Secondo le ultime previsioni della Ragioneria Generale dello Stato, nel 2024 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil è stato del 15,4%, sotto il livello del 16% previsto un anno fa a causa della revisione Istat del Pil. Nei prossimi anni il numero delle pensioni aumenterà più rapidamente del numero dei lavoratori, e la spesa sul Pil salirà. L’aumento sarà più rapido rispetto alle previsioni precedenti a causa della minore crescita della produttività (la RGS utilizza ora ipotesi più realistiche del passato) e quindi del Pil. Dopo il picco del 2040 (17,1%) si prevede che la spesa sul Pil scenda, grazie soprattutto alla riduzione del rapporto tra pensioni pro capite e Pil pro capite. Quest’ultimo accelera grazie all’ipotesi di un aumento del tasso di crescita della produttività, che dopo il 2040 dovrebbe raggiungere l’1,3% l’anno, un ritmo non osservato da decenni. Inoltre, dovrebbero aumentare anche il tasso di occupazione e di fertilità. In generale, le ipotesi alla base delle previsioni, pur essendo meno favorevoli del passato, restano ottimiste.
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Lo scorso dicembre la Ragioneria Generale dello Stato (RGS) ha aggiornato le previsioni di spesa pensionistica sul Pil. Questa nota illustra i cambiamenti rispetto a quelle di dicembre 2023, in termini di risultati e di ipotesi sottostanti.[1]
Le previsioni
Il punto di partenza è il 2024, anno in cui il rapporto tra spesa pensionistica e Pil è stato del 15,4% invece del 16% previsto in precedenza. Questo miglioramento è dovuto per tre quarti al maggiore Pil (alzato dall’Istat durante la revisione quinquennale pubblicata a settembre) e per un quarto alla minore spesa per pensioni, espressa in miliardi.[2]
Nei prossimi anni la spesa sul Pil aumenterà, perché per motivi demografici il numero delle pensioni aumenterà più rapidamente del numero dei lavoratori. Nonostante il miglior punto di partenza del rapporto tra spesa e Pil, questa torna più o meno sullo stesso livello delle precedenti previsioni nel 2040 (17% circa, Fig. 1). Le ipotesi sul numero di occupati sono migliorate, grazie a un maggior saldo migratorio e a un minor tasso di disoccupazione, ma sono state più che compensate da una crescita della produttività molto più bassa e, a dire il vero, realistica (Tav. 1). L’effetto è una minore crescita del Pil e un più rapido aumento del rapporto. Questo salirebbe ancora più velocemente se non si continuasse a ipotizzare una forte accelerazione nel tasso di crescita della produttività, che negli anni Trenta arriverebbe allo 0,9% annuo, un livello non osservato da decenni nell’economia italiana.
Dopo il 2040, il rapporto tra spesa e Pil inizia a scendere, più o meno in linea con le vecchie previsioni, fino alla seconda metà degli anni Sessanta. Il rapporto scende soprattutto perché diminuisce l’importo delle pensioni rispetto al Pil pro capite: questo perché il sistema retributivo, che prevede pensioni più alte, verrà gradualmente rimpiazzato da quello contributivo, con pensioni più basse. Inoltre, il tasso di crescita del Pil pro capite è sostenuto dall’ipotesi di un’alta crescita della produttività: tra il 2040 e il 2070 viene prevista, in media, all’1,34% annuo. Sul calo del rapporto tra spesa e Pil influisce, in misura minore, anche il calo del rapporto tra numero di pensioni e numero di lavoratori (Fig. 2). Riguardo alle altre ipotesi di base, si continua a prevedere un leggero aumento del tasso di fecondità rispetto al livello attuale, e del tasso di occupazione.
Andrà davvero così?
In conclusione, le ipotesi macroeconomiche e le previsioni sull’andamento del rapporto tra spesa pensionistica e Pil restano ottimiste, in particolare sulla produttività, che dopo il 2040 crescerebbe dell’1,3% l’anno. Anche tra il 2030 e il 2040 il tasso di crescita della produttività ipotizzato (0,92%) è più alto di quelli osservati in passato.[3] Per tutto il periodo si prevede anche un ulteriore aumento del tasso di occupazione.
Infine, senza un saldo migratorio di 165 mila persone l’anno e un’imminente ripresa del tasso di fertilità (da 1,20 del 2023 a 1,28 nel 2030) la popolazione in età lavorativa sarebbe minore delle previsioni, quindi il Pil crescerebbe meno, e il rapporto peggiorerebbe.[4]
[3] Dal 1995 al 2023 la produttività per ora lavorata è cresciuta dello 0,4% annuo, escludendo il settore della Pubblica Amministrazione e probabilmente sarebbe minorese lo si includesse (Vedi Istat, Misure di produttività – Anni 1995-2023, 9 gennaio 2025). Inoltre, nelle previsioni RGS viene utilizzata la produttività per occupato, che probabilmente è cresciuta anche di meno rispetto a quella per ora lavorata, per via del calo delle ore di lavoro per occupato negli ultimi trent’anni.
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