Le novità della Legge di Bilancio 2025 per gli enti finanziari (Parte II)

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In un precedente intervento, sono stati illustrati i differimenti della deducibilità di specifici componenti negativi, previsti dalla Legge di Bilancio 2025, nella determinazione del reddito imponibile delle banche, delle imprese assicurative e, in generale, di tutti gli enti creditizi e finanziari. In questa occasione, si analizzeranno le ulteriori disposizioni introdotte dai commi 18-20, L. 207/2024. Sempre per una migliore chiarezza espositiva, i riferimenti temporali (es. 2025) si intenderanno riferiti ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre delle annualità indicate.

Nella maggior parte dei casi, i rinvii e le dilazioni delle deduzioni esposti nel precedente articolo comporteranno un incremento del reddito imponibile Ires e del valore della produzione netta Irap per i periodi d’imposta 2025 e 2026. Con riferimento all’Ires, salvo che, anche ad esito della rideterminazione, non continui a sussistere una perdita fiscale, il comma 18 introduce un importante vincolo: le perdite fiscali pregresse e l’eventuale eccedenza Ace, riportata dai periodi precedenti, potranno essere scomputate dal maggior reddito imponibile che emerge per effetto dei citati differimenti limitatamente al 54% di tale maggior reddito. Questo limite rappresenta un’eccezione al regime ordinario di utilizzo delle perdite e delle eccedenze Ace, che resta, invece, applicabile alla parte residua del reddito imponibile.

Tale norma, valida per il solo periodo d’imposta 2025, renderà, pertanto, necessaria la determinazione di 2 distinti calcoli del reddito imponibile: uno che tenga conto delle disposizioni introdotte dai commi 14-17 della Legge di Bilancio 2025 e uno che ne sia privo.

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A titolo esemplificativo, si ipotizzi una società soggetta alla disciplina in commento che determini, applicando le disposizioni della Legge di Bilancio 2025, un reddito di competenza pari a 300.000 euro, a fronte di un reddito che sarebbe stato pari, in assenza di tali nuove previsioni, a 200.000 euro: il maggior reddito è pari, pertanto, a 100.000 euro. Assumendo che non vi siano eccedenze Ace, le perdite pregresse (che si presumono capienti) sarebbero scomputabili come segue:

  • sul reddito determinato “ante L. 207/2024”, per 160.000 euro (80% di 200.000 euro);
  • sul maggior reddito “post L. 207/2024”, per 54.000 euro (54% di 100.000 euro).

Nell’esempio proposto, il reddito imponibile del periodo d’imposta 2025 sarebbe pari a 86.000 euro (euro 300.000 – euro 160.000 – euro 54.000).

Il medesimo comma 18 prevede, altresì, che la limitazione all’utilizzo delle perdite fiscali e dell’Ace operi anche per la determinazione del reddito dei soggetti aderenti al regime di consolidato: dopo che le partecipanti avranno determinato (seguendo le regole sopra illustrate) e trasferito il loro (eventuale) reddito imponibile alla consolidante, questa potrà computare in diminuzione dal reddito complessivo globale le ulteriori eventuali perdite pregresse, maturate in vigenza di consolidato, e le eccedenze Ace nella misura del:

  • 54%, con riferimento al maggior reddito rideterminato “post L. 207/2024”. A tale fine, è disposto che il reddito complessivo globale si considera prioritariamente formato dai maggiori redditi imponibili delle singole consolidate (riprendendo l’esempio precedente, si dovrà considerare l’importo di 46.000 euro);
  • 80%, con riferimento all’ammontare residuo del reddito complessivo globale.

I commi 19 e 20 intervengono sulla rideterminazione degli acconti dovuti per i periodi d’imposta interessati dalle modifiche, nonché sulle relative modalità di versamento. In particolare, per il calcolo degli acconti:

  1. relativi al periodo di imposta 2025, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata senza dedurre le quote dei componenti negativi di reddito indicati nei commi da 14 a 17 (ed esaminati nel precedente intervento) di competenza del 2024, applicando inoltre la limitazione all’utilizzo delle perdite pregresse e delle eccedenze Ace, di cui al comma 18 sul maggior reddito imponibile rideterminato;
  2. relativi al periodo di imposta 2026, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata senza dedurre le quote dei componenti negativi di reddito indicati nei commi da 14 a 17 di competenza del 2025 e senza considerare i differimenti introdotti da tali commi;
  3. relativi al periodo di imposta 2027, 2028 e 2029, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata escludendo i differimenti introdotti dai commi da 14 a 17.

Non si può fare a meno di notare come la formulazione della lettera b), del comma 19, sia piuttosto infelice. Se, da un lato, infatti, il Legislatore impone di non tenere in considerazione tout court le disposizioni che prevedono di portare in deduzione i componenti negativi più volte menzionati, secondo i loro “piani di ammortamento” iniziali, dall’altra parte precisa che non si deve tenere conto neppure delle quote differite ai sensi dei commi 14-17, come se queste ultime si aggiungessero a quelle originarie. Ma poiché proprio i commi da 14 a 17 azzerano qualsiasi deduzione per il periodo 2025 e i differimenti che gli stessi disciplinano hanno effetto a partire dal successivo periodo 2026, la necessità di rideterminare il reddito imponibile del 2025 risulterebbe priva di significato: adottando il metodo storico per il calcolo degli acconti, infatti, l’imposta del 2025 sarebbe già stata calcolata su un reddito “maggiorato” dalle mancate deduzioni. A tale proposito, si auspica un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle entrate o dello stesso Legislatore.

Da ultimo, il comma 20 stabilisce, per i soli periodi d’imposta 2025 e 2026, il divieto di versare la quota relativa ai maggiori acconti rideterminati sulla base delle disposizioni della Legge di Bilancio, tramite l’istituto della compensazione, sia orizzontale che verticale. Tralasciando i dubbi interpretativi innanzi espressi circa l’effettiva sussistenza di un maggiore acconto da versare nel periodo 2026 a seguito della rideterminazione dell’imposta 2025, tale norma impedisce di compensare, anche qualora le società interessate dalle novità normative dispongano di crediti (siano essi Ires, Irap o di altra natura) in misura capiente, la parte di acconti che eccede l’imposta che si sarebbe determinata senza applicazione dei commi da 14 a 19.

Queste disposizioni comportano un significativo impatto operativo per gli enti creditizi e finanziari, richiedendo particolare attenzione per la corretta identificazione dei redditi imponibili di riferimento per ciascun periodo d’imposta e l’adeguamento delle procedure contabili e fiscali per garantire la conformità ai nuovi obblighi normativi.



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