Giust. riparativa e attenuante 62. n. 6 c.p. | Sistema Penale

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G.u.p. Milano, 25.3.2024, X Y, Giud. Cipolla

1. Pubblichiamo in allegato, per estratto, un’interessante sentenza del g.u.p. presso il Tribunale di Milano che si segnala come una tra le prime applicazioni della nuova circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, ultima parte, inserita dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) per valorizzare ai fini dell’attenuazione della pena la partecipazione a programmi di giustizia riparativa con la vittima del reato, conclusisi con esito riparativo. La nuova attenuante comune[1], applicabile a qualsiasi figura di reato, indipendentemente dalla gravità, valorizza “l’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, conclusosi con un esito riparativo. Qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la circostanza è valutata solo quando gli impegni sono stati rispettati”.

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All’esito di un giudizio abbreviato celebrato nei confronti di due giovani imputati maggiorenni, l’attenuante è stata riconosciuta in sede di condanna per reati sessuali ai danni di una minore e, segnatamente, per i delitti di pornografia minorile e di corruzione di minorenne (oltre che per il delitto di minaccia).

 

2. Dopo il rinvio a giudizio, gli imputati presentavano istanza ex art. 129 bis c.p.p. per accedere a un programma di giustizia riparativa. Il difensore della vittima, costituitasi parte civile, dichiarava la disponibilità della stessa a partecipare al percorso. Veniva a tal fine individuato il Centro per la Giustizia Riparativa del Comune di Milano.

Attraverso le relazioni depositate in atti, il g.u.p. dà conto di come “i colloqui hanno permesso un’auto riflessione sulle scelte compiute e sugli effetti provocati a sé e agli altri; è emerso altresì che non è stata avviata alcuna mediazione diretta ossia con la concomitante presenza di tutti i soggetti coinvolti, stante l’assenza del consenso della p.o…i mediatori hanno ritenuto comunque, possibile ‘costruire una forma di riparazione con modalità indirette che permette di valorizzare il desiderio riparativo di omissis e di omissis ed allo stesso tempo di rispettare i bisogni della vittima’.

Ancora: “X e Y hanno scritto per la p.o. due lettere attraverso le quali da un lato è stata rispettata la richiesta di distanza della vittima ed al contempo, hanno prodotto ed espresso un gesto riparativo. Le due missive hanno rappresentato poi per i due imputati un ulteriore occasione di riflessione in ordine al riconoscimento dei bisogni e dei sentimenti dell’altro”. Nella relazione finale del Centro per la giustizia riparativa si legge, ancora, che “i mediatori hanno concluso il percorso asserendo che il gesto riparativo svolto dagli imputati ‘permette di concretizzare quanto previsto dall’art 42 del decreto circa la responsabilizzazione delle persone indicate come autori dell’offesa e il riconoscimento della vittima (seppur non in uno spazio di dialogo diretto fra le parti). Resta ancora aperta la possibilità della ricostruzione di una relazione fra i partecipanti nei termini di una reale comunicazione fra loro attraverso l’effettiva consegna degli scritti, possibilità ancora oggi non realizzata”.

Quanto alla vittima, si legge nella sentenza che “dopo i fatti di cui al presente processo…ha deciso di esplicitare i suoi pensieri e le sue emozioni ponendoli in una lettera che ha consegnato al suo legale perché rimanga agli atti di questo processo. Ha ribadito la difficoltà che non è propriamente una chiusura (“non so se me la sento”) dopo quanto occorso, a ricevere le lettere di X e Y dal momento che il ricordo di quanto accaduto ancora la destabilizza e la fa star male. Ci tiene a comunicare il suo dolore e a dire che quanto accaduto porterà in lei i segni di una cicatrice indelebile. Ancora oggi, pur lontana dai luoghi in cui si sono verificati i fatti, ha difficoltà a relazionarsi con i ragazzi”.

 

3. Il giudice, valutato l’esito riparativo simbolico raggiunto all’esito del programma di giustizia riparativa, ha applicato (unitamente alle attenuanti generiche) la nuova circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, ultima parte: “X e Y hanno ascoltato la voce della p.o., ancora carica di dolore che richiede evidentemente un tempo di cura che non corrisponde a quello processuale. Nel rispettare e nell’ascoltare tutta la potenza di questo dramma, gli odierni imputati hanno compreso la portata delle azioni poste in essere non solo nei confronti della vittima ma anche verso loro stessi, destinatari di un processo penale e di una condanna”.

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La condanna a una pena superiore ai limiti per la concessione della sospensione condizionale della pena non ha potuto evitare l’ingresso in carcere degli imputati: i reati oggetto di condanna sono infatti tra quelli per i quali opera il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, co. 9 c.p.p. e non è pertanto possibile richiedere una misura alternativa dall’esterno. Tuttavia, a seguito dell’ulteriore della pena di un sesto, conseguente alla mancata impugnazione, il g.u.p. di Milano, con un’ordinanza già pubblicata sulla nostra Rivista e depositata dopo la sentenza n. 208/2024 della Corte costituzionale, ha potuto concedere la sospensione condizionale della pena ordinando la scarcerazione. Tra gli elementi positivi valutati ai fini della concessione del beneficio è stata valorizzata proprio la partecipazione al programma di giustizia riparativa conclusosi con esito riparativo. Notevole, pertanto, il rilievo della scelta processuale di accedere al programma di giustizia riparativa, che ha consentito una riduzione di pena, nel giudizio di cognizione, e la sospensione condizionale della pena con conseguente scarcerazione, nel giudizio di esecuzione.

***

4. Abbiamo pubblicato la sentenza allegata, debitamente anonimizzata, perché ci sembra rappresenti un interessante materiale per lo studio e per la formazione in tema di giustizia riparativa. Essa a ben vedere sembra portare argomenti contro lo scetticismo nutrito da alcuni sulla praticabilità della giustizia riparativa in rapporto ai reati sessuali (in questo caso, per di più, ai danni di una minorenne) e si colloca in tal senso sulla scia di esperienze note agli esperti della materia, la cui più plastica e toccante rappresentazione cinematografica è forse rappresentata dal film irlandese “The meeting” (2018), basato su una storia vera e che racconta un incontro riparativo tra l’attrice, impersonificata dalla vittima di una violenza sessuale, e l’autore della brutale violenza. Il trailer del film può essere visto cliccando qui.

Sui rapporti tra giustizia riparativa e violenza di genere rinviamo ai contributi raccolti dalla prof.ssa V. Bonini e pubblicati a dicembre sulla nostra Rivista (clicca qui).

(Gian Luigi Gatta)

[1] Sulla quale v. M. Bortolato, Il rilievo della giustizia riparativa in sede di decisione e commisurazione: la valutazione dello svolgimento del programma e degli esiti riparativi da parte dell’autorità giudiziaria, in G.L. Gatta, M. Gialuz (diretto da), Riforma Cartabia. Le modifiche al sistema penale, vol IV, a cura di A. Ceretti, G. Mannozzi, C. Mazzucato, Giappichelli, 2024, p. 233 s.



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