“Δεν έχω οξυγόνο!” (“Non ho ossigeno!“) è il grido di uno degli studenti morti due anni fa nel disastro di Tempe, la città dove si è consumato l’incidente ferroviario che ben presto è diventato tragedia. Due treni – il primo, con 350 persone a bordo proveniente da Atene e diretto a Salonicco, il secondo, un treno merci da Salonicco diretto a Larissa – si sono scontrati nel paese di Tempe, in Tessaglia. Il bilancio è stato catastrofico: centinaia di feriti, 57 morti tra cui molti studenti che sarebbero dovuti rientrare dopo aver trascorso il lunedì della Quaresima ortodossa, giorno di festa in Grecia, con le proprie famiglie.
Si disse subito che era stato un errore umano, e le indagini procedettero in tal senso. Da qualche settimana sono però emersi elementi inquietanti che hanno sparigliato il mosaico fin qui costruito. Già all’epoca dei fatti era apparso sospetto che le telecamere all’interno dei treni avessero smesso di funzionare e non si avesse nessun filmato di supporto. Ma ad alimentare la convinzione che non fosse stato un caso fortuito è il video emerso dopo due anni. Le immagini, per quanto possa sembrare un luogo comune, sono da tragedia greca: urla strazianti che per la mancanza di ossigeno diventano sempre più tremule fino a scomparire. Si sospetta che il vagone trasportasse liquidi combustibili illegali e non dichiarati; qualcuno parla di oli al silicone.
Le indagini
Tante le risposte in sospeso su Tempe: ci sono indagini in corso che potrebbero portare ad altri capi di imputazione se si approderà alla conclusione che la causa della morte non sia stata la collisione ma l’incendio. E se così fosse, bisognerà accertare le responsabilità del governo, sia nel trasporto merci sia sull’occultamento delle prove. Da tempo sono cominciati gli interrogatori dei rappresentanti degli enti coinvolti. All’inizio l’attenzione era concentrata sulla comunicazione tra il capostazione e il macchinista, mentre quella che finora si mostra come la vera causa della collisione è stata ignorata per due anni.
Indagini parallele sono condotte inoltre dal Politecnico di Metsovo (città dell’Epiro) e si attende il confronto dei risultati. Parte delle indagini ha come obiettivo analizzare i dischi rigidi delle videocamere di sicurezza per capire se a Salonicco nei vagoni commerciali vi fossero merci illegali.
Intanto, alcuni dati arrivano dalle indagini (in particolare: esame dei rapporti dell’autopsia e della necroscopia) condotte dai periti delle famiglie delle vittime, offrendo risultati inquietanti: dai rapporti autoptici risultano infatti ventinove vittime per lesioni gravi, ventiquattro per carbonizzazione completa, tre persone carbonizzate, seppure non completamente, e una vittima per schiacciamento e carbonizzazione.
Fronte politico
Il ring su cui si combatte il match delle investigazioni non è soltanto processuale, ma anche politico: seppur il Parlamento sembri essere diventato un palasport, non si tratta di un gioco. Un legame tra i due campi c’è sicuramente ed è quello che ha portato in piazza milioni di cittadini greci compatti lo scorso 30 gennaio e di nuovo il 7 febbraio: dappertutto figuravano striscioni con la scritta “δεν έχω οξυγόνο”, ovvero “non ho ossigeno”.
Se è vero che il governo ha ricordato di essersi sempre preso le proprie responsabilità, richiamando le dimissioni del ministro dei trasporti Karamanlis, tuttavia va anche ricordato che lo stesso poi si candidò nuovamente a giugno, vincendo a pieni voti. Ma le responsabilità dovevano essere ancora accertate: il Procuratore di Larissa aprì il fascicolo sul disastro, inviandolo al Procuratore Generale dell’Areopago – l’organo equivalente al nostro Consiglio di Stato – che lo trasmise a sua volta al Parlamento, come previsto dalla procedura per valutare la responsabilità politica di un Ministero, quindi del Ministro. Da questo fascicolo emergerebbe che soltanto il comandante locale della Polizia stradale si oppose alla bonifica dell’area del disastro, che di fatto modificò lo stato dei luoghi. Altre persone sono coinvolte, tra cui un sottosegretario, un alto Dirigente del Ministero dei Trasporti, un governatore. Da allora e fino ad oggi, tale fascicolo è stato nel cassetto del Presidente della Vulì Konstantinos Tasoùlas, il quale però non lo ha inviato alla competente commissione in tempi rapidi. A chi lo accusava di averlo nascosto, i suoi sostenitori rispondono che fosse necessaria l’acquisizione di altri elementi.
Ma in questa vicenda occorre separare la testa dal cuore, specialmente quando a piangere le giovani vittime sono i loro genitori. Ha infatti commosso l’intera nazione l’appello disperato di Maria Karistianoù, pediatra e ora presidente dell’Associazione delle vittime di Tempe che nella tragedia ha perso la sua figlia ventenne, Martha. “Caro Tasùlas, come è possibile insabbiare quei casi giudiziari per i quali è la legge stessa a richiedere il loro esame immediato? Hai così tanta paura e le tue responsabilità sono così grandi?” Ma, appunto, il dolore umano è insindacabile e non confutabile con argomenti politico-giuridici.
Prossime elezioni presidenziali in Grecia
Konstantinos Tasoùlas, 65 anni, è il candidato di punta, portato dal premier Kyriakos Mitsotakis, per essere il nuovo Presidente della Repubblica. Qualche settimana fa si è dimesso da presidente della Vulì che lo dovrà votare.
Tuttavia le prime due votazioni, che richiedono una maggioranza qualificata, non hanno dato l’esito da lui sperato. Nel primo caso sarebbero stati necessari 200 voti (2/3 del Parlamento) e nel secondo 180. Su 300 deputati votanti, quello proposto da ND, l’ex presidente del Parlamento Konstantinos Tasoulas, ha ricevuto 160 voti; Tasos Giannitsis sostenuto dal PASOK ha ricevuto 34 voti; la candidata di SYRIZA, Louka Katseli, 40 voti, mentre quella proposta da “Niki” Konstantinos Kyriakou, 14 voti. Stessa cosa la votazione del 6 febbraio. Il 12 ci sarà la quarta votazione, dove la maggioranza sarà semplice (151 voti cioè la metà più 1). Stando a questi risultati, potremmo già tracciare un bilancio fino a questo momento.
Vi è un disastro ferroviario che ha provocato molte vittime; un sistema di controllo legale che viene facilmente aggirato; un governo che (per usare un linguaggio neutrale….) ha fatto poco per arrivare alla verità; il partito di governo che propone come candidato alla più alta carica dello Stato colui che in questo momento è il frontman della politica colpevole.
L’opposizione si è fatta sentire, dalle file di Syriza il suo presidente Sokratis Famellos ha tuonato: “Il divario tra la società greca e il tandem Mitsotakis-Tasoulas è in costante aumento”. Parole importanti ma poco efficaci, perché in democrazia, senza eccezione per il luogo che ha dato origine alla parola, i voti si contano e non si pesano.
Il divario tra società e politica c’è, è vero, ma finché la disparità dell’opposizione di sinistra (la stessa Syriza ha subito perdite) sarà ancora grande e i milioni di cittadini nelle manifestazioni non saranno tradotti in seggi in parlamento, anche un governo come questo avrà più certezze che preoccupazioni. In Serbia gli studenti hanno trascinato la popolazione a protestare contro il crollo della pensilina alla stazione che ha ferito quindici persone alla testa, le quali non si sono più rialzate. La protesta ha vinto, ottenendo le dimissioni del Primo Ministro.
La Grecia non è la Serbia, dunque non è dato sapere se succederà la stessa cosa, ma tutto è nato dalla protesta degli studenti e, essendo nei Balcani, l’unica cosa prevedibile è l’imprevedibilità degli eventi. Vedere però i cittadini greci per una volta compatti dovrebbe fare riflettere chiunque.
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