Il passaggio della quota, a Cassa depositi il 3,8% della società dei pagamenti
Inizia a prendere forma l’intervento delle Poste su Tim. Nelle riunioni che si sono tenute negli ultimi giorni, e che stanno proseguendo per arrivare rapidamente a definire i passaggi dell’operazione, si starebbe discutendo di uno «swap», uno scambio di partecipazioni, tra Poste e Cassa depositi e prestiti. Poste rileverebbe da Cdp il 9,8% di Tim, che vale circa 660 milioni, e in cambio le darebbe il suo 3,8% di Nexi, che ne vale oltre 200, più un conguaglio in denaro. L’intenzione sarebbe quella di chiudere in tempi stretti, questa o al massimo la prossima settimana.
I vantaggi per Cdp
Se dovesse andare in porto, il riassetto consentirebbe, anzitutto, a Cdp di sciogliere il legame con Tim, concentrando la sua presenza nelle telecomunicazioni nella sola Open Fiber, in predicato di aggregarsi con la rivale Fibercop per formare la cosiddetta rete unica nazionale. Permetterebbe poi all’ente guidato da Dario Scannapieco di rafforzare la presa su Nexi in vista di eventuali operazioni straordinarie, come la vendita della rete interbancaria alla stessa Cdp o della più volte ventilata fusione con il gruppo dei pagamenti francesi Worldline.
Il senso per le Poste
Quanto a Poste, l’ingresso in Tim avrebbe una duplice valenza. Da un lato, assicurerebbe comunque un presidio governativo nel capitale della principale telco del Paese, dal momento che il 65% di Poste è in mano al ministero dell’Economia, in parte direttamente, in parte tramite Cdp. Dall’altro, la sostituzione di un azionista finanziario come la Cassa con uno industriale come Poste aprirebbe, in un secondo momento, la strada a possibili collaborazioni. Il gruppo delle spedizioni potrebbe, per esempio, distribuire i prodotti di Tim lungo la sua capillare rete di sportelli, esplorare sinergie nel cloud e nei servizi alle aziende oppure stringere accordi per l’operatore Poste Mobile che conta oltre 4 milioni di clienti.
L’offerta per Sparkle
Oggi il cda di Tim approverà il nuovo piano strategico predisposto dal ceo Pietro Labriola e, se i tempi lo consentiranno, vorrebbe deliberare anche sulla vendita di Sparkle al Mef e Retelit, che ieri hanno depositato l’offerta finale. Il valore della proposta è di 700 milioni, per la metà finanziata a debito.
Il ruolo di Iliad e Cvc
Poste sta lavorando da tempo sul dossier Tim. A creare le condizioni per dare forma all’intervento avrebbe contribuito l’accelerazione impressa al dossier da Iliad e dal fondo Cvc. La prima si è mossa con l’obiettivo di mettere insieme le proprie attività telefoniche con quelle di Tim attraverso un conferimento, che gli darebbe un ruolo importante nell’azionariato dell’ex monopolista, dove i francesi di Vivendi hanno già la quota di maggioranza relativa. Il ceo di Tim, Pietro Labriola, è a conoscenza del progetto. L’operazione sarebbe stata spiegata da Iliad al governo, dando rassicurazioni sulla gestione dei 17 mila dipendenti del gruppo e dei possibili rilievi Antitrust.
La posizione del governo
Anche Cvc si è mossa con il governo, presentando un’ipotesi di intervento che, secondo indiscrezioni, sarebbe passato per l’acquisto da Vivendi del 23,4% del gruppo per poi sostenere il rafforzamento delle attività, anche favorendo il consolidamento del mercato italiano delle telecomunicazioni. Emissari del fondo britannico avrebbero incontrato lunedì alti dirigenti del governo. A quanto filtra, però, al momento la priorità dell’esecutivo sarebbe l’avvicendamento fra Cdp e Poste in Tim per dare stabilità e accompagnarne il rilancio. Poi ci potrebbe esser spazio per ragionare di ulteriori operazioni con Iliad o Cvc, che l’ingresso in partita di Poste certo non agevolerebbe, ma neanche escluderebbe del tutto.
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