASviS, che riconosce la protezione degli interessi delle
“future generazioni” come un principio fondamentale della Repubblica, e si ispira al Patto del
Futuro approvato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2024.

A che punto siamo con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritta nel 2015 dai 193
Paesi delle Nazioni unite, compresa l’Italia?

Il Rapporto ASviS 2024, “L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, evidenzia un quadro
preoccupante riguardo alla sostenibilità sociale, economica, ambientale e istituzionale in Italia, e di
riflesso, per il mondo intero. Nonostante gli impegni presi, il nostro Paese sta affrontando notevoli
difficoltà nel percorrere il cammino verso l’Agenda 2030, ostacolato da ritardi sistemici, politiche
inadeguate e crisi ricorrenti. Tra il 2010 e il 2023, l’Italia ha registrato un peggioramento su cinque
Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) cruciali: lotta alla povertà, riduzione delle disuguaglianze,
qualità degli ecosistemi terrestri, giustizia e istituzioni solide e partnership globali. I dati più allarmanti riguardano la povertà, con 5,7 milioni di persone che vivono in povertà assoluta e circa il 22,8% della popolazione a rischio di esclusione sociale. La disuguaglianza economica ha raggiunto livelli critici, con il 5% delle famiglie più ricche che detiene metà della ricchezza nazionale, mentre la metà più povera possiede solo l’8%. Questo divario richiede interventi urgenti per garantire una redistribuzione equa delle risorse, in particolare in settori chiave come l’istruzione, l’occupazione giovanile e la tutela della salute. Come detto precedentemente, sul piano ambientale l’Italia sta vivendo una crisi acuta: le temperature stanno aumentando a un ritmo doppio rispetto alla media globale, con gravi conseguenze sui territori e
sugli ecosistemi, che continuano a degradarsi.
Per invertire queste tendenze, il Rapporto propone una serie di azioni sistemiche e specifiche. Tra
queste, è fondamentale attuare la Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile 2022, che purtroppo
è stata dimenticata dopo la sua approvazione. Inoltre, è necessario che il governo adotti un

Programma per la coerenza delle politiche volto a raggiungere gli SDGs. Tra le misure più urgenti, il
Rapporto suggerisce l’adozione di una Legge sul Clima, che favorisca l’adozione di energie
rinnovabili e l’eliminazione progressiva dei combustibili fossili. In sostanza, non si tratta solo di
adempiere agli obblighi europei, ma di costruire una visione a lungo termine che garantisca anche
la giustizia intergenerazionale, tutelando le future generazioni.

Quali sono i prossimi appuntamento dell’ASviS?
Il 21 febbraio si terrà un nuovo appuntamento ASviS Live dedicato alla Costituzione, a tre anni
dalla storica riforma che ha introdotto il principio di giustizia intergenerazionale. L’evento vedrà il
confronto tra istituzioni, voci esperte e media su come tradurre questo principio in politiche
concrete e sarà l’occasione per lanciare una nuova grande campagna di sensibilizzazione su questi
temi, firmata da ASviS con Pubblicità Progresso. Il dibattito sarà trasmesso anche in diretta
streaming. Dal 7 al 23 maggio 2025 tornerà poi il Festival dello Sviluppo Sostenibile, il più grande
evento italiano dedicato alla sostenibilità. Per 17 giorni, quanti sono gli Obiettivi di sviluppo
sostenibile (SDGs), iniziative in tutta Italia coinvolgeranno cittadini, istituzioni, imprese e società
civile per promuovere la cultura della sostenibilità. Il programma includerà convegni, seminari,
mostre, spettacoli, eventi sportivi e molto altro, con l’obiettivo di rendere lo sviluppo sostenibile
un tema centrale nel dibattito pubblico. Parliamo di una manifestazione riconosciuta da UN SDG
action campaign come un’iniziativa innovativa e un’esperienza unica a livello internazionale. Sarà
possibile candidare eventi e iniziative a partire dal 21 febbraio sul sito festivalsvilupposostenibile.it
Stiamo attenti allora ai nostri gesti quotidiani, non pensiamo che siano la solita goccia dispersa nel
mare. Chi può fare di più lo faccia ma cerchiamo tutti di diffondere un esempio di vita di cui essere
fieri oggi per il domani.


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