Messaggi WhatsApp e prova del credito: la pronuncia della Cassazione

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L’ordinanza n. 1254/2025 della Corte di Cassazione, Sezione II Civile, depositata il 18 gennaio 2025, ha affrontato il tema della valenza probatoria dei messaggi WhatsApp nel processo civile. La decisione si inserisce nel più ampio dibattito sull’utilizzo delle prove digitali nel rito di cognizione e fornisce spunti rilevanti per l’interpretazione dell’art. 2712 c.c. in materia di riproduzioni informatiche. Per approfondire su questi temi, consigliamo il volume Rito di cognizione, impugnazioni ed esecuzione dopo il Correttivo Cartabia, che risulta particolarmente pratico per i professionisti

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Corte di Cassazione -sez. II civ. ordinanza n. 1254 del 18-01-2025

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1. Il caso esaminato dalla Cassazione


La vicenda trae origine da una controversia relativa a un contratto d’opera per la fornitura e installazione di serramenti. In primo grado, il Tribunale aveva accolto l’opposizione a un decreto ingiuntivo, ritenendo che la documentazione prodotta dal creditore non fosse sufficiente a dimostrare l’esistenza del credito. La Corte d’Appello, invece, aveva riformato la sentenza, riconoscendo la validità probatoria di una copia fotografica di un messaggio WhatsApp.
L’ingiunto ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando in particolare la decisione della Corte d’Appello di ritenere sufficiente uno screenshot della conversazione WhatsApp, senza accertare con certezza l’identità dell’autore del messaggio. Per approfondire su questi temi, consigliamo il volume Rito di cognizione, impugnazioni ed esecuzione dopo il Correttivo Cartabia, che risulta particolarmente pratico per i professionisti

Rito di cognizione, impugnazioni ed esecuzione dopo il Correttivo Cartabia

Aggiornato al decreto noto come Correttivo Cartabia (il D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164), il volume approfondisce le particolarità del rito di cognizione, delle impugnazioni e delle esecuzioni alla luce degli ultimi interventi normativi. Oltre ad estendere le possibilità del deposito telematico obbligatorio, il decreto è intervenuto su diversi aspetti che il presente lavoro utilmente ripercorre passo passo: dall’intervento chiarificatore sull’introduzione della causa e i poteri del giudice prima dell’udienza ai nuovi requisiti della forma dell’appello e della notifica dell’impugnazione, dal titolo esecutivo anche in duplicato informatico all’indicazione nel precetto del giudice competente per l’esecuzione. Con schemi procedurali, tabella di raffronto della normativa e formule, il volume ha l’obiettivo di offrire un valido strumento operativo per i professionisti al fine di semplificare il lavoro di aggiornamento e approfondire alcuni aspetti della Riforma, come da ultimo aggiornata. ENRICO SIROTTI GAUDENZIAvvocato cassazionista, si occupa di diritto civile, commerciale e finanziario e di diritto penale. Autore di numerose pubblicazioni, è mediatore civile e commerciale ai sensi del D.Lgs. 28/2010 e formatore accreditato dal Ministero di Giustizia con riferimento alla materia della mediazione. Esperto di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (ADR), in particolare inerenti il contenzioso con gli istituti di credito. Docente e coordinatore in corsi e convegni in tema di diritto bancario, finanziario e strumenti alternativi alla giustizia ordinaria

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2. Messaggi WhatsApp come documenti informatici


La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che i messaggi WhatsApp rientrano nella categoria dei documenti informatici e sono pertanto utilizzabili come prova nel processo civile. La Corte ha equiparato i messaggi scambiati tramite l’app di messaggistica alle e-mail, considerandoli idonei a rappresentare fatti giuridicamente rilevanti.
Tuttavia, la loro efficacia probatoria dipende dalla verifica dell’autenticità e della riconducibilità all’autore. Un messaggio WhatsApp può costituire prova piena solo se si dimostra in modo certo che esso provenga dalla parte contro la quale viene prodotto.
La decisione è coerente con l’orientamento giurisprudenziale che ammette l’utilizzo di documenti digitali nel processo, purché sia garantita la loro affidabilità.

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3. Validità probatoria degli screenshot


Un aspetto centrale della decisione riguarda la possibilità di utilizzare screenshot o fotografie dei messaggi WhatsApp come prove documentali. La Corte ha chiarito che le riproduzioni fotografiche delle conversazioni possono essere ammesse nel processo civile, a condizione che sia possibile verificarne la conformità all’originale.
In particolare, la Cassazione ha richiamato l’art. 2712 c.c., secondo cui le riproduzioni informatiche fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotte non ne contesta la conformità. Ciò significa che:

  • Se la parte contro la quale è prodotto lo screenshot non lo disconosce formalmente, il documento è utilizzabile senza necessità di ulteriori verifiche.
  • Se, invece, viene contestata la conformità della riproduzione all’originale, sarà necessario fornire ulteriori prove, come perizie informatiche o la conferma dell’autore della comunicazione.

4. Disconoscimento e verifica dell’autenticità


La Cassazione ha distinto chiaramente tra utilizzabilità e attendibilità della prova:

  • L’utilizzabilità attiene alla possibilità di produrre il messaggio nel processo.
  • L’attendibilità riguarda invece il valore probatorio del messaggio e dipende dal comportamento della parte contro cui è prodotto.

Se la controparte non disconosce formalmente il contenuto del messaggio, esso assume valore probatorio pieno. Se invece ne viene contestata l’autenticità, sarà necessario dimostrarne la provenienza e l’affidabilità mediante altri mezzi di prova.
In tal senso, la Cassazione ha ribadito che la semplice produzione di una copia fotografica di un messaggio WhatsApp non è sufficiente a fornire prova certa della sua origine, se l’autenticità viene messa in discussione.

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5. Conclusioni


L’ordinanza n. 1254/2025 della Corte di Cassazione conferma che i messaggi WhatsApp possono costituire prova documentale nel processo civile, purché ne sia verificata l’attendibilità. La decisione chiarisce che:

  • Gli screenshot delle conversazioni sono ammessi come prova documentale.
  • Ai sensi dell’art. 2712 c.c., se la parte contro cui è prodotto il messaggio non lo disconosce, esso assume piena efficacia probatoria.
  • In caso di contestazione, sarà necessario dimostrarne l’autenticità con mezzi di prova ulteriori, come perizie informatiche o conferme dell’autore.

Questa pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale che amplia l’utilizzo delle prove digitali nel processo civile, riconoscendo l’importanza delle comunicazioni elettroniche e adattando gli strumenti probatori alle evoluzioni tecnologiche.



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