Brescia reggerà la guerra commerciale: verso gli Stati Uniti metalli per 386 milioni

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di
Thomas Bendinelli

L’export bresciano nel mondo vale 15 miliardi. Il presidente di Confindustria Beretta: «Preoccupano di più la Germania e il costo dell’energia»

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Chi sarà colpito dai dazi Usa del 25% su acciaio e alluminio ovviamente piangerà, ma il sistema Brescia è sicuramente pronto a reggere la guerra commerciale innescata da Trump. Il motivo è presto detto: beni e servizi bresciani che vanno verso gli States valgono meno dell’8% mentre Germania, Francia e altri Paesi dell’Unione Europea contano per il 65%. Detto questo i dazi non fanno piacere. Nei primi nove mesi del 2024 (ultimi dati a disposizione) l’export bresciano verso gli USA ha raggiunto un valore di 1.154 milioni di euro (142 milioni l’import): di questi circa un terzo riguardano i prodotti della metallurgia (129 milioni) e i prodotti in metallo (257), i due settori che in prima battuta dovrebbero essere interessati dai dazi (il resto si spalma in altri settori, 442 milioni solo per macchinari, mentre l’agroalimentare non incide molto: 42 milioni). 

Quattrocento milioni di metallurgia e prodotti in metalli su 15 miliardi di export complessivo bresciano nel mondo incidono per il 2,5% circa. «Sono comunque numeri ai quali prestare attenzione – afferma il presidente di Confindustria Brescia Franco Gussalli Beretta -. Dopodiché una cosa è l’annuncio, un’altra è l’applicazione concreta». Beretta ricorda che il problema non è nuovo, che già nel 2018 erano stati introdotti dazi, e che da qui a metà marzo (quando dovrebbero scattare i dazi), bisognerà vedere le esenzioni che verranno fatte e le questioni concrete. Beretta, soprattutto, non comprende bene fino in fondo la logica economica che sta dietro il provvedimento: «Premesso che agli imprenditori il protezionismo non dovrebbe mai piacere, capisco la logica del voler cambiare rotta per proteggere l’industria locale, ma se poi questa non c’è o non ha capacità produttiva sufficiente alla fine le importazioni ci sono comunque e alla fine ci rimettono i consumatori finali. E questo vale soprattutto per un mercato, quello statunitense, particolarmente sensibile al prezzo». 




















































Beretta parla anche per esperienza diretta, ha siti produttivi negli States (che quindi non sono direttamente interessati dai dazi) e sa che in uno dei questi l’alluminio serve: «Ma come tutto l’alluminio primario o quasi, arriva dal Canada (altro Paese colpito dai dazi, ndr) per cui alla fine avremo un costo in più. Con prezzi che aumenteranno anche per i produttori e i consumatori locali». Il timore è che alla fine si causi un inutile rallentamento della domanda. A complicare le cose ci sono poi i dazi indiretti, nel senso che l’economia bresciana potrebbe essere penalizzata anche da dazi al comparto automotive e altri settori.

Se si esportano in Germania componenti per auto e poi queste vengono colpite dalle misure di Trump, alla fine rallenta la domanda anche qui. In questo momento le preoccupazioni maggiori per il sistema bresciano arrivano però proprio dalla Germania e dal costo dell’energia: «Finché il mercato tedesco non riprende un po’ di effervescenza stentiamo anche noi – afferma il presidente di Confindustria -. E poi c’è un problema di competitività: le nostre imprese pagano l’energia il 30/40% in più di Germania, Francia e Spagna, così non reggiamo a lungo».

La richiesta è quella su cui Confindustria batte il tasto da tempo, ovvero disaccoppiare il prezzo del gas (sottoposto ad andamenti anche di carattere speculativo) da quello dell’energia, in particolare rinnovabile. Come avviene in Spagna, peraltro. Servirebbe un accordo di sistema, ma si muovono interessi diversi (alle multiutility, ad esempio, va bene così). Il nucleare? «Noi siamo contenti che si sia riaperto il dibattito, ma stiamo parlando di una cosa che forse ci sarà tra dieci anni, mentre abbiamo un problema da risolvere ora».

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