La vicepresidente e assessore alla cultura Francesca Gerosa in visita allo scavo di via S. Croce a Trento [Archivio Ufficio Stampa PAT]
TRENTO – Nel pieno centro di Trento, in via Santa Croce, è emersa una necropoli monumentale di epoca preromana, un sito che getta nuova luce sulle popolazioni che abitavano la regione nell’Età del Ferro. Scavata a circa otto metri di profondità, al di sotto dei livelli medievali e romani, la necropoli risale al primo millennio a.C. ed era stata sigillata nei secoli da eventi alluvionali che ne hanno garantito una conservazione eccezionale.
La scoperta, avvenuta durante un intervento di restauro su un edificio storico, ha portato alla luce oltre 200 tombe, molte delle quali accompagnate da ricchi corredi funerari. Gli archeologi hanno documentato più fasi di utilizzo della necropoli tra il IX e il VI secolo a.C., rivelando un luogo di sepoltura complesso e articolato.
Uno degli aspetti più affascinanti del sito è la presenza di stele funerarie alte fino a 2,40 metri, infisse verticalmente e disposte in file subparallele. Queste strutture segnano le tombe principali, caratterizzate da cassette litiche coperte da tumuli, attorno alle quali si sono sviluppate nel tempo numerose sepolture secondarie.
Il materiale impiegato per le stele e le casse litiche proviene dalle colline orientali di Trento, segno di un attento sfruttamento delle risorse locali. Inoltre, i corredi rinvenuti testimoniano un’economia florida e una rete di contatti culturali e commerciali che si estendeva fino alla Pianura Padana e agli ambienti italici.
Un’identità da riscoprire
Le tombe appartenevano a un’élite locale che esprimeva il proprio status attraverso manufatti preziosi: armi, ornamenti in ambra e pasta vitrea, spilloni e fibule che sigillavano tessuti rituali. Gli oggetti ritrovati suggeriscono forti influenze culturali con Etruschi e Veneti, dimostrando che le genti della conca di Trento non vivevano isolate, ma partecipavano attivamente agli scambi e alle dinamiche sociali dell’epoca.
La modalità di sepoltura segue il rito della cremazione indiretta: i resti combusti dei defunti venivano raccolti e deposti entro contenitori deperibili o vasi ossuari, spesso accompagnati da oggetti personali e offerti rituali. In alcuni casi, le fibre di antichi tessuti sono giunte fino a noi, permettendo di ipotizzare l’uso di involucri in stoffa chiusi da elementi metallici.
Una nuova storia per Trento
“Non possiamo più guardare a Trento solo come a una città di origine romana“, ha dichiarato la vicepresidente e assessore provinciale alla cultura Francesca Gerosa. “Questa scoperta ci racconta una storia ancora più antica e radicata nel territorio, che dobbiamo tutelare e valorizzare.”
Le indagini, condotte dall’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento sotto la direzione di Elisabetta Mottes, con il coordinamento di Michele Bassetti ed Ester Zanichelli di Cora Società Archeologica, sono ancora in corso e continueranno a restituire dati preziosi. Il restauro dei reperti mobili, affidato a Susanna Fruet e Chiara Maggioni, consentirà di comprendere ulteriormente le pratiche funerarie e la vita quotidiana di queste antiche comunità.
Un palinsesto monumentale unico nell’arco alpino
Il valore scientifico della necropoli è eccezionale non solo per la sua collocazione nel centro storico di Trento, ma anche per la sua struttura monumentale, raramente riscontrata nell’arco alpino. La disposizione delle stele e la presenza di tombe a tumulo indicano una sofisticata forma di autorappresentazione funeraria, che potrebbe essere legata a un centro di potere ancora da identificare.
Le indagini interdisciplinari sui resti ossei e sugli elementi archeobotanici permetteranno di approfondire le conoscenze sulla dieta, sulla salute e sulle abitudini rituali di queste popolazioni. Il ricco archivio di dati fornito dalla necropoli sarà oggetto di studio da parte di un’equipe internazionale di specialisti, con l’obiettivo di restituire un quadro dettagliato di una delle più affascinanti scoperte archeologiche recenti in Italia.
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