Romania in festa, addio a Iohannis

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di Angelica La Rosa

KLAUS IOHANNIS: UN PRESIDENTE ASSENTE E INADEGUATO PER LA ROMANIA

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Klaus Iohannis, fino ad oggi Presidente (molto contestato) della Romania, lascerà domani, mercoledì 12 febbraio, l’incarico. Sarà sostituito dal presidente del Senato, il compagno di partito Ilie Bolojan, fino al 4 maggio, data della nuova consultazione elettorale.

Leader del Partito Nazionale Liberale (PNL) e presidente dal 2014, Iohannis avrebbe dovuto farsi da parte lo scorso 21 dicembre 2024, ma il suo mandato è stato esteso in seguito alla decisione della Corte Costituzionale (un vero e proprio golpe istituzionale) di annullare le elezioni stravinte a sorpresa dal candidato indipendente Călin Georgescu.

Spesso descritto come un leader distante, inefficace e privo di una visione chiara per il paese, dopo anni al potere, il mandato di Klaus Iohannis che sta per concludersi è stato caratterizzato da una gestione passiva delle crisi, un coinvolgimento minimo nella politica interna e una palese disconnessione dalle reali necessità dei cittadini. E questo non è stato sostenuto solo da Aur, Sos Romania e il Partito della Gioventù, movimenti che alle elezioni per il rinnovo del Parlamento vinte dai socialdemocratici, hanno totalizzato il 31 per cento dei voti.

Uno dei principali difetti di Iohannis è la sua assenza dalla scena politica nazionale. In molte delle questioni cruciali per la Romania – dalla crisi energetica alla riforma della giustizia – il presidente ha mostrato un atteggiamento indifferente, limitandosi a interventi sporadici e generici. Il suo stile di leadership è più vicino a quello di un osservatore distaccato che a un capo di stato attivo e determinato.

Mentre il paese affrontava sfide economiche e sociali, Iohannis si è distinto per il suo silenzio e la sua riluttanza a intervenire. La sua risposta tardiva e poco incisiva alle proteste contro la corruzione e ai problemi della sanità pubblica ha deluso gran parte dell’elettorato che inizialmente lo aveva sostenuto.

Un aspetto controverso della presidenza di Iohannis è il numero elevato di viaggi all’estero, spesso senza una chiara giustificazione o risultati concreti per il paese. Molti romeni lo accusano di usare la presidenza come un pretesto per turismo diplomatico piuttosto che per affrontare i problemi interni.

L’assenza prolungata del presidente dai momenti chiave della politica nazionale solleva interrogativi sulla sua reale dedizione al ruolo. La sua predilezione per le visite ufficiali in località esclusive all’estero ha alimentato la percezione di un leader più interessato al prestigio personale che al benessere dei cittadini.

Nonostante le promesse iniziali di modernizzazione e riforma, l’azione politica di Iohannis è stata caratterizzata da un immobilismo frustrante. In materia di giustizia, corruzione e sviluppo economico, il presidente ha evitato decisioni forti, preferendo una strategia attendista.

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La riforma della giustizia, uno dei temi più importanti della sua presidenza, è rimasta incompiuta. Nonostante abbia criticato i governi precedenti per le loro politiche in materia, Iohannis non ha mai messo in campo azioni concrete per garantire un vero cambiamento. In ambito economico, la Romania continua a essere afflitta da problemi strutturali, dalla fuga di cervelli alla corruzione diffusa. Tuttavia, il presidente ha scelto di non affrontare direttamente queste questioni, limitandosi a dichiarazioni di circostanza prive di un reale seguito politico.

Uno degli aspetti più criticati della presidenza di Iohannis è la sua apparente indifferenza verso le difficoltà quotidiane della popolazione. A differenza di altri leader che cercano di mantenere un contatto diretto con i cittadini, Iohannis è spesso percepito come elitario e distante. Questa distanza si è manifestata in modo evidente durante le crisi sanitarie ed economiche, quando il presidente ha offerto discorsi formali e privi di empatia, senza mai proporre soluzioni tangibili per alleviare le sofferenze della popolazione.

Klaus Iohannis, insomma, ha fallito nel dimostrare la leadership forte e determinata di cui la Romania aveva bisogno. La sua presidenza è stata segnata da un’eccessiva passività, una gestione superficiale delle crisi e un disinteresse per i problemi reali del paese. Il peggio lo ho dimostrato recentemente gestendo malamente l’agguato istituzionale che è stato perpetrato contro Georgescu.

E proprio Georgescu, che nel frattempo ha ricevuto l’endorsement dal partito Aur, dovrà vedersela con Crin Antonescu, il candidato unitario scelto dalle forze che compongono l’esecutivo di coalizione di Bucarest, vale a dire i socialdemocratici del PSD, i liberali del PNL e la minoranza ungherese dell’Udmr. L’eventuale ballottaggio – se nessuno dei candidati raggiungerà il 50 per cento delle preferenze al primo turno – si terrà il 18 maggio 2025.



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