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AGI – Una provocazione ma anche tante verità scomode sulla Striscia di Gaza, una strada in salita per la pace in Ucraina, una guerra dei dazi in cui l’Europa rischia di dividersi: l’ambasciatore Giampiero Massolo fotografa così in un’intervista all’AGI le prime tre settimane di presidenza di Donald Trump segnate da tante iniziative, proposte e minacce. Su Gaza il piano per trasferire i palestinesi lanciato dal presidente americano “è una provocazione ma al tempo stesso riflette dei convincimenti nati da tempo e rappresenta un tatticismo contingente”, osserva il ‘senior adviser’ dell’Ispi. “La provocazione è dire agli Stati arabi che per loro la causa palestinese non è una priorità perché appena si parla di riallocare palestinesi, loro si tirano indietro”, sottolinea Massolo. “Quello che temono i Paesi arabi è una radicalizzazione delle loro popolazioni, in gran parte giovani, l’idea che i palestinesi possano essere riallocati nei loro Paesi rischia di radicalizzarli”.
L’altro nervo sensibile per i Paesi arabi, ragiona l’ambasciatore, “è che con Gaza distrutta e la Cisgiordania in gran parte occupata dagli insediamenti, la soluzione dei due Stati è vanificata ma al tempo stesso soltanto quella prospettiva è funzionale alla ricerca di un nuovo assetto in Medio Oriente”. “Trump ne è consapevole e ha voluto essere dirompente: d’ora in poi non si potrà non tener conto di questi due elementi”, sottolinea Massolo. “Intanto ha smosso le acque e ha cercato di riaprire un negoziato che punti alla ripresa del processo degli Accordi di Abramo estendendolo all’Arabia Saudita, come si stava tentando di fare prima che Hamas bloccasse tutto con gli attacchi del 7 ottobre”.
L’ambasciatore individua due gli elementi imprescindibili per andare avanti: “Non può venir meno il governo Netanyahu in Israele perché avrebbe un effetto destabilizzante ma al tempo stesso Netanyahu non può vincere troppo, ad esempio annettendosi la Cisgiordania o attaccando l’Iran, perché questo renderebbe impossibile per le monarchie sunnite negoziare sul resto”. Per Massolo “la proposta di Trump serve anche a distogliere l’attenzione dal governo Netanyahu togliendogli pressione in vista della seconda fase dell’accordo sulla tregua a Gaza che rischierebbe di fargli perdere il sostegno della sua maggioranza”. “È una tattica spregiudicata”, aggiunge, “ma abituiamoci perché è l’uomo che sconvolge i disegni e guarda l’effetto che fa nell’idea che comunque qualcosa la porta a casa”.
“Se in Medio Oriente la dinamica è potenzialmente positiva, in Ucraina la situazione sul terreno è di stallo”, rileva l’ambasciatore, “entrambe le parti sono stanche: la Russia cerca di massimizzare le vittorie ottenute e l’Ucraina prova a difendere il difendibile nella speranza che Trump non torca il braccio a Kiev”. In realtà per Massolo “il presidente americano ha molta leva sull’Ucraina, a partire dagli aiuti militari ed economici, mentre con Putin può soltanto minacciare ulteriori sanzioni che su un’economia di guerra come quella russa avrebbero un impatto solo a medio-lungo termine”.
Il ‘senior adviser’ dell’Ispi elenca, però, “tre ragioni per cui Trump non può darla vinta a Mosca: perché questo sul piano dell’immagine sarebbe l’equivalente dell’umiliante ritiro di Biden dall’Afghanistan, perché se si vuole concentrare su Indo-Pacifico e Cina deve prima lasciare una situazione stabile in quell’area, perché XI Jinping in caso di vittoria di Putin aumenterebbe i suoi appetiti su Taiwan”.
Al momento “è difficile che si possa pensare a un vero e proprio negoziato, al più si può arrivare a un cessate il fuoco che consenta a Trump di dire che sta ottenendo un risultato”, sottolinea Massolo. “Per garantire il futuro dell’Ucraina gli europei non basteranno”, avverte l’ambasciatore, “ci vogliono anche gli americani che per restare chiedono agli Stati europei di pagare un prezzo: un forte aumento delle spese militari e il riequilibrio delle bilance commerciali”.
Qui si inserisce la questione dei dazi: “Trump vede l’Ue come un blocco commerciale antagonista e proverà a dividere i Paesi europei con un’applicazione differenziata dei tassi e cercherà di ottenere una rilocalizzazione di molte attività europee negli Stati Uniti”, spiega Massolo. In questo senso “è molto il saggio il tentativo della presidente del Consiglio di parlare di Europa a Trump e di Trump all’Europa in una situazione che deve ancora delinearsi e definirsi”, rileva, “il rischio per l’Ue è la tentazione della divisione in cui molti Paesi sono già caduti in passato”.
Sulla Cina, Massolo prevede che “ci sarà una fase di ricerca del dialogo, magari anche una rivitalizzazione dell’accordo commerciale negoziato proprio dalla precedente Amministrazione Trump, ma “nel medio termine le relazioni potrebbero peggiorare”: “Se l’obiettivo della Casa Bianca è prevalere e frenare la capacità di competere dei cinesi”, infatti, “Pechino ha poco da offrire”.
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