Riconoscimento dei titoli europei sul sostegno

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Il riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti presso università dell’Unione Europea rappresenta un tema di crescente rilevanza nel contesto educativo italiano, soprattutto negli ultimi mesi a seguito dell’emanazione della L. 106/2024. Le difficoltà incontrate da molti docenti che hanno investito tempo e risorse per conseguire tali titoli all’estero sono emblematiche di una più ampia questione di giustizia e di rispetto delle normative europee. Questi docenti, motivati da un profondo impegno verso l’inclusione e il benessere degli studenti con disabilità, hanno svolto un ruolo cruciale nel sistema scolastico italiano, coprendo per anni le cattedre vacanti sul sostegno.

La loro presenza è stata fondamentale per garantire un adeguato supporto educativo, contribuendo in modo significativo a un ambiente di apprendimento inclusivo. Tuttavia, il ministero dell’Istruzione non ha mai affrontato in modo sistematico il problema del riconoscimento di questi titoli, consapevole che la loro disponibilità era necessaria per occupare i posti vacanti e garantire il funzionamento delle scuole. Questa situazione ha portato a una gestione emergenziale del personale docente, in cui si è preferito fare affidamento su professionisti altamente qualificati ma non ufficialmente riconosciuti, piuttosto che intraprendere un percorso di legalizzazione e regolarizzazione dei loro titoli.

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Con il passare del tempo, questo approccio ha generato un accumulo di istanze di riconoscimento rimaste in sospeso, senza essere analizzate e verificate. La frustrazione di questi docenti, che hanno perseguito una formazione di alta qualità e si sono dedicati al servizio della scuola pubblica, ha messo in luce una grave lacuna nella politica educativa italiana. Oggi, la questione del riconoscimento non è solo una questione di burocrazia, ma un vero e proprio tema di equità, che richiede un intervento urgente e risolutivo da parte delle autorità competenti, in modo da garantire il pieno rispetto dei diritti professionali di questi educatori e l’accesso equo all’istruzione per tutti gli studenti.

 

Normativa Europea e Sentenze

La complessità della questione è stata esaminata anche dalla Commissione PETI (Petizioni) del Parlamento Europeo che ha messo in evidenza, attraverso le sue risoluzioni, la necessità di garantire che il riconoscimento dei titoli di studio sia effettuato in modo equo e tempestivo. Questo principio trova fondamento negli articoli 26 e 53 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che stabiliscono il diritto alla libera circolazione delle persone e alla reciproca riconoscenza dei titoli di studio. La Direttiva 2013/55/CE, in particolare, sottolinea l’importanza di un sistema di riconoscimento efficiente e trasparente, che deve essere applicato in modo coerente da tutti gli Stati membri.

Un ulteriore passo in questa direzione è rappresentato dalla sentenza del Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria n. 22/2022, la quale ha ribadito il dovere per le autorità italiane di riconoscere i titoli di studio conseguiti all’estero. Questa sentenza afferma chiaramente che, nel caso di rigetto di una domanda di riconoscimento, le autorità devono fornire motivazioni adeguate e non possono basare le loro decisioni su pregiudizi o su una mancanza di trasparenza nei processi di valutazione.

Ciò significa che, se un professionista richiede il riconoscimento del proprio titolo di studio ottenuto in un altro paese, le autorità italiane non possono semplicemente rifiutare senza spiegare bene il perché. Devono invece esaminare ogni caso con attenzione, evitando di lasciarsi influenzare da opinioni personali o da pratiche poco trasparenti.

Inoltre, la sentenza n. 22/2022 sottolinea la non necessità che i titoli di studio siano identici; è sufficiente che essi siano equivalenti e già questo obbliga le autorità nazionali a riconoscerli. In altre parole, anche se ci sono differenze nei programmi di studio, se le competenze e le conoscenze richieste sono simili, il titolo estero deve essere considerato valido. Le autorità devono analizzare le qualifiche professionali attestate da altri Stati membri non in modo automatico, ma attraverso un sistema di riconoscimento generale, confrontandole con quelle richieste dalla normativa italiana e, se necessario, adottare misure compensative.

Bisogna considerare che l’insegnante di sostegno, così come previsto dalla Legge n. 517 del 1977, ha la funzione di supportare l’integrazione degli alunni con disabilità e di realizzare interventi personalizzati. Questo docente deve possedere competenze didattiche e psico-pedagogiche che sono richieste non solo in Italia, ma in tutta Europa. Il diritto europeo stabilisce che, anche in presenza di differenze significative nei programmi di formazione, le autorità devono adottare misure compensative per garantire che il professionista possa esercitare la propria professione. Questo è previsto dall’articolo 14 della Direttiva 2005/36/CE, che afferma che, se la formazione ricevuta è “sostanzialmente” diversa da quella richiesta nel paese ospitante, si devono adottare misure che consentano al professionista di colmare queste lacune. È importante sottolineare che anche le misure compensative devono essere proporzionate. Ciò significa che le autorità devono trovare un equilibrio, imponendo solo le misure necessarie per garantire che il professionista sia in grado di esercitare la propria professione in modo efficace, senza creare ostacoli ingiustificati. Questo principio di proporzionalità è fondamentale e trova ulteriore supporto nell’articolo 14 della Direttiva 2005/36/CE, come evidenziato nella sentenza n. 21/2022.

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La semplice opposizione al riconoscimento di un titolo estero rischia di minare gli obiettivi delle direttive europee, che puntano a facilitare la libera circolazione dei professionisti all’interno dell’Unione e le autorità italiane, con la loro inerzia rischiano di violare le normative europee e ripristinare barriere tra i paesi, creando difficoltà per i professionisti che desiderano lavorare in Italia. È fondamentale che il Ministero dell’Istruzione si impegni a garantire il riconoscimento dei titoli in modo tempestivo e senza discriminazioni, rispettando le norme europee.

 

Le problematiche in Italia

Nonostante le chiare disposizioni europee, il Ministero dell’Istruzione italiano ha mostrato una crescente indifferenza nei confronti di queste norme. Molti professionisti, che hanno conseguito la specializzazione in sostegno in paesi europei, si trovano a dover affrontare una situazione di ingiustizia, in cui i loro titoli non vengono riconosciuti, limitando così le loro opportunità lavorative e professionali.

Questa problematica è amplificata dalla mancanza di una risposta adeguata da parte dei sindacati e della politica. I rappresentanti sindacali, invece di farsi portavoce delle istanze di chi ha investito nella propria formazione all’estero, sembrano ignorare le difficoltà di questi docenti, alimentando un clima di frustrazione e disillusione. La politica, dal canto suo, sembra non voler affrontare il tema con la serietà necessaria, lasciando molti senza risposte e senza diritti.

 

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La situazione attuale richiede un intervento immediato e deciso. I “corsi indire” di formazione, proposti come soluzione sperimentale ai problemi del riconoscimento dei titoli europei sul sostegno, non possono più essere rimandati.

L’articolo 7 del decreto-legge 71 del 2024, convertito nella L. 106/2024 prevede misure specifiche che mirano a semplificare il processo di riconoscimento di tali titoli europei. Tuttavia, è fondamentale che vengano emanati senza indugi i decreti attuativi necessari per rendere operative queste misure.

Tra l’altro, è urgente superare anche il requisito, oramai anacronistico dei 120 giorni al primo di giugno, per accedere ai corsi indire. Questo limite, inizialmente concepito per definire il periodo temporale entro il quale i soggetti potevano essere ammessi ai corsi, oggi risulta obsoleto e privo di significato, soprattutto in un contesto caratterizzato da ritardi nella pubblicazione dei decreti attuativi. Mantenere questo requisito non fa altro che creare ulteriori discriminazioni tra i titolari dello stesso titolo, nuove guerre tra poveri, escludendoli dai corsi e perpetuando situazioni di ingiustizia.

Dopo anni di indifferenza, è imperativo che questi docenti ricevano risposte immediate e concrete. È tempo di agire per garantire a tutti gli interessati pari opportunità di accesso alla formazione e di riconoscimento dei

propri diritti. La situazione attuale non può più tollerare ulteriori ritardi: è necessario un cambio di passo che consenta di adeguare le norme ai nuovi tempi e alle esigenze reali dei professionisti coinvolti.

Inoltre, è cruciale che i sindacati e i rappresentanti politici si attivino per sostenere i diritti di chi ha scelto di formarsi all’estero. Solo attraverso un’azione concertata e univoca sarà possibile superare le attuali difficoltà e garantire un accesso equo alle opportunità professionali per tutti.

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Il riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno è un tema che va oltre il semplice aspetto burocratico: rappresenta una questione di giustizia sociale e di rispetto delle norme europee. È tempo che il Ministero dell’Istruzione, i sindacati e la politica si assumano le loro responsabilità per garantire che ogni professionista, indipendentemente da dove abbia conseguito il proprio titolo, possa avere accesso alle stesse opportunità e diritti. La mancanza di un riconoscimento equo non solo penalizza i professionisti del settore, ma compromette anche la qualità dell’istruzione e del supporto offerto agli studenti con bisogni speciali.

Se il Governo attuale ha perso il coraggio di risolvere finalmente il problema annoso del riconoscimento dei titoli europei e vuole fare un passo indietro lasciando cadere la legge 106 del 2024, allora che provveda subito a riconoscere i nostri titoli secondo la normativa europea e come, ogni giorno, d’altronde gli ordina, nelle proprie sentenze, il TAR del Lazio.

Dott.ssa Antonella Pasquale

Comitato DPSE (Docenti Precari con Specializzazione Europea)

Gruppo uniti per Indire – INsieme DIventeremo Realtà



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